STRUMENTO DI COTTURA INSOLITO: È IL CAPPELLO TARTARO UNA TRADIZIONE SVIZZERA CHE POTETE FACILMENTE IMPORTARE A CASA VOSTRA
Noi di Braciamiancora ce la mettiamo sempre tutto per stare sul pezzo. Come tutte le cose a volte ci riusciamo, altre volte meno. Una cosa è certa: la voglia di raccontarvi questo mondo, con tutte le sue sfumature, non ci manca e come possiamo corriamo ad aggiornarvi su tutte le novità o le curiosità che possono sorgere intorno a una griglia.
Ad essere completamente sinceri, però, ci stanno volte in cui voi siete molto più sul pezzo di noi. Non ce ne vergogniamo: avere una community così partecipe ci riempie d’orgoglio. E a volte di spunti interessanti.
È successo che uno dei nostri accesissimi fan ci tagghi in una foto: al centro, uno strano strumento conico a cui sono appese delle succulente fettine di carne rossa. Curiosi, chiediamo al nostro lettore di dirci qualcosa in più e lui ci racconta di una sua mangiata in Trentino durante la quale questo cono è stato messo al centro delle tavola. Basta questo spunto e ci mettiamo alla ricerca di informazioni su quello che poi scopriremo essere il “Cappello tartaro”.
CHE CI FA UN CAPPELLO TARTARO IN SVIZZERA?
Se il nome è mongolo l’origine di questo attrezzo è Svizzera. È infatti nel Paese dei cantoni (oltre che in Germania e Austria) che questo metodo di cottura è più comune. Di ‘tartaro’ ha solo il nome e la forma peculiare che ricorda quella dei copricapi mongoli.
Il concetto di cottura ricorda quello della raclette, altra ricetta tipica delle valli svizzere. Il cono del cappello funge da piastra, mentre sotto di questo arde del carbone, una candela oppure, nel caso di quelli elettrici, una resistenza scalderà il metallo. Sul fondo del cono, il cappello si allarga formando un piccolo canale che servirà a raccogliere i liquidi della carne. E già qui chi ha un po’ di immaginazione può iniziare a sbavare.
COME SI CUOCE SU UN CAPPELLO TARTARO?
Come avrete immaginato, il cappello tartaro è uno dei tanti modi di grigliare in casa. Si mette in mezzo alla tavola e ogni commensale può quindi decidere autonomamente le quantità e i tempi di cottura. Un po’ come avviene nelle griglierie coreane, giapponesi o in altre tradizioni culinarie asiatiche.
Sulla superficie del cono, trovate dei piccoli ganci su cui potrete appoggiare e appendere la carne. Nella ‘tesa’ del nostro cappello tartaro, possiamo mettere qualche verdura cruda insieme a un po’ d’acqua: avremo un ottimo brodo di carne e verdure con cui concludere il pasto.
Va da sé che i tagli migliori per questo tipo di cottura, sono quelli piccoli e che non richiedono temperature troppo alte: sarà complicato cuocere a dovere una bistecca sul cappello tartaro. Volendo restare in ambito bovino, molto meglio il filetto o lo scamone: tagli magri e succosi. Ma sul tatarenhut (nome originale) possiamo cuocere di tutto. Maiale, pollo, pesce e verdure: molto comuni sono anche le cotture miste.
ORIGINI E STORIA DEL CAPPELLO TARTARO
Come mai il cappello tartato è nato in Svizzera e nelle regioni confinanti di Austria e Germania? Le origini sono incerte. Non esiste nome e cognome di chi per prima si è industriato per grigliare in questo modo. E’ molto probabile che sia stato il giusto compromesso tra voler grigliare dentro casa, considerate le rigide temperature esterne, e voler evitare al massimo incendi nelle abitazioni costruite per lo più in legno, a far nascere questa inusuale mini griglia fai da te.
Per scoprire qualcosa di più di questo strano oggetto, abbiamo cercato qualcuno che lo usasse. A Varena, piccolo comune in provincia di Trento, abbiamo scovato una baita (La Baita) che serve il cappello tartaro. “È un piatto molto richiesto – ci dice Francesca, la titolare – non solo per la sua presentazione ma anche perché i clienti apprezzano il fatto di poter cuocere da soli la propria carne“.
QUALCHE TRUCCO DA USARE CON IL CAPPELLO TARTARO
Attenzione, non è un fai-da-te. Sia Francesca che voi (qualora decideste di comprarvi un tatarenhut), dovrete mettere del vostro nella preparazione del cappello tartaro. Ci siamo fatti dare qualche consiglio: “Oltre alla scelta di tagli adatti, sono importanti la marinatura e il condimento della carne.” Potrete lasciare libera fantasia ai vostri commensali nel condire la loro carne, oppure portare a tavola delle fettine già insaporite da una marinatura leggera.
Spennellate d’olio la superficie del cappello: così la carne non si attaccherà e resterà umida. Anche la presenza dell’acqua nello scolo è importante: oltre a cuocere le verdure, aiuterà a mantenere l’umidità giusta perché la carne non si secchi. Il brodo, poi, è un altro elemento lasciato alla vostra fantasia e a quella dei commensali. Potrete avere un brodo di carne o vegetale; un misto di carne e pesce oppure di sole verdure: dipende tutto da ciò che deciderete di grigliare.
Un altro elemento da considerare se volete comprare un cappello tartaro (si trovano su amazon anche a buon mercato) è l’alimentazione: candela, carbone o elettrico. Considerato che è praticamente una griglia da indoor, l’elemento fumo non è da sottovalutare. La versione elettrica risolverà ogni problema di fumo, ma potrebbe essere scomoda da portare in mezzo alla tavola. Se, giustamente, non volete rinunciare al calore del carbone, vi consigliamo di usare carboni naturali.
Il carbone di cocco (o simili), ad esempio, è perfetto per il cappello tartaro: non ne serve molto, brucia lentamente e fa pochissimo fumo. Così non vi troverete con la sala da pranzo che puzza di fumo.
Di Augusto Santori 21 aprile 2020