REALIZZARE UNA PORCHETTA PERFETTA È UNA DELLE MASSIME AMBIZIONI DI OGNI GRILLER MARCO AGOSTINI PRESIDE DELLA GRILL ACADEMY WEBER CI SPIEGA COME OTTENERE IL MIGLIOR RISULTATO POSSIBILE ATTRAVERSO IL SUO METODO
di Marco Agostini per TheBarktenders
La Porchetta rientra a pieno titolo nel nostro patrimonio gastronomico nazionale. E quando si parla di questo, noi italiani non scherziamo per niente: ognuno di noi ha la sua ricetta segreta ed il suo metodo infallibile per ottenere la porchetta perfetta. Ne esisteranno mille e sorprendentemente tutti effettivamente validi. Diversi, ma validi.
Anch’io da buon italiano, nel corso degli anni ho ne ho sviluppato uno mio, che non vuole essere ne migliore ne peggiore degli altri, ma che è certamente diverso. Ma soprattutto riscontro che ovunque vada riscuote gradimento. Se dovessi fare una classifica del piatto più realizzato da quando faccio catering, la porchetta è certamente al primo posto. Pensavo cosi di condividerla con voi.
In realtà non si tratta di niente di complicato, si basa su pochi e semplici punti, ma che considero fondamentali per la buona riuscita. Giusto per intenderci, a me piace una porchetta dalla polpa soda e non viscida, che si tagli perfettamente a fette ma che nonostante questo non risulti stopposa.
Mi piace una cotenna croccante e non gommosa ovviamente, ma non solo. Mi piace sia friabilissima, praticamente che mi si sbricioli in bocca alla minima pressione e che non mi costringa a portarla ai molari per sentire il “crok”. Chiariti gli obiettivi partiamo con i punti.
PUNTO PRIMO: IL GIRARROSTO
Si può cuocere bene una porchetta in molti modi ma per come la vedo io, se la vuoi ottenere con i canoni descritti sopra non ne esiste uno migliore del girarrosto. La sezione della porchetta è rotonda e la cotenna molto spesso la copre quasi tutta. Noi vogliamo una cotenna dalla croccantezza omogenea ed uniforme e il fatto che a rotazione venga esposta tutta alla stessa intensità di calore, aiuta.
Inoltre il principio di cottura dello Spit Roast, sul quale si basa la Rotisserie, è che i grassi anziché colare nella leccarda, condiscano la carne durante la rotazione. E i grassi ci aiutano a rendere la pelle croccante. Quindi: Girarrosto. In termini di temperatura di esercizio, dopo vari tentativi, ritengo che i 180°C siano la temperatura ideale, ma si fanno belle cose anche a 200°C, dipende dallo spessore della porchetta.
PUNTO SECONDO: LA FINITURA
Quello che generalmente faccio è far asciugare il più possibile la cotenna prima di mettere la porchetta in cottura, lasciandola coperta con una carta assorbente per una mezz’ora. Anche il questo la Butcher Paper funziona bene a mio avviso. Come precisato sopra, a me piace la cotenna che si trasformi quasi in un Cicciolo.
Se questo è anche il vostro scopo, dopo aver inserito l’asta del girarrosto nella porchetta, massaggiate la cotenna con del sale grosso, lasciandone attaccato quanto più vi riesce. Esiste però la possibilità di una cotenna sempre croccante ma con una finitura lucida e lucente, sicuramente più elegante da presentare, come quella di questo video. Se è questo il vostro desiderio, in questa fase non fate nulla.
PUNTO TERZO: LA DISPOSIZIONE DELLE BRACI
Se avete presente la disposizione classica di un girarrosto, il fuoco viene posizionato quasi sempre a lato, non sotto. Lo stesso bruciatore dedicato o la salamandra nei dispositivi a gas viene sempre posizionato sul fondo. Questo perché una fase calda alternata ad una fredda durante la rotazione, aumenta la viscosità dei grassi in uscita aiutandoli a rimanere più aggrappati, sfruttando cosi meglio il principio dello Spit Roast.
Per replicare lo stesso concetto con il carbone, il modo migliore è a mio parere è di sistemarlo formando una sorta di prisma parallelo all’asse, in corrispondenza del quale si venga a trovare il vertice basso del prisma stesso. In altre parole la linea di bricchetti (o carbone) inizia immediatamente sotto l’asse ma raggiunge il suo massimo spessore qualche centimetro dopo.
PUNTO QUARTO: LE FASI
Generalmente la prassi più consolidata è di procedere ad una prima fase di cottura della porchetta per lasciare ad una seconda la preoccupazione di far diventare la pelle croccante. Io sono di un’altra idea: ritengo che se per caso la cotenna arriva gommosa in questa fase, per quanto la si raddrizzi, il risultato non sarà mai eccezionale.
Secondo me è molto più efficace dedicarsi alla cotenna come prima cosa, in quanto cruciale per la buona riuscita del piatto e più “delicata” tra le due e poi pensare a finire la cottura, che si riesce sempre ad ottenere in qualsiasi modo. Inizio quindi con il set up descritto nel punto precedente e poi, quando sono soddisfatto dell’aspetto estetico, sposto tutto il combustibile più a lato possibile, proseguendo la cottura come una classica indiretta.
Nel caso alle prime volte vi dovesse scappare la mano e doveste arrivare a questa fase con la cotenna molto brunita rivestite la porchetta con un giro di stagnola prima di proseguire in cottura indiretta.
PUNTO QUINTO: LO STRUTTO
Molti bucano la cotenna per far sì che i grassi escano, aumentando la quantità aggrappata alla cotenna e andando cosi ad aiutarne la “croccantizzazione”. Anche in questo caso, io non mi trovo d’accordo con questo sistema: così facendo i grassi non si distribuiscono omogeneamente ma creano dei rivoli in base alle curve della porchetta, facendo diventare secche alcune parti e lasciandone molli altre. Preferisco condurre io il gioco: niente buchi.
Chiaramente serve un grasso in sostituzione. I pochi che ho visto seguire questo filone, usano l’olio di oliva che pennellano sulla cotenna nella fase clou. Per quella che è la mia esperienza però affinché funzioni serve una temperatura davvero alta, che diventa poi difficile da gestire in termini di brunitura. Secondo me il migliore alleato in questo senso è lo strutto. Il momento in cui iniziare ad usarlo è quando la cotenna sarà diventata di un color fulvo e la cotenna avrà raggiunto una consistenza meno morbida al tatto pur essendo ancora cedevole.
Vi sembrerà che quasi la cotenna si stia distaccando dallo strato sotto: è cosi. Si potrebbero formare delle bolle in questa fase. Bucatele con un coltello sul lato, vicino all’attaccatura e si sgonfieranno subito. Se avete scelto di applicare il sale, dovreste a questo punto avere sulla superficie tante piccole bollicine di colore chiaro, soprattutto dove prima ce n’era tanto. Raschiate via il poco sale rimasto e procedete.
Ora, sia che abbiate scelto di mettere o meno il sale, con una spatola prendete una dose di strutto e fatela passare sulle zone rimaste meno croccanti. Ne basta poco alla volta, ma bisogna ripetere l’operazione ogni quarto d’ora finché soddisfatti. Per chi aveva scelto sale, a questo punto la cotenna dovrebbe essere uniformemente ricoperta di piccole o grandi bollicine. Per gli altri invece dovrebbe essere di un bel colore mogano e lucidissima.
Misurate la temperatura. Se volete il risultato prospettato, la temperatura perfetta è a mio avviso 84°C. Se non ci siete, spostate le braci di lato come sopra descritto e procedete fino a raggiungimento. Alla fine, lasciate riposare la porchetta almeno una ventina di minuti su un tagliere, prima di affettarla. Non abbiate paura: manterrà calore per molto più tempo di quello che potete immaginare e la cotenna rimarrà cosi com’è.
Alla fine, quello che dovreste ottenere è un risultato simile a quello che ho ottenuto in questo video.
Ci sono altri mille modi, ma questo è il mio. E il vostro qual è?