IN LUNIGIANA – UNO SPICCHIO DI TERRA TRA TOSCANA E LIGURIA – PASCOLA L’AGNELLO DI ZERI, UN ANIMALE DALLE CARNI UNICHE AL MONDO, MA CHE TRA QUALCHE ANNO SE NON CI SI DA’ UNA MOSSA CORRE IL RISCHIO DI SCOMPARIRE
Quella dell’agnello di Zeri è una delle carni ovine più buone in assoluto, eppure questo animale che pascola da secoli in Lunigiana rischia di scomparire. Certo è ancora presto per parlare di estinzione, ma la strada imboccata purtroppo è quella e se non si cambia subito direzione il disastro sarà inevitabile. Il declino demografico della zaresca, la razza autoctona delle valli di Zeri, è riconducibile a tre cause principali: i dissidi fra allevatori, le miopie della politica e gli attacchi famelici dei lupi. “Così questa pecora che fino a qualche anno fa contava più di tremila capi, oggi ne conta meno di duemila,” lamenta Cinzia Angiolini, 50 anni, referente Slow Food per l’Agnello di Zeri.
Insomma, gli allevatori in Lunigiana soffrono e quando non chiudono le aziende meditano comunque di farlo. Il lavoro è diventato troppo complicato, troppe ansietà e soprattutto troppo esigui i guadagni. Tutte incertezze che mettono in crisi il settore, gettando ombre non solo su una razza storica ma anche su un patrimonio gastronomico di immenso valore. E proprio qui sta l’assurdo, perché con una carne così prelibata l’economia di queste valli in realtà dovrebbe volare.
AGNELLO DI ZERI : IL MATTATOIO DELLA DISCORDIA
A Zeri, paesino di montagna in provincia di Massa Carrara, tutto è cominciato a causa di una spaccatura fra produttori locali. Una divergenza su un mattatoio mobile che ha diviso la comunità in due fazioni. Quella della valle di Rossano, a favore della struttura mobile, e quella dell’omonima valle di Zeri assolutamente contraria. “La prima fazione – racconta Marco Cavellini responsabile del presidio Slow Food – sette anni fa acquistò per 120 mila euro un mattatoio ambulante. Somma poi coperta da uno stanziamento regionale che di fatto è stato bloccato dal comune”. Insomma, stando al racconto, il sindaco del tempo diede ragione alla seconda fazione che temeva di non vedere riconosciuta la propria produzione. “Perché non conforme al disciplinare del Consorzio per la tutela dell’Agnello di Zeri e quindi non certificabile,” spiega Marco.
Ne è nato quindi un contenzioso legale fra il Comune e gli allevatori della valle di Rossano. “Un contenzioso che – sottolinea il responsabile del presidio – ha dato ragione ai secondi”. Questi, però, senza più soldi per far funzionare il mattatoio, ovvero senza più risorse per smaltire i rifiuti e acquistare un impianto di refrigerazione, hanno dovuto virare prima sul mattatoio di Pontremoli e poi su quello di Follo, in Liguria. Ma i lunghi viaggi stressano gli animali finendo per alterare la qualità di una carne che, invece, è ottima e che per di più non viene consegnata in tempi brevi.
AGNELLO DI ZERI : ARRIVANO I LUPI
Nel frattempo ad aggravare la situazione ci ha pensato di nuovo la politica. Stavolta non quella locale bensì quella comunitaria. “Un progetto europeo avvallato dalla Regione ha reinserito i lupi in Lunigiana – racconta Marco – questa nuova razza di canidi, però, a differenza dell’ormai scomparso lupo dell’Appennino, è stanziale e quindi minaccia costantemente le greggi”. Una minaccia che scoraggia gli allevatori, i quali devono già affrontare malattie come la zoppina o la lingua blu.
“In genere i lupi – precisa Cinzia – in un attacco sbranano tre o cinque pecore, ma in un caso il branco ne ha ucciso addirittura trenta”. Di conseguenza l’allevamento che prima era libero è passato allo stato semi brado creando non pochi problemi alle pecore che ora, con un pascolo ridotto, non riescono più a nutrirsi come dovrebbero.
L’alimentazione a fieno è infatti aumentata quando, invece, questi animali dovrebbero mangiare quello che trovano nel bosco. Ovvero ghiande, frutta selvatica, castagne ed erba. Ma qui nasce il problema, “perché, – spiega Cinzia – nonostante siano stati introdotti i cani da guardia, alcune pecore per cibarsi restano indietro o si vanno a confondere in aree cespugliose”. E proprio in quel momento scatta inesorabile l’agguato che, ripetuto in circostanze simili, costringe gli allevatori a chiudere le aziende. Per questo motivo, dunque, gli allevatori invocano un dialogo con le istituzioni: per chiedere delle agevolazioni che attutiscano le spese necessarie a gestire il problema dei lupi.
AGNELLO DI ZERI : PRESERVIAMO UNA CARNE DALLE CARATTERITICHE UNICHE
Finora, però, non si sono registrati passi avanti in tal senso ed è un peccato perché si rischia di mettere a repentaglio l’esistenza di una razza ovina che ha una grande qualità. Quella di offrire carni molto prelibate. La carne dell’agnello di Zeri è infatti chiara, dolce e soprattutto non sa di selvatico. Una caratteristica unica tra gli ovini e che conserva anche in età adulta. In più, è anche una carne magra e soda. “Questi agnelli – spiega Cinzia – si macellano più tardi rispetto ad altri agnelli nazionali. A partire dal terzo mese di vita in su. Hanno, quindi, tutto il tempo di assimilare il latte materno, ricco di proteine e, grazie ai pascoli scoscesi, sviluppano anche muscoli più sodi. Infine, la loro carne è magra perché il grasso, essendo esterno, si elimina facilmente”.
AGNELLO DI ZERI: I PIATTI
Ma che piatti si preparano con l’agnello di zeri? Il piatto più noto in Lunigiana è l’agnello al testo. Il testo è un pentolone di ghisa che si compone di due parti: il sottano, dove si mette la teglia con dentro l’agnello, le patate più tutti gli ingredienti per aromatizzare la portata; e il soprano che in pratica è il coperchio che protegge la portata. La cottura avviene, quindi, alla maniera antica, in un camino scaldato dal calore della brace, ed è una via di mezzo fra la cottura al forno e quella al vapore. Ma con l’agnello di Zeri si preparano altri piatti. “Ad esempio, spezzatini, stracotti e in particolare – ci dice la nostra allevatrice – con la carne di pecora si produce anche un salame molto prelibato”.
Insomma, viste tutte le potenzialità di questa carne sarebbe auspicabile che le istituzioni raccogliessero le richieste degli allevatori della valle di Rossano stretti attorno al Consorzio e a Slow Food. Non solo quelle volte a proteggere l’agnello dai predatori, ma anche quelle volte a ripristinare il mattatoio mobile (comprensivo di recinto per la sosta delle pecore). Una struttura che garantirebbe una filiera più virtuosa e quindi un incremento della vendita di questa prelibata carne.
Di Gianluca Bianchini 11/09/2019