COME MANGIARE CARNE SANA? ASSICURANDOSI CHE L’ALLEVATORE ABBIA SEGUITO QUESTE 7 REGOLE CHE CONDUCONO AL BENESSERE ANIMALE
Dalla bistecca alla lombata, dal guanciale alla braciola fino alle più piccole parti commestibili. La carne di cui ci nutriamo è buona solo se proviene da un animale che sta bene. Gli spazi in cui cresce, il tipo di cibo con cui viene nutrito: sono molti i fattori che contribuiscono al benessere di ogni capo di bestiame. Ma come si ottiene questo benessere? Semplice, seguendo delle regole ben precise. Per la precisione quelle dell’allevamento etico. A sostegno di questa tesi è intervenuto anche Il sole 24 ore, autorevole quotidiano di Confindustria, che ha elencato le regole principali per ottenere il benessere animale analizzando inoltre l’attuale situazione italiana per quanto riguarda gli allevamenti. Non solo i macellai hanno un’etica dunque, ma anche gli allevatori. Ed è proprio a questi allevatori che dovremmo rivolgerci se vogliamo esser certi che nel nostro piatto finisca una carne sana e nutriente.
BENESSERE ANIMALE: COME CAMBIANO LE ABITUDINI NEGLI ALLEVAMENTI
Ci sono molti modi per allevare gli animali: allo stato brado, confinati, al pascoli o nei paddock in legno. E proprio da qui parte il benessere animale. Poi si passa all’alimentazione: vero che ormai sono arrivate le smentite sulla somministrazione di farmaci e ormoni per la crescita degli animali – almeno in Italia – ma resta sempre da capire di cosa vengono nutriti i capi di allevamento da cui derivano i vari prodotti alimentari. E sono sempre più coloro che preferiscono acquistare carne proveniente da pascoli grass fed. Poco ma buono, questa è la tendenza che ultimamente viene seguita dai consumatori italiani. In molti cominciano a farsi domande e le risposte che ne conseguono portano a adottare stili alimentari differenti, fino a ridurre i consumi della carne (-6%). Raramente qualità è sinonimo di quantità.
BENESSERE ANIMALE: RITORNO AL PASSATO
Il 5% degli allevatori sta abbandonando i capannoni industriali per tornare alla vecchia fattoria. Questo si legge all’interno dell’articolo pubblicato dal Sole 24 Ore. In Italia, tra l’Emilia-Romagna e il Piemonte, dove vengono allevate alcune tra le migliori razze di bovini e suini, una piccola percentuale di impianti sta progressivamente passando a pratiche etiche e sostenibili, in molti casi superando persino gli standard del biologico. Il processo è lento e non potrebbe essere altrimenti considerando che presuppone una trasformazione radicale. Un cambiamento incentrato sul benessere animale e che potrà provocare ricadute (positive) sull’ambiente e ancor di più sulla salute dell’uomo.
BENESSERE ANIMALE: QUANDO LA SOLUZIONE NON È IL VEG
La metodologia vegana non è l’unica adatta a rispettare gli animali. Rappresenta solo una delle possibilità. Un sondaggio portato avanti dalla Commissione europea ha rivelato che la maggior parte dei cittadini comunitari – quindi compresi coloro che consumano carne – nutre una particolare attenzione al benessere animale e vorrebbe migliorare gli standard degli allevamenti. Considerati i risultati di questa indagine e il radicale cambiamento dei trend cui stiamo assistendo, il modello intensivo dovrà essere ripensato. “Attualmente la maggior parte dei prodotti di origine animale presenti sul mercato deriva da allevamenti intensivi, che per loro natura utilizzano tecniche industriali per ottenere la massima quantità di prodotto al minimo costo – le parole rilasciate al Sole 24 Ore da Barbara Pollini, presidente dell’associazione Allevamento etico – Sono condizioni che non rispettano l’etologia dell’animale e possono causare gravi danni all’ambiente. In molti chiedono un’alternativa”. Che non è necessariamente una scelta vegana.
BENESSERE ANIMALE: ECCO IL “MANIFESTO” DELL’ALLEVAMENTO ETICO
L’associazione Allevamento Etico – che collabora con Slow Food e che ha censito (e valutato) in Italia 28 allevamenti etici – ha redatto un manifesto. Consigli più che regole, necessari per garantire il benessere di ogni genere di animale appartenente a qualsiasi tipo di allevamento. Fra i punti salienti troviamo il rispetto delle cinque libertà elencate nel 1965 dal Brambell Report: animali liberi dalla sete, dalla fame e dalla cattiva nutrizione, dai disagi ambientali. Dal dolore, dalle ferite, dalle malattie, dalla paura e dal disagio. Liberi di poter manifestare il proprio comportamento di specie: concepimento in libertà, allattamento dei vitelli, svezzamento naturale, alimentazione in età adulta di prato, pascolo e foraggio biologico di alta qualità. A disposizione spazi confortevoli, puliti e asciutti e relazioni di fiducia con l’uomo (presenza di operatori adeguatamente formati). Cure naturali (non ormoni, antibiotici, antiparassitari) e trasporto al macello in condizioni di tranquillità, meglio se a km0. Insomma, una cura dell’animale che va inevitabilmente a ripercuotersi positivamente anche sull’uomo.
BENESSERE ANIMALE: 800 MILIONI DI ANIMALI ALLEVATI IN ITALIA
“Negli allevamenti italiani si contano 800 milioni di animali: polli, suini, bovini, conigli e tacchini. Per nutrirli viene utilizzato il 50% dei cereali, coltivato sul 36% dei terreni disponibili. Agli animali viene somministrato il 71% degli antibiotici: l’Italia si piazza al terzo posto in Europa per il loro utilizzo negli stabulari, dopo Spagna e Cipro. Ogni giorno, nel nostro Paese, solo gli allevamenti di suini producono 52mila tonnellate di letame e il 79% delle emissioni di ammoniaca proviene dall’allevamento assieme al 72% delle emissioni di gas serra generati dall’agricoltura”: Annamaria Pisapia, direttrice di Compassion in World Farming Italia, cita i dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e conferma lo scenario mostrato in una recente puntata di Report a proposito di antibiotico-resistenza (dove sono anche emersi aspetti poco rassicuranti riguardo alcuni allevamenti).
BENESSERE ANIMALE: MEGLIO POCA CARNE MA DI QUALITÀ
Tra fast food e cibo spazzatura di vario genere, non è – e non sarà – semplice sensibilizzare la società al consumo di carne buona e controllata. Proprio per questo motivo nei mesi scorsi, Ciwf Italia ha portato nei cinema un spot contro l’immaginario artificiale creato dall’industria alimentare per poter nascondere pratiche crudeli di allevamento. Un industria di cui stiamo diventando schiavi e rende ciechi. “Non nel mio piatto”, questo il nome della campagna che propone un’alternativa sostenibile agli allevamenti intensivi e un consumo ridotto di carne: “Mangiamone meno, ma di allevamenti rispettosi del benessere degli animali come sistemi all’aperto o biologici”, esorta ancora Annamaria Pisapia nell’intervista rilasciata al ilsole24ore.com.
ALLEVAMENTO ETICO: “GRASS FED” ALLA RISCOSSA
Ma nonostante siano numerose le aziende che tentano di proporci carne scadente proveniente da allevamenti in cui il benessere animale sta all’ultimo posto, continua ad aumentare il consumo di carne grass fed. Una carne proveniente da allevamenti in cui gli animali sono nutriti in libertà esclusivamente ad erba: contengono più Omega 3, più antiossidanti, più vitamine rispetto alle carni di bovino che si alimentano a cereali. Insomma, un vero toccasana per l’uomo. Se questo tipo di allevamento in Svizzera è ormai diventato la regola, possiamo orgogliosamente sottolineare che anche in Italia questa pratica si sta diffondendo: alcuni allevamenti di questo tipo si trovano al Nord, ma si stanno diffondendo in altre regioni della penisola come la Sicilia e la Sardegna. Nei pascoli montani della valle Brembana, ad esempio, i bovini di razza Highland, in alcune aziende, vivono allo stato brado nutrendosi di erba e fieno. Il costo di gestione dell’allevamento è sostenibile, la qualità del prodotto è superiore alla media, ma la resa è inferiore: i bovini di origine scozzese pascolano per tre anni fino a raggiungere i 450 kg. Poi a 5 km li attende il macello. Per un miliardo di polli, invece, e 37 milioni di bovini, suini, ovini, caprini ed equini il fine vita è già su un camion che li trasporta vivi su lunghe distanze all’interno e fuori dall’Europa.
di Davide Perillo 08/06/2016
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