IN UN RISTORANTE DELL’OREGON IL PESCE DEL PACIFICO VIENE PRIMA FROLLATO NELLA CERA D’API PER ACCRESCERNE L’AROMA E POI COTTO MAGISTRALMENTE ALLA GRIGLIA
“Credere che il pesce quanto più sia fresco tanto più è buono è un’idea completamente sbagliata”. A pronunciare questa frase che disorienta i solerti e mattinieri avventori delle pescherie di tutto il mondo è Jacob Harth, chef e proprietario di Erizo, un ristorante di Portland nell’Oregon (Stati Uniti) che offre un menù degno delle più rinomate tascas portoghesi. Un menù figlio dell’amore per i piatti marinari preparati in tanti modi diversi è vero ma accomunati da una medesima caratteristica: sono tutti o quasi cotti a fuoco vivo.
Jacob, quindi, assieme all’altro giovane titolare del ristorante, Nicholas Van Eck, anch’egli chef con licenza di pesca, sa come lavorare al meglio la materia prima dell’Oceano e tra le tante tecniche che utilizza spicca in particolare una, quella del pesce stagionato e cotto alla griglia.
In realtà Jacob più che di stagionatura parla di dry age ovvero di frollatura e infatti il pesce non appena arriva da Erizo, viene prima immerso dalla testa alla coda nella cera d’api e poi tramite uno spago resta appeso a frollare. Infine, dopo una maturazione di almeno una settimana, lo si cucina in un modo che ricorda tanto sia il tataki giapponese che la pizza napoletana. Credetemi, non è un ossimoro culinario.
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PESCE FROLLATO NELLA CERA D’API : UN INVOLUCRO CHE DA’ SAPORE
“La frollatura con la cera d’api – spiega Jacob – è una tecnica antica. Serve a preservare il pesce, a proteggerlo dalla luce, ad evitare che perda troppa umidità e infine, cosa di non poco conto, aggiunge un bell’aroma alle sue carni”. Con questa tecnica dunque Jacob si muove nel solco della tradizione culinaria del suo Paese ma al contempo riesce a ottenere un altro importante obiettivo. Riesce a preservare un prodotto che ha una stagionalità ben precisa avendolo così a disposizione tutto l’anno per la gioia dei suoi clienti più affezionati. Rimuovere la cera è poi semplicissimo. Basta decapitare il pesce e togliere l’involucro formatosi non appena viene sollevato dalla vaschetta contenente la cera liquida.
PESCE FROLLATO NELLA CERA D’API : LA PELLE E’ FONDAMENTALE
Una volta pulito e spinato ci si rende conto di come la maturazione modifichi la struttura della carne. “Quella con la cera d’api – continua Jacob – è una frollatura che asciuga ma non in modo eccessivo. Il pesce infatti non si presenta pietrificato, anzi all’interno è ancora pregno d’olio tanto è vero che se lo si prende in mano lo si sente gocciolare”. In questo modo la pelle anche se perde vischiosità non si stacca dalla carne e la pelle è un elemento importantissimo, perché senza di essa la cottura non avrebbe senso: il pesce si asciugherebbe troppo perdendo tutte le sue qualità organolettiche. In un certo qual senso si può dire che funge da pentola antiaderente impedendo il contatto della carne con la brace rovente.
PESCE FROLLATO NELLA CERA : TROTA CALIFORNIANA E SGOMBRO DEL PACIFICO
Ma che pesci mettono sulla griglia Jocab e Nicholas? La McFaraland Spring Trout ovvero la trota e il Pacific chub Mackerel ovvero lo sgombro. “La trota MaFaraland è un pesce da allevamento – racconta Jacob – viene dalla California settentrionale e noi la acquistiamo da un’azienda che gli dà del mangime vegetale ma il suo sapore è comunque molto simile a quello di una trota selvaggia. Lo sgombro invece viene direttamente dall’oceano”. Ma entrambi sono pesci senza pinna, quindi di piccole dimensioni, facili da preparare e comodi da scottare alla griglia.
DUE COTTURE DIVERSE
Sia per la trota che per lo sgombro la preparazione consiste nel cospargere leggermente la pelle d’olio. Sulla trota basta aggiungere un po’ di sale ma solo alla fine. “Se lo si facesse prima invece – spiega Jacob – il vapore sprigionato andrebbe a compromettere la croccantezza della pelle”. La carne infatti sulla pelle più che cuocere deve riposare altrimenti perde aroma e questo va a scapito del piatto. Con questa tecnica che rimanda al tataki giapponese la polpa invece si scalda soltanto acquisendo così consistenze diverse, dal quasi cotto al sangue o come direbbero gli americani dal medium well done al rare.
Lo sgombro invece viene salato prima ma a differenza della trota il grasso si scioglie a tal punto da cominciare a sobbollire un po’ come succede alla pizza quando viene infornata. Anzi “per quanto mi riguarda – afferma Nicholas – è una sorta di brisket applicato al pesce ed è anche uno dei migliori che abbia mai assaggiato”. Infine, il condimento. A entrambi i piatti si abbinano salse il cui sapore si sposa perfettamente all’umami sviluppato dalla frollatura. Un umami che ricorda tanto il gusto dei funghi.
di Ludovico A. Rosto 06/07/2020