HomeIl Barbe TourREFERENDUM SULLA PORCHETTA: QUAL È LA MIGLIORE? E COME PREPARARLA AL BBQ?

REFERENDUM SULLA PORCHETTA: QUAL È LA MIGLIORE? E COME PREPARARLA AL BBQ?

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APERTE LE URNE: VOTATE LA VOSTRA PORCHETTA PREFERITA. DALLA CLASSICA DI ARICCIA, ALLA DELICATA TREVIGIANA, DALL’ANTICA CAMPLIESE ALLA RINOMATA TOSCANA, SINO ALL’ESAGERATA ROMAGNOLA. A OGNUNO LA SUA PORCHETTA, A NOI IL BARBECUE. SÌ, PERCHÉ LA PORCHETTA SI PUÒ CUCINARE IN CASA, A PATTO DI AVERE UN BBQ COME SI DEVE.

«Ciavemo la porchetta signori! La bella porca de l’Ariccia co un bosco de rosmarino in de la panza! Co le patatine de staggione! Carne fina e delicata, pe li signori proprio!». Così strilla un ambulante in “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, il più noto romanzo di Carlo Emilio Gadda. Ed ha proprio ragione: la porchetta è davvero un cibo da signori. Già ai tempi degli antichi latini, le famiglie nobili che passavano le vacanze nella mite Ariccia, tra una battuta di caccia e l’altra, si deliziavano il palato con il croccante maialino. Ma se sui colli romani la tradizione si tramanda da padre in figlio e il titolo di “porchettaro” s’appunta al petto come una medaglia al valore, anche in altre regioni d’Italia Sua maestà la porchetta è una pregiata amica di vecchia data. Restando al centro, Campli, borghetto abruzzese ai piedi dei Monti Gemelli, ne ha la sua storica variante. E poi su, su a risalire: da quella rinomata del Chianti, alla romagnola, sino alla dolce trevigiana. Di origine aristocratica ma dal gusto popolare, la porchetta unisce l’Italia, esalta le tipicità, appacifica i “tavoli” degli accordi. E allora: viva la porchetta, mettiamola in Costituzione! Tutti alle urne: non c’è “Porcellum” che tenga, vogliamo un referendum per decidere qual è la porchetta migliore.

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PORCHETTA ARICCIA

ARICCIA: UN NOME CHE SIGNIFICA PORCHETTA

Coi suoi palazzetti affastellati su un costone vulcanico tra i laghi di Nemi e Albano, le architetture del Bernini e la brezza piccantina, Ariccia è meta prediletta delle gite fuori porta dei romani. Patria delle fraschette (osterie tipiche) e capitale della porchetta. Il prodotto qui si ottiene da maialino femmina di un anno – da cui il nome “porchetta” – dalla carne magra e gustosa, non oltre la cinquantina di chili, che viene svuotato delle parti di scarto, disossato e riempito con sale, pepe, aglio, erbe aromatiche ed arrostito in forno.Dal 14 giugno 2011, la porchetta di Ariccia ha ottenuto il riconoscimento di indicazione geografica protetta (IGP). Un modo per difendere la sua tradizione millenaria: carne arrendevole e inebriante, dal gusto sapido ma non troppo, l’interno ha un grasso scioglievole, una carne tenera e d’un bianco rosato che contrasta con la crosta – che deve restare croccante, anche a distanza di giorni dalla cottura. Queste, oltre al “bosco di rosmarino”, sono le caratteristiche uniche della sontuosa porchetta romana.

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PORCHETTA ARICCIA

ALTROCHÈ CAVIALE E CHAMPAGNE: CON LE BOLLICINE CI VUOLE LA PORCHETTA DI ARICCIA

Per Alessandro Pipero del ristorante stella Michelin Pipero al Rex, che è riuscito ad abbinare (applausi!) lo Champagne alla porchetta, esistono vere e proprie regole per sceglierla e gustarla: «va mangiata calda, appena sfornata. Con la cotenna croccante. La porchetta è grassa: se si scarta, è meglio mangiare altro. Va tagliata a mano e il maiale non deve essere grande. Il rosmarino non può mancare nella porchetta dei Castelli Romani. Il pane deve essere di carattere». Tra i nomi storici della porchetta di Ariccia, c’è Cioli, con quattro generazioni che portano avanti la perfezione dal 1917 e che nel 2008 l’hanno portata oltreoceano, aprendo uno stabilimento nel New Jersey. «Fu proprio Ovidio Cioli, durante il suo mandato di Sindaco di Ariccia, ad istituire nel 1950 la prima Sagra della Porchetta, divenuta ormai appuntamento irrinunciabile».

Mentre Vitaliano Bernabei, nella sua norcineria produce solo tronchetti (porchette senza testa e gambe, quindi), che cuociono a 90 °C per mantenere la succosità delle carni e permettere una asciugatura uniforme della pelle. «Dopo averla disossata, spargo sale e massaggio, è importante che sia omogeneo, aglio tritato grossolanamente, quanto basta di peperoncino, fiore di finocchiella selvatica, rosmarino. Dopo averla chiusa e cucita, va fatta riposare 6 ore in modo che i sapori penetrino nella carne. Poi si fora al coltello, per fare scolare il grasso in cottura e legato, aiutandosi con un “guanto” di cuoio». Qui si vede l’artigianalità e la sapienza del norcino: «la legatura me l’ha insegnata mio nonno. Poi dovrà cuocere lentamente. È quello che raccomandano i grandi chef in cucina per gli arrosti: forno leggero e tempo». Ma la cottura lenta è tipica di un altro prodotto: la porchetta trevigiana.

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PORCHETTA TREVIGIANA

PORCHETTA TREVIGIANA: DELICATE PENNELLATE DI GUSTO

Tra ponti e canali, Treviso è una Venezia di pianura, terra ricca di storie e sapori. Talvolta sofisticati come un quadro del Tiepolo, altre più genuinamente ruspanti e popolari. La porchetta da queste parti ha una lunga tradizione ed un gusto che racchiude in se’ le due anime della cucina locale; raffinata e grezza. Dal Consorzio salumi veneti, spiegano che «la porchetta, per dirla alla trevisana, “è tenuta a battesimo” nel 1919 da un certo Ermete Beltrame, nella sua birreria sotto il Palazzo dei Trecento. Il prodotto e “l’ambiente” in cui è servito sono gli ingredienti che, nel loro insieme, caratterizzano e qualificano il fenomeno culturale proprio della porchetta trevigiana». Differentemente dalla romana, realizzata con un suino intero, qui si parla di un prodotto ottenuto dal coscio di un maiale di circa un anno, cotto intero e con l’osso. Rita Capponi, titolare di Capponi & Spolaor, azienda della provincia di Treviso che le produce da una quarantina d’anni, assicura che «il grasso ha caratteristiche più simili a quelle dell’olio», perchè vengono scelti solo animali magri e da «un produttore che li alleva soltanto con mangimi vegetali». La porchetta trevigiana è quindi più delicata ed altamente digeribile: merito della cottura lenta – circa 12-13 ore – a fuoco lento. «Si può capire se una porchetta è stata cotta a dovere guardando la superficie esterna: se la cotenna è brunita e coriacea, significa che non sono stati rispettati i tempi lenti di cottura». A differenza di altre, più aromatiche, la trevigiana profuma docilmente di rosmarino, vino e salvia.

coniglio in porchetta
coniglio in porchetta

PORCHETTA RIMINESE: RICCHI RIPIENI E CONIGLI IN CRISI D’IDENTITÀ

La Romagna non è solo riviera. Nel magnifico entroterra riminese, lettini sdraio e night club cedono il passo a dolci colline d’ulivi. Qui dove i sapori di pescato e olio abbronzante, lasciano il campo ai più gustosi profumi di brace, sorge Saludecio. Nel grazioso borgo medievale, alle spalle del “divertimentificio” costiero, si tiene ogni anno la Sagra della porchetta, in cui la Regina degli arrosti troneggia su una corte di altre delizie romagnole. Marco Migani, è il titolare della macelleria Le Carni, nel cuore di Rimini, all’interno del Mercato Coperto. Da romagnolo verace ne realizza una versione davvero esagerata. «Disossiamo accuratamente il busto del maiale, composto dalla pancetta, le costole e il lombo. Successivamente condiamo con sale, pepe e aromi naturali per donare quel profumo speziato caratteristico di questa preparazione; rendiamo unico il nostro prodotto inserendo all’interno un cotechino di nostra produzione così da rendere distintivo il sapore della nostra carne; i nostri esperti collaboratori poi legano e cuciono con cura la carne con le proprie mani; per finire, la nostra porchetta viene cotta in forno per 4-5 ore a 200°». Ma se passate da queste parti c’è una porchetta davvero atipica che dovete assaggiare: il coniglio in porchetta va forte in quasi tutti i ristoranti dell’entroterra riminese. Si tratta di un coniglio, ma si crede un maialino: viene infatti cucinato con gli ingredienti e le tecniche della porchetta di maiale, farcendolo con un trito di lardo, sale, pepe, aglio e barbe di finocchio selvatico, steccato coi rametti finocchietto. Poi se ne spalma la superficie con lo strutto o col lardo e si cuoce al forno.

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porchetta toscana

CHIANTI: NON SOLO VINO, ANCHE PORCHETTA

La Toscana non detiene solo il record della porchetta più grande del mondo (nel 2010 quattro maestri norcini di Monte San Savino, nel cuore della Val di Chiana aretina, ne hanno realizzata una di quasi 45 metri, entrata nel Guinness World Records). Questa è anche la terra dove nasce la portentosa porchetta del Chianti: tripudio di sapori che non si discosta molto dalla versione romanesca. Nel Chianti si produce una porchetta di grandissimo pregio, morbida e delicata, dove le spezie non sovrastano il sapore delle carni. Coronata da una crosta friabile e croccante che si sciogli letteralmente in bocca. Quella tipica è massaggiata e condita con aromi naturali senza conservanti e legata a mano. Se possibile scegliete carni di allevamenti allo stato brado, che in zona sono abbastanza comuni.

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porchetta “italica” di Campli

CAMPLI: LA PORCHETTA DI TERAMO

La più antica sagra d’Abruzzo si tiene a Campli, uno paesello che è uno scrigno stracolmo di storia, di tesori d’arte e di sapori: la Sagra della Porchetta Italica inizia nel 1964 e continua tutt’ora. Oggi i porchettari camplesi, allievi dei maestri storici, preparano la porchetta con i sistemi d’una volta. Questa porchetta si differenzia dalle altre per gli aromi, i tempi e i modi di cottura che, nei giorni della Sagra, si spandono in tutto il paese. Salvatore Di Angelo, nella sua azienda conserva questa tradizione da oltre mezzo secolo, utilizzando animali di razza Pietrain allevati in loco e nutriti in maniera naturale, rispettando i metodi di preparazione, con la tradizionale cottura in forno a legna. Per garantirne il gusto e rinnovarne la storia. Una storia che lo appassiona «I decuriones romani -spiegano i Di Angelo – avevano dettato i modi dell’assaggio con una apposita delibera. Margherita d’Austria ne regolamentò la vendita e la qualità. La ‘porchetta italica’, definita così dopo che resti di maiale furono rinvenuti durante gli scavi della necropoli di Campovalano, con i suoi 3 mila anni alle spalle, ha una storia da raccontare».

PORCHETTA AL BARBECUE
PORCHETTA AL BARBECUE

PREPARARE LA PORCHETTA AL BARBECUE

Se l’acquolina è incontenibile ma non potete ancora visitare questi luoghi, ecco come preparare la porchetta nel barbecue di casa. Per avere una vera porchetta occorrerebbe un maialino di 40-50 kg ma se ne può realizzare una discreta versione casalinga con una decina di chili d’arista, un pezzo di pancetta e la cotica. Salare (33% del peso della carne) e pepare (3%), massaggiando la carne. Aggiungere il finocchio, il rosmarino e l’aglio tritato, facendone penetrare una discreta quantità nei tagli praticati all’interno. Volendo, spruzzate di vino bianco. “Ricomporre” il rotolo, ricucendolo e legandolo con spago di canapa o alimentare. Abbiate l’accortezza di strofinare la cotica con dello strutto, per aiutare la cotica a diventare più croccante. La cottura al barbecue dev’essere indiretta: preparatelo a 190°C stabili e ponete la porchetta dalla parte opposta delle braci, a coperchio chiuso. La cottura dura dalle 4 alle 5 ore, quindi organizzate un abbondante dose di birre e compagnia.

Di Silvia Strada 03/05/2016

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