LA STORIA DELLO CHEF ROMANO DANIELE USAI MERITA DI ESSERE RACCONTATA PERCHE’ E’ INIZIATA CON LA BRACE ED E’ARRIVATA SULLE STELLE (MICHELIN)
D’accordo, magari sarà anche una piccola forzatura la nostra, ma a noi piace pensare che ci sia anche la brace tra gli elementi che hanno condotto Daniele Usai nell’Olimpo degli chef stellati. Lo chef romano (classe 77 ) che dalla cucina del Tino, l’incantevole ristorante di Ostia di cui è proprietario, ha confermato anche quest’anno la prestigiosa stella Michelin.
Cresciuto nella cucina casalinga di due eccellenti cuoche, quali la nonna e la mamma, Daniele ha cominciato a coltivare la sua passione con in tasca soltanto un diploma di ragioniere, “dopo aver terminato gli studi, e preciso che ho fatto ragioneria e che, quindi, non ho frequentato una scuola di cucina, ho cercato di fare tanta esperienza per maturare quanto più possibile in questo campo”. E, infatti, tra i lavori svolti prima di aprire un’attività che fosse soltanto sua, ricorda l’esperienza al “Dukes” di Roma in cui ha preso familiarità con la cottura realizzata direttamente sulla griglia. “Ho praticamente lavorato per alcuni anni in un posto in cui si cucinava con la griglia a carbone e quello è stato sicuramente un momento della mia vita che mi ha fatto crescere professionalmente ed umanamente. Per questo lo ricorderò sempre”.
DANIELE USAI – LA BISTECCA DI TONNO MARINATO (E NON SOLO)
E’ al Dukes a cavallo tra il ’98 e il ’99 che Daniele, insieme allo chef Mario Di Remigio, inserisce nel menù la bistecca di tonno marinato. Cottura, manco a dirlo, alla brace. Un’idea azzeccata perché ancora oggi, a distanza di parecchi anni, questo ristorante nel cuore dei parioli continua ad avere questo piatto nel menù. È comunque il 2006 l’anno della svolta: dopo esser passato dalle “Terrazze dell’Eden” con lo chef Enrico Derflingher, e aver frequentato uno stage all’ “Albereta” di Gualtiero Marchesi, apre la sua prima attività, il ristorante “Il Tino”, insieme all’attuale socio Claudio Bronzi, conquistando una stella Michelin.
DANIELE USAI – QUELLA VOLTA A MONACO…
Se gli chiedete un aneddoto legato alla brace non ha dubbi: “quando mi parlano di brace mi viene in mente una vacanza che ho fatto a Monaco in occasione dell’Oktoberfest. Ricordo in particolar modo dei sentieri di brace in cui venivano incrociati degli spiedi di pesce azzurro, tra cui il merluzzo”.
DANIELE USAI – IL VALORE AGGIUNTO DELL’AFFUMICATURA
Daniele Usai non ha un piatto che più lo rappresenta perché preferisce cucinare con quello che trova al mercato e utilizzando i prodotti di stagione. Ha l’abitudine, infatti, di cambiare menù praticamente ogni tre mesi. Lo stessa cosa vale per quanto riguarda il metodo di cottura: non c’è n’è uno che predilige. La brace, però, è una tecnica di preparazione che a lui piace. Il motivo? “L’aroma, poiché tutto quello che tu cuoci direttamente sul fuoco acquista sicuramente più sapore. La cottura alla brace conferisce una maggiore complessità al cibo che in questo modo si arricchisce con l’affumicatura”.
DANIELE USAI – UNA CUCINA PREVALENTEMENTE DI PESCE
Quella del nostro chef stellato è una cucina che lui definisce contemporanea, essenziale, ma soprattutto mediterranea. In conclusione, a prescindere che siate amanti della cottura alla piastra, alla griglia o alla brace, una visita al suo grazioso ristorante merita davvero. Troverete una carta dei vini ottima, un menù di pesce molto interessante e vi sorprenderete della forza della sua semplicità.
Non è un caso se IdentitàGolose – in pratica il Corriere della Sera dell’enogastronomia italiana – lo abbia raccontato con queste parole : “Daniele Usai, ovvero la forza della semplicità. Quella che lo sta portando a emergere nel mondo della ristorazione romana e – perché no? – italiana pur partendo da uno dei contesti più improbabili memorizzati nel gps dei gourmet italiani: una stradina nascosta di Ostia Lido. Città di mare (ma anche quartiere di Roma) che un po’ è periferia della periferia, un po’ spiaggia grandi numeri. Roba da panino con frittata, sabbia e schizzi di olio solare. Qui, a qualche traversa dalla litoranea e dagli stabilimenti, Daniele, con il suo socio e amico Claudio Bronzi – che con mano sicura fa da padrone di casa e colto sommelier – ha trovato il suo giardino incantato. Un localino tutto angoli scalini e anfratti, da meno di trenta coperti, con un decor tra il piccolo-borghese e il minimale. Ma che riserva molte sorprese a chi deposita il bagaglio di pregiudizi e diffidenze che appesantisce chi entra al Tino per la prima volta.”
Per saperne di più http://www.ristoranteiltino.com
di Donatella Carriera – 22 gennaio 2016
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