AVANTI PORCO, ALLA RISCOSSA! DA UNA DELLE REGIONI PIÙ POVERE D’ITALIA ARRIVA LA STORIA DELLA FILIERA GRAN LUCANO DESTINATA NEGLI ANNI A LASCIARSI ALLE SPALLE TANTI COMPLIMENTI E PRODOTTI BUONI
Centottantamila maiali e così tante salsicce che se le mettessimo in fila avremmo una striscia lunga trentaduemila chilometri (in pratica la distanza da Roma a Sydney andata e ritorno). Non male. I numeri hanno l’imprimatur dell’ufficio veterinario regionale della Basilicata. Parliamo di grandi numeri che arrivano dalla Basilicata, una delle regioni più piccole d’Italia. Al centro di questa storia fatta di maiali, prosciutti, salsicce – e di una economia locale trainata (anche) da questo settore – c’è una piccola eccellenza da raccontare: la Filiera Gran Lucano.
Considerato che di materia prima ce n’è tanta e che rappresenta un oggettiva ricchezza gastronomica (e non solo) per una regione che pedala da sempre in salita, i padri della Filiera si sono dati un obiettivo preciso: riscattare un territorio troppo spesso dimenticato. Scordatevi principi con il cavallo bianco o indomiti guerrieri a cavallo di muscolosi destrieri. Qui la riscossa passa per un innocuo (ma goloso) maiale.
LA FILIERA GRAN LUCANO – IL MAIALE A KM ZERO
“Per andare lontano” – hanno pensato i fondatori della Filiera Gran Lucano – “bisogna puntare al Km zero“. Paradossi che funzionano. “Una filiera a Km zero rende tutto migliore: la qualità della carne, le condizioni di vita degli animali, il nostro lavoro, l’impatto ambientale. Non ultimo, il beneficio che tutto questo porta in un’ottica di competitività, perché riduciamo i costi di produzione“. Racconta orgoglioso Saverio Siciliani, che rappresenta la quarta generazione di una famiglia che con il bisnonno Carlo iniziò 120 anni fa a occuparsi degli allevamenti di animali. Insomma il prodotto costa meno, rende di più, è migliore e l’animale vive meglio.
LA FILIERA DEL SUINO LUCANO – ALLA CONQUISTA DEL WEST
Regole spicciole di economia: se un prodotto è valido esso avrà una fisiologica espansione verso nuovi mercati. È il caso del nostro maiale che, in questo caso, è andato – letteralmente – alla conquista del West. Ora, che il “west” in questione sia la Campania e non la California è un aspetto marginale della faccenda, l’importante è che questo progetto sia uscito dai confini regionali. “Il suino lucano nasce in Basilicata ma viene allevato, oltre che in questa regione, in Campania e Puglia, per un totale di quasi cinquanta aziende coinvolte” spiega Siciliani. Cinquanta aziende è tanta roba. Immaginate per un attimo l’indotto di queste cinquanta aziende e capirete perché abbiamo usato solo parole belle per raccontare questa storia.
Rispetto per l’ambiente, per gli animali, sostenibilità, competitività e un’economia fortemente radicata al territorio. Tutto questo si traduce in un progetto ben chiaro e strutturato, che ha dato finora ottimi risultati. E che muove verso obiettivi ancora maggiori. “Ora contiamo un numero di capi allevati che si aggira intorno alle settantamila unità. L’obiettivo per la fine del 2019 è di raggiungere, e superare, i centomila maiali allevati all’anno“. Praticamente, fra meno di due anni, un maiale su due in Basilicata sarà allevato e garantito dalla Filiera Gran Lucano. Prospettive di crescita che hanno ricadute benefiche sull’economia locale, ma non solo. Realtà come questa sono d’aiuto per conoscere i tanti prodotti tipici che – come del resto abbiamo raccontato nell’articolo “Viaggio enogastronomico in Basilicata” – questa regione ha da offrire.
di Alberto Incerti – 19 settembre 2018