PANCIUTO CON UNA TESTA DECORATA AD ARTE IL CASITZOLU È UN RARO E PREGIATO CAPOLAVORO DI PASTA FILATA VACCINA IRRESISTIBILE ALLA GRIGLIA
La Sardegna ha il sapore dei suoi formaggi o i suoi formaggi hanno il sapore della Sardegna. L’ordine della cosa non è poi così importante. La cosa importante – e saporita – è che la Sardegna, da qualunque latitudine la si guardi, regala soddisfazioni golose. Ogni provincia, ogni paese, ogni vallata ha un suo formaggio.
Con una sua storia. E il Casitzolu è uno di questi. E questa è la sua storia che inizia dal latte di una vacca tutta sarda e finisce su una griglia.
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Merito del latte della sardo-modicana, pregiata razza bovina a rischio di estinzione, e di mani esperte che modellano ogni forma come fosse un’opera d’arte. Mangiato fresco, stagionato o sulla brace, questo pregiato formaggio farà vacillare anche chi in genere non ama il pecorino.
CASITZOLU : IL SEGRETO DELLA SUA BONTÀ
A renderlo così speciale, l’aria buona e i ricchi pascoli del Montiferru, subregione della Sardegna centro-occidentale. Una terra di vulcani ormai spenti, ricca di boschi rigogliosi e distese verdissime, regno della sardo-modicana.
Nata alla fine dell’800 dall’incrocio fra capi autoctoni e quelli modicani della Sicilia, questa razza ha ben presto conquistato gli allevatori della zona. Perché ottima per produrre carne, latte e grazie alla sua potente stazza idonea al lavoro nei campi.
Allevata tutto l’anno allo stato brado nella macchia mediterranea, le sue carni e soprattutto il latte assorbono la fragranza delle erbe spontanee, producendo così formaggi dal gusto che non si dimentica facilmente. Il Bue Rosso, altro nome con cui è conosciuta questa pregiata razza, rischia però di scomparire a causa della continua riduzione del numero dei capi.
Ma per fortuna dai primi anni Duemila può contare su un consorzio di tutela e su Slow Food che l’ha inserito tra i suoi presidi. Inserendo nella lista anche il casiztolu del Montiferru che senza questi animali perderebbe il suo inimitabile sapore.
CASITZOLU : FORMAGGIO SQUISITO A PROVA DI GRILLER
“Si può mangiare già dopo una settimana, ma la particolarità del casitzolu di Santu Lussurgiu sono le stagionature, fino anche a 24 mesi”. Nel suo paese di duemila abitanti nel cuore del Montiferru, Giampaolo Mura, 42 anni, alleva circa 200 capi di sardo-modicana producendo questo formaggio a pasta filata proprio come faceva suo padre e prima ancora suo nonno.
Un formaggio dalla crosta liscia e sottile a forma panciuta e con una pasta compatta ed elastica che tende a sfogliare nelle forme più stagionate. E che muta dal bianco al giallo paglierino per poi avvicinarsi sempre più all’ocra.
“La pezzatura ideale per la stagionatura è di 3-4 chili, perché se è troppo piccola risente del clima e si indurisce facilmente” racconta l’allevatore. Amante della brace, Mura sa come esaltare il sapore di questo pregiato formaggio, dolce quando è fresco, sapido e piccante quando invece è stagionato: “Il casitzolu di 12- 18 mesi arrosto è una bomba: basta tagliarlo a fette dello spessore di 5 centimetri e metterlo sulla griglia!”.
Oppure si può avvicinare un pezzo più grande al fuoco aiutandosi con una forchetta appoggiata a un supporto di ferro o legno. In pochi minuti, la parte più esposta al calore inizierà a sciogliersi, pronta per essere tagliata e mangiata in attesa del prossimo round.
CASITZOLU : CAPOLAVORO DI MANUALITÀ AL FEMMINILE
Ma leccarsi i baffi è solo la ciliegina sulla torta di un percorso fatto di gesti lenti e precisi, perché le cose buone si sa richiedono tempo: “In passato si mungeva a mano e si cagliava subito in campagna per poi rientrare in paese a cavallo con la cagliata nella bisaccia”. Oggi ad essere cambiato è solo il mezzo, un robusto pick-up 4×4 su cui Giampaolo carica i sacchi di lino da portare a casa. Ad aspettarlo sua moglie Barbara che lo aiuta nel lavoro di produzione, che va dall’autunno all’estate.
E infatti, in passato erano le donne a occuparsi della filatura. “C‘è un preciso momento in cui il formaggio può essere lavorato e probabilmente se ne occupavano loro perché a quell’ora erano a casa e potevano controllare la fermentazione”. Angela Caratzu 35 anni di Santu Lussurgiu, appartiene a una famiglia di allevatori di sardo-modicana da tre generazioni: “Facciamo il casitzolu a casa, è un lavoro delicato, che richiede una certa manualità e tanta pazienza, ma mio fratello lo fa perfetto!”.
CASITZOLU : LA FILATURA CHE BRUCIA LE MANI
Un procedimento che inizia con un saggio di filatura. “Mettiamo un pezzettino di pasta in un pentolino contenente dell’acqua calda, – ci mostra Giampaolo – se il filo non si spezza è pronto per essere lavorato”. Messo poi sul fuoco, il capiente paiolo di rame contiene la pasta tagliata precedentemente a fette immersa in poca acqua.
Il formaggio si ammorbidisce lasciandosi così lavorare per bene con le mani o con un mestolo di legno se diventa troppo caldo. Ma si tratta solo della prima filatura. Tagliata la quantità necessaria per creare il singolo casitzolu, la pasta viene in seguito lavorata ancora sul fuoco diventando lucida e liscia, pronta per essere nuovamente modellata con le mani.
Nasce così la forma panciuta, il collo e la testa. Una forma bella da vedere, nelle sue tantissime varianti più o meno creative, ma che è anche il marchio di fabbrica dell’autore o se si vuole un pratico sistema di classificazione per riconoscere il pascolo di provenienza e il periodo di produzione.
Infine, “Dopo la fase di salamoia, in passato si usava avvolgerli in un canovaccio e metterli ad asciugare al sole fuori dalle case. Mi ricordo che dovevamo stare attenti per evitare che gli uccelli li toccassero!”
Di Fiorella Palmieri 10/01/2021