DAL MESE DI AGOSTO A RIMINI IN UNO DEI PIÙ FAMOSI RISTORANTI DI PESCE ITALIANI IL MENÙ PROPONE CARNE IN QUESTO MODO SI RISPETTA UNA RISORSA PREZIOSA E SI AIUTA IL NOSTRO MARE A DIVENTARE PIÙ PESCOSO
Articolo di Carolina Pozzi per CiboToday
Quello di Jacopo Ticchi a Rimini è un ristorante di mare che non assomiglia a nessun altro. L’ha chiamato “Da Lucio”, non pensando — come si potrebbe immaginare — a omaggiare un nonno che cucina da una vita, ma il figlio di appena tre anni.
La sua cucina la trovi ai piedi di un hotel sul lungomare e nemmeno lei è esattamente quella che ti aspetti da una trattoria romagnola. E addirittura, nelle settimane tra agosto e metà settembre, sul menu, di pesce, ce ne sarà ben poco.
Nessuna inversione di rotta, soltanto la volontà di assecondare il fermo pesca in Adriatico, virando la carta su altre materie. Cucina autenticamente sostenibile? Si fa così.
IL PERCORSO DI UN GRANDE CHEF
Ticchi è un romagnolo che per far pace con la sua terra ha dovuto allontanarsene per un po’. Nato nel ’94 a Cattolica, è cresciuto tra l’alberghiero e le stagioni nei locali estivi, prima di volare in Australia “e riportare a casa un bel carico di esperienze, ma soprattutto di vita”.
Niente insegne blasonate, laggiù, ma l’immersione in una cucina che iniziava a prendere sul serio ingredienti autoctoni e rispolverare tecniche ancestrali, come la frollatura e la stagionatura del pescato (chef Josh Niland avrebbe pubblicato nel 2020 un volume rivoluzionario: Il Grande Libro del Pesce).
Al rientro trascorre tre anni e mezzo al Joia di Milano, primo ristorante vegetariano stellato d’Italia, un periodo a Ibiza, per tornare poi a Rimini, dove si occupa della cucina del Nécessaire Bistrot, di cui è tuttora socio.
“In quel momento la città mi ha riconquistato. Ho capito che c’era spazio per proposte diverse e che il terreno era più fertile di quanto pensassi”.
DAL PESCE PIÙ FRESCO A QUELLO PIÙ BUONO
La scelta di aprire un ristorante arriva, di pancia, a novembre 2019. Una prima sede in centro, inaugurata insieme a Enrico Gori (responsabile della sala), e idee subito chiare. “Volevamo far passare il concetto che il pesce più buono non è necessariamente quello più fresco. In alcuni casi bisogna aspettare un po’, saperlo maneggiare, e si ottengono risultati strepitosi”.
Nonostante il locale non contasse sul repertorio di attrezzature di cui dispone oggi — si è trasferito in spazi più ampi nel 2020 — Ticchi propone frollature a secco da grandi pezzature, che concentrano il sapore e ridefiniscono le consistenze e un approccio “dalla testa alla coda” che non ammette sprechi.
Trattando, del pesce, anche le frattaglie. Per la cottura predilige la velocità e l’istinto della brace, come d’altronde da un po’ tutti i romagnoli, a prescindere dal tipo di proteina.
LA FILOSOFIA
“L’impegno più grande l’abbiamo messo nel comunicare bene il nostro lavoro. Spiegare che quello che arriva dalla cucina è frutto di un pensiero e che ogni aspetto del ristorante ha una coerenza”.
Celle per la stagionatura a vista, vassoi dei frollati presentati a tavola e la disponibilità di spiegare storia e significato di ogni scelta. Anche quelle all’apparenza più complicate, come l’assenza (quasi totale) del pesce dal menu d’agosto.
IL FERMO PESCA
“Quando raccontiamo che nell’Adriatico, d’estate, la pesca si deve fermare per non interferire con la riproduzione di alcune specie, sono tutti sorpresi”.
Proprio così: al pari di frutta e verdura anche il pesce ha le sue stagioni, e aspettarsi di trovare in pescheria o al ristorante le stesse varietà tutto l’anno deriva da un grande malinteso. Perché la materia prima, in certi periodi, non potrà essere di provenienza locale.
“Per la mia spesa evito che siano i piatti a dominare e adatto le ricette alla disponibilità del mercato, che per noi è quello dell’alto Adriatico e delle Marche. Per circa 45 giorni i pescherecci restano fermi e il menu di conseguenza si adatta. Prima di fare questo passo per la prima volta, l’anno scorso, non sono riuscito a dormire per un paio di settimane. Ma il pubblico ha capito”.
IL MENÙ CARNIVORO
Lo sforzo di non deviare dalle proprie linee e tenere duro, nonostante le presunte “richieste del mercato”, evidentemente premia. Chi si accomoderà da Lucio fino a metà settembre, con tutta probabilità, sarà ugualmente soddisfatto di trovare l’“ascolto” dei tempi giusti per ogni prodotto, concentrazione del gusto e, soprattutto, amore per la tavola imbandita, anche sulle carni.
Mora romagnola, anatra, pecora, asino e piccione da fattorie del posto, combinati a stagionati di pesce, frutti di mare e molluschi, la cui raccolta non è sospesa. Ticchi non bada alle canoniche sequenze di portate, ma invita a una degustazione da mettere “tutta in mezzo” (95€ a persona).
Tra i vari “atti” si alternano tartare di pecore e caviale di seppia, carpaccio di asino e mazzancolle; poi mora romagnola alla brace con laccatura di canocchie, spiedo di durelli di pollo e paté di fegato di cortile con albicocche e saba. Il gran finale? I ditalini alle vongole alla brace e squacquerone, a ricordare che la spiaggia di Rimini è sempre lì davanti.
11/08/2023