BASTA VENDERE L’UVA AI PRODUTTORI DEL NORD! IN PUGLIA I VITICOLTORI DA TEMPO FANNO ANCHE IL VINO. I RISULTATI SONO SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI E LA STORIA DE LA PRUINA, AZIENDA VINICOLA DEL BRINDISINO, DIMOSTRA CHE LA SCELTA È VINCENTE
Torre Santa Susanna (Brindisi), borgo dell’entroterra salentino di origine messapica, a metà strada fra lo Ionio e l’Adriatico, ultimo centro di una delle Doc pugliesi più note e apprezzate al mondo, il Primitivo di Manduria.
Varcati i suoi confini comincia il regno del Negroamaro, un’altra eccellenza regionale che si coltiva anche qui nelle campagne di questo paesino che conta poco più di 10 mila abitanti, assieme ad altre uve di grande interesse come il Fiano e la Malvasia nera.
Una terra di grandi tradizioni vinicole, dunque, dove un tempo ogni famiglia aveva la sua piccola vigna per fare il vino, un nettare non scevro da difetti e dal gusto poco pulito.
Ma questo è il passato e il presente per fortuna ci racconta un’altra storia, che è quella di una produzione di ottima qualità. Un cambiamento che a dire il vero negli ultimi decenni ha interessato tutta la Puglia.
E ad ogni modo, se è migliorata la qualità del vino non è certo cambiata la natura di questi luoghi, ostica alla vite. I suoli rossi e pietrosi costringono le radici a scendere in profondità alla ricerca di nutrimento, mentre d’estate alla canicola si alterna il sospiro rinfrescante della costa che favorisce l’escursione termica e fissa gli aromi negli acini.
È in questo terroir che è iniziata l’avventura della famiglia D’Apolito. Il capostipite è Pietro (1955). Negli anni Ottanta, ereditati dei terreni, ha deciso di dedicarsi all’agricoltura cominciando a produrre olio e uva.
Proprio all’uva ha riservato gran parte delle sue attenzioni e senza saperlo, nel giro di qualche lustro, ha creato le premesse per la nascita di un’azienda vinicola di successo, La Pruina.
LA PASSIONE NASCE TRA I FILARI
Spesso sono le nuove generazioni a portare avanti idee più coraggiose e a questa regola non è sfuggita nemmeno la famiglia d’Apolito. I figli di Pietro, Teodosio (1984) e Maria Pia (1982), si può dire che sono cresciuti tra i filari del vigneto di famiglia, assistendo ogni anno a potature e vendemmie.
Per questo nelle loro vene scorre la passione per la viticoltura, tanto che Teodosio ha studiato prima agronomia a Lecce e poi si è laureato in enologia a Pisa. Maria Pia invece, è diventata professoressa di lettere e latino.
Entrambi quindi avrebbero potuto guadagnarsi da vivere facendo altri lavori, ma hanno intuito che quei filari, che negli anni erano stati ampliati con l’acquisto di nuovi terreni, avevano un enorme potenziale.
La richiesta a papà Pietro, quindi, non è tardata ad arrivare: non ha senso produrre uva per venderla e basta, l’uva trasformiamola noi e avviamo un’azienda vinicola.
Per Pietro non è stato facile accettare una simile proposta che rischiava di stravolgere la sua vita e il suo lavoro, ma Teodosio e Maria Pia sono stati determinati. Le competenze c’erano e poi sono sempre stati supportati dai rispettivi compagni, Valentina Antonini (1982), futura sales manager, e Giovanni Moretto (1970), futuro titolare de la Pruina Wine Shop.
Grazie anche al loro aiuto è stato possibile superare le difficoltà economiche e amministrative legate alla gestione e al consolidamento del nuovo business.
LA PRUINA, UN NOME UNA FOLOSOFIA
È Nata così l’azienda vinicola La Pruina che ha cominciato a proporre le sue bottiglie a partire dal 2012.
“La pruina – spiega Valentina – è una sostanza cerosa che protegge l’acino dalla disidratazione e da altri agenti esterni. In più, è appiccicosa, una caratteristica che le permette di catturare i lieviti presenti nell’ambiente.
“La Pruina, dunque, mentre protegge il frutto ha la capacità di innescare una fermentazione spontanea”.
Inoltre, con un po’ di fantasia, il termine è diventato anche un acronimo: P sta per proteggere (le radici), R per rispettare (la terra), U per unire (i tralci), I per intessere (le foglie), N per nutrire (il frutto), A per aspettare (il vino).
Da questo brain storming, dunque, è stato concepito il nome dell’azienda. Un nome che da solo spiega la filosofia produttiva della famiglia d’Apolito, volta a imbottigliare vini di grande qualità che hanno la capacità di incuriosire e includere.
ILMÒ E PEZZA FRANCA
A cominciare dai classici, Ilmò e Pezza Franca, che regalano delle gran belle soddisfazioni al palato.
“Ilmò – spiega Valentina – è un Primitivo di Manduria ed è stato creato al fine di celebrare il presente, mò infatti significa ora. Per questa etichetta abbiamo pensato a un vino wow, così i vigneti selezionati sono stati i migliori e anche quelli più antichi, concentrandoci su poche uve ma ben concentrate.
“Il resto lo fa una lunga macerazione con una estrazione massima di colore e aromi e un breve affinamento in legno”.
Il Pezza Franca invece è un Negramaro. “Per la precisione si tratta di un single vineyard – spiega Valentina – perché è prodotto con le uve di un unico vigneto aspetto che rimanda più al concetto di cru che a quello di terroir”.
Sia Ilmò sia il Pezza Franca rispecchiano la filosofia produttiva dell’azienda che mira a proporre vini verticali che sappiano emozionare e al contempo esprimere i profumi tipici delle uve, in questo caso il Primitivo di Manduria e il Negromaro. Entrambi allevati ad alberello.
Ilmò è un vino morbido e di corpo che si distingue per i sentori di marasca, prugna e ciliegia sotto spirito, mentre il Pezza Franca è più snello, ha maggiore acidità e si distingue per i profumi di tabacco, ciliegia, prugna e una nota balsamica.
“Questi sono vini da meditazione – sottolinea Valentina – significa che non hanno bisogno di accompagnare il cibo per essere apprezzati come succede ai vini più tannici, sono già completi così”.
“Ad ogni modo, si possono abbinare alle carni grigliate cotte al sangue oppure ai brasati e ai primi a base di carne, anche se poi ognuno è libero di sperimentare gli abbinamenti che preferisce”.
ADZ E FOSSILENTE
Interessanti anche le etichette cosiddette speciali con una grafica molto bella e studiata per attrarre l’attenzione di una clientela curiosa e potenziale.
Ad esempio, ADZ è un vino sia rosso che bianco prodotto solo con chiarificanti vegetali e con zero solfiti per includere anche chi soffre di intolleranze o segue diete alimentari diverse tipo quella vegana.
Fossilente (unione tra fossile e vivente) va invece incontro alle nuove tendenze di mercato che ha riscoperto il metodo ancestrale. Un metodo antico come antichi sono i fossili di origine marina che si trovano in questa terra e rappresentati sull’etichetta.
“E’ con questo metodo – spiega Valentina – che anticamente venivano prodotti i vini spumanti, senza sboccatura e con i lieviti residui all’interno della bottiglia”.
Col metodo ancestrale La Pruina produce invece vini frizzanti che si riconoscono per un colore torbido anche nel rosato.
LA PRUINA, I RICONOSCIMENTI
La Pruina è un’azienda giovane che è riuscita ad ottenere importanti riconoscimenti nazionali e internazionali. Ilmò è stato il miglior vino italiano nell’annuario di Luca Maroni 2022/2023 e medaglia d’oro al Frankfurt International Trophy 2023.
ENOTURISMO E AMORE PER IL TERRITORIO
È inoltre un’azienda che vanta un intreccio di interessi e competenze: conoscenza della terra e delle moderne tecniche di vinificazione, studio attento del mercato, amore per la tradizione e rispetto per il territorio.
“Non è facile produrre il Primitivo di Manduria – Valentina ci racconta le difficoltà al lavoro – quando il disciplinare non consente l’irrigazione di soccorso, se non in pochi casi. Per fortuna la pietra calcarea e il suolo ricco di ossido di ferro, restituiscono alla pianta freschezza e mineralità”.
“E per fortuna – continua spezzando una lancia a favore del territorio – c’è chi come noi risponde con entusiasmo a progetti per mantenere intatta la bellezza paesaggistica delle nostro campagne”.
Al momento La Pruina non ha un centro produttivo, si appoggia quindi presso alcune cantine della zona, ma per chi volesse visitare l’azienda c’è comunque il punto vendita a Torre Santa Susanna, dove l’accoglienza avviene all’insegna dell’enoturismo, con tanta voglia da parte dei padroni di casa di raccontare il mondo che c’è dietro le loro bottiglie, invitando gli ospiti a degustare anche fra i filari della tenuta.
di Gianluca Bianchini 05/09/2024