IL RICERCATORE AMERICANO FRANK MITLOEHNER E’ UNA VOCE FUORI DAL CORO SOSTIENE INFATTI CHE I BOVINI RIDURRANNO SIA LA FAME NEL MONDO SIA L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO
Che cos’è la sfida del 2050? E’ la sfida alimentare che ci attende fra trent’anni. Sappiamo infatti che per quella data la popolazione mondiale supererà i 9 miliardi di abitanti quando il cibo disponibile probabilmente diminuirà. Di fronte a tale prospettiva per gli scienziati non c’è che una soluzione: cambiare le nostre abitudini a tavola. Vale a dire: mangiare meno carne a favore di quegli alimenti vegetali ricchi di proteine come ad esempio i legumi. Una soluzione questa che punta ad altri due importanti risultati. Sul versante della salute ridurre i tumori, su quello dell’inquinamento, invece, far calare le esalazioni bovine in gran parte responsabili dell’effetto serra.
Non tutti gli studiosi però sono d’accordo su questo tema. Ad esempio, Frank Mitloehner, docente e specialista in qualità dell’aria presso il dipartimento di Scienze Animali dell’Università di Davies (California), non teme le mucche e nemmeno le loro flatulenze. Anzi ritiene che proprio i bovini saranno di grande aiuto per vincere la sfida alimentare del 2050.
GRAZIE AI BOVINI NEL 2050 RESPIREREMO ARIA MIGLIORE : UPCYCLING (RICICLO CREATIVO)
“I ruminanti – afferma Mitloehner – grazie al loro apparato digestivo mangiano cibi non edibili per l’uomo, ad esempio erbe e leguminose, che vengono poi trasformati in alimenti di origine animale”. Questo processo definito in inglese upcycling trasforma l’erba che ha un basso livello nutrizionale in latte e carne, che sono invece alimenti con valori nutrizionali molto alti. Anzi “sono tra i cibi più nutrienti in assoluto oltre a piacere per il loro indiscutibile sapore,” sottolinea il professore californiano.
GRAZIE AI BOVINI NEL 2050 RESPIREREMO ARIA MIGLIORE : RICYCLING (RICICLO)
Mitloehner inoltre tiene ad evidenziare un dato: “solo il 20% della nostra produzione agricola viene consumato il resto sotto forma di prodotti o co-prodotti viene gettato in discariche a cielo aperto”. I bovini dunque sono importanti, perché mangiando questi scarti evitano che la putrefazione produca gas serra e quindi inquinamento. Considerando poi che in California solo il 20% di questi alimenti viene consumato dai bovini possiamo farci un’idea di come sia possibile incrementare il riciclo (ricycling).
“Ad esempio – osserva Mitloehner – se il bestiame mangia gusci di mandorle e polpa di pomodoro riduce la dipendenza delle fattorie dall’acqua, dalla terra e dai fertilizzanti”. La produzione insomma in questo modo diventa molto più sostenibile.
GRAZIE AI BOVINI NEL 2050 RESPIREREMO ARIA MIGLIORE : IL METANO
Ma come la mettiamo col fatto che le mucche tramite le esalazioni producono esse stesse metano? “Il metano – risponde Mitloehner – è molto diverso dall’anidride carbonica e dal protossido di azoto, gli altri due gas responsabili dell’effetto serra. Infatti, mentre questi si accumulano nell’atmosfera per migliaia di anni, il metano invece si disperde nell’arco di un decennio”.
Quindi, quando si accusano Nuova Zelanda e Stati Uniti di aumentare con le loro mandrie l’inquinamento atmosferico in realtà li si accusa semplicemente di mantenere stabili le emissioni. Se poi aggiungiamo che i bovini americani sono finissati con una dieta a base di cereali “contenente meno fibre dell’erba e che quindi – osserva Mitloehner – limita masticazione, rutti e flatulenze”, allora dobbiamo cercare altrove l’eccessiva emissione di metano.
IL VERO PROBLEMA È L’ASIA
“Secondo il Comitato Intergovernativo per il Cambiamento Climatico – spiega Mitloehner – gli allevamenti dei paesi in via di sviluppo e in particolare l’India emettono tra il 70 e l’80% del totale dei gas serra”. In pratica la narrazione del docente californiano è la seguente. In India il bestiame supera di tre volte quello degli Stati Uniti anche perché, a causa di motivi religiosi, i bovini non si possono macellare. Si tratta quindi di bovini da latte che però sono così poco produttivi da richiederne almeno 15 per eguagliare la produzione di una sola mucca americana.
E’ questo il motivo per cui in India gli allevamenti sono enormi, con altissime emissioni di metano e protossido di azoto (urina). “Negli Stati uniti invece – chiosa Mitloehner – il bestiame da latte tramite un lavoro di cura e selezione dal 1950 ad oggi è stato ridotto drasticamente passando da 25 milioni di capi a 9 milioni di capi”.
CONCLUSIONI
Insomma, la tesi di Mitloehner è senza dubbio interessante perché non nega le emissioni di metano, le legge semplicemente in modo diverso; non nega la necessità di migliorare le pratiche di allevamento ma propone una visione più ampia che coinvolga anche i paesi in via di sviluppo; non nega infine il valore nutritivo delle piante ma non punta sugli hamburger sintetici per risolvere il problema del sovraffollamento del pianeta.
Quello che onestamente mi lascia perplesso, in riferimento alla qualità dell’aria, è l’affermazione generica secondo cui usare terre arabili per la produzione di carne sia sempre normale. Sappiamo bene che non è così. Basti pensare alla soia e ai km quadrati strappati ogni anno alla foresta amazzonica, il vero polmone del pianeta che meriterebbe invece tutt’altri riguardi.
Di Gianluca Bianchini 27/03/2020