LA MANZOTTA PIEMONTESE E’ UNA CARNE SAPORITA E A BUON MERCATO OTTIMA DA SERVIRE CRUDA E CHE DEVE LA SUA PRELIBATEZZA A UN INGRASSO ESTREMO PECCATO CHE NESSUNO L’ABBIA MAI MESSO AL CENTRO DI UN SERIO PIANO DI MARKETING
Quando si parla della Piemontese (la vacca autoctona del Piemonte) si pensa subito al vitellone o alla scottona, le due tipologie di carne che più facilmente si trovano in macelleria. In realtà a completare l’offerta di questa prelibata razza bovina spiccano altri due prodotti meno noti ma ugualmente saporiti.
Parliamo della Manzotta e della Madama Bianca. Due marchi registrati recentemente da “Gli Amici della Piemontese”, un’associazione di 89 allevatori nata nel 2018 a Carrù (Cuneo) con l’obiettivo di valorizzare le pregiate carni locali. In particolare quelle che ancora non sono riuscite a conquistare il mercato perché sconosciute ai più. Carni che, invece, meriterebbero tutt’altra notorietà, visto che per gusto e sapore sono di gran lunga superiori al classico vitellone.
MANZOTTA PIEMONTESE: PERCHE’ IL MARCHIO
“La caratteristica della piemontese – spiega Mina Guido, 51 anni, uno dei fondatori de dell’associazione – è quella di essere una carne tenera ed estremamente magra. Una caratteristica che da una parte le conferisce grande salubrità, dall’altra, invece, rappresenta un limite perché, se non lavorata bene, al palato risulta un po’ stopposa”.
Un limite che però non spaventa più di tanto gli allevatori, i quali, al contrario, fremono di mostrare al mercato le loro competenze. Sanno, infatti, che con un lavoro di rifinitura, o meglio di ingrasso calibrato, è possibile conferire alle loro carni un sapore decisamente superiore.
“Ma attenzione – ammonisce Mina – nessuno si è inventato nulla. La Manzotta è sempre esistita, in dialetto infatti si chiama mansarda. Il problema è che spesso viene pagata poco per poi finire nei migliori ristoranti della zona”. E per porre fine a questa beffa è nato dunque il marchio. Una garanzia a tutela di un lavoro molto dispendioso sia in termini di tempo che di denaro e che quindi merita di essere ricompensato adeguatamente.
LA MANZOTTA PIEMONTESE: DI CHE ESEMPLARE PARLIAMO
La Manzotta è un esemplare femmina, di età compresa fra i 24 e i 48 mesi, e che non può più partorire. “I motivi sono tanti: – spiega Mina – complicazione durante il parto, difficoltà ad allattare, manifesta aggressività nei confronti di allevatori e vitelli”. A quel punto la carriera di fattrice può dirsi conclusa e quindi meglio portare la vacca all’ingrasso.
La Madama Bianca, invece, è la classica vacca vecchia, di età compresa fra i 4 e i 10 anni, e che rappresenta un po’ la continuazione della Manzotta. “Nel senso che a fine ingrasso – spiega Mina – non sarà molto più marezzata della sua giovane collega, ma avrà comunque acquisito un gusto più intenso e deciso. Diciamo da intenditori”. Infatti, se alla Manzotta basta una frollatura di 15 giorni alla Madama Bianca, invece, ne occorre una di almeno un mese. Anche se in realtà ci si può spingere molto più in là.
LA MANZOTTA PIEMONTESE: UN FINISSAGGIO NOBILE
Ma come viene allevata la Manzotta e soprattutto che finissaggio le viene somministrato? “Del tipo più nobile – risponde Mina – realizzato negli ultimi cinque mesi di vita. Ma non prima, perché la Piemontese è un bovino difficile da ingrassare. Il clima qui è rigido (siamo vicino al Monviso n.d.r.), quindi d’inverno non è che ci sia molta erba da brucare. L’affitto dei pascoli è poi esorbitante, figuriamoci acquistare i terreni: così l’allevamento è fondamentalmente di tipo stabolare. Avviene cioè in box di 14 metri quadri, abbastanza ampi da permettere all’animale di muoversi liberamente”.
Ma non si deve commettere l’errore di scambiare l’allevamento stabolare con quello intensivo. “I nostri allevamenti – conferma Mina – sono in media di 50 capi, per carità possono arrivare anche a 500, ma mai a mille come per i vitelli francesi. Il motivo è semplice la Piemontese non si accontenta di un’alimentazione di bassa qualità: non ti consente di industrializzarla. E’ esigente, necessità di un finissaggio nobile a base di farina di mais, avena, soia e crusca. Poi, a seconda dei casi, integrazioni di frutta, fave e piselli, più acqua e fieno”.
LA MANZOTTA PIEMONTESE: QUALITA’ A BUON MERCATO
A fine lavorazione la carne sarà di grande qualità. Con piccole fibre, quindi, tenera ma saporita, ottima soprattutto da servire cruda. La Manzotta è, infatti, ideale per preparare il carpaccio o le tartare e rappresenta anche un ottima “alternativa” al bue grasso di Carrù. Vale a dire: la massima espressione della razza Piemontese.
“Il bue grasso viene lavorato a ottobre e novembre – racconta Mina – quindi nei restanti dieci mesi dell’anno non lo si trova in macelleria”. Ma si trovano Manzotta e Madama Bianca che offrono carni comunque di qualità ma a prezzi accessibili.
“La mezzena di una Manzotta – ci informa Mina – costa 6,10 euro al chilo più iva che è lo stesso prezzo della Madama Bianca. Solo che questa al vivo la paghi il 20% in meno”. Una differenza che dipende dalla diversa resa: il 65% della Manzotta contro il 62% della Madama Bianca. Una resa quindi molto alta e che spiega perché il prezzo invece si mantiene basso. E a simili condizioni non resta che chiedere queste carni al nostro macellaio sperando che ne sia ben rifornito.
Di Bianchini Gianluca 20/06/2019