ENRICO CONTI RACCONTA COME LA SUA SCUOLA CRESCE UNA NUOVA GENERAZIONE DI MACELLAI: INSEGNANDO I SEGRETI DI UN MESTIERE ANTICO CON LO SGUARDO RIVOLTO AL FUTURO.
Se dici Prato pensi al distretto della moda, al Macrolotto 1 coi suoi 600mila metri quadrati di capannoni: un tempo vetrina dell’imprenditoria tessile locale, ora affondata in una crisi dalla lunga coda. Prato, la città dalle cento ciminiere: alle orecchie dei più è sinonimo del difficile dilemma dell’integrazione coi cinesi, che sfornano abiti pret-a-porter a prezzi stracciati. Ma la città toscana è famosa anche per la sua mortadella – nell’impasto un bicchierino di alchermes la rende speciale – quasi scomparsa negli anni Cinquanta e che ora sta vivendo una seconda giovinezza. La città toscana è patria dell’arista arrosto e del papero in umido coi maccheroni al torchio, il piatto principe della battitura del grano e della vendemmia, quando nelle aie si imbandivano grandi tavolate e contadini e braccianti erano ricompensati per le proprie fatiche. È la terra della Calvanina, una razza bovina autoctona, imparentata con la Chianina ma più piccola, muscolosa e meno grassa, da cui si ricava una carne pregiata. Oltre ai filati, ci vuole ben qualcuno che prepari paperi, vacche e insaccati.
NON SOLO TESSILE, PRATO “FILA” ANCHE A TAVOLA
Era il 1965 e mentre Prato legava le sue sorti al mercato tessile e alla moda, la famiglia Conti già si sperticava dietro al bancone, fra coltellacci e quarti di bue. Prima salsicce, salami, prosciutti, la capocchia (conosciuto altrove come coppa di testa) realizzata secondo l’antica ricetta, con limone, arancia e prezzemolo fresco. Negli anni ’90, Enrico Conti, ancora ragazzino, si unisce all’azienda di famiglia. Da un anno, proprio nella macelleria Conti a Villa Fiorita è nata l’Accademia Macelleria Italiana. “Da un po’ di tempo per la cucina è stato steso il tappeto rosso”, spiega Enrico Conti, “Esistono scuole di cucina, gruppi di barbecue e persino corsi per fare i cupcake, mentre non esisteva una scuola che insegnasse la macelleria. Notavo che le tecniche dei macellai andavano perdute: una sorta di medioevo, un periodo buio in cui stavamo dimenticando tecnologie utili. L’Accademia nasce grazie alla mia decennale esperienza come docente all’istituto Datini in ‘Tecnologia delle trasformazioni dei prodotti di origine animale’. Un nome complicatissimo per dire macellaio. Ma come, mi domandavo, alla gente fa così schifo la macelleria? Da qui, con l’aiuto dello chef Simone Falcini, che ha già 4 famose scuole di cucina in Italia, ho avviato l’Accademia. È il mio modo di tutelare un patrimonio italiano e dare un futuro a un tipo di attività altrimenti condannata. Perché se vuoi condannare qualcosa la togli dalle scuole”.
ACCADEMIA MACELLERIA ITALIANA: L’ESPERIENZA DI ENRICO CONTI
All’Accademia possono partecipare tutti: giovani e meno, neofiti o esperti del settore ricevono un percorso individualizzato. Ci sono tre tipi di corso, per il principiante, per il professionista e anche uno intensivo di due giorni per aggiornarsi sulle moderne tecniche di preparazioni senza additivi. “Abbiamo avuto ragazzi giovanissimi che ora hanno aperto la propria attività“, racconta Enrico. “Altri che hanno ringiovanito la linea. Le donne poi, sono degli schiacciasassi! Sono portate e apprendono immediatamente. Ma il vero spasso dell’Accademia è il suo essere estremamente creativa e senza limiti. Da un’edizione all’altra impariamo anche noi e selezioniamo il meglio delle ricette e tecnologie di tutta Italia. Non è certo una dimostrazione per signorine, ci si sporca le mani di marinature e di grasso, ma si impara con un approccio attuale e moderno. La novità è che abbiamo tutto scritto, invertendo questa tendenza della macelleria che è stato sempre un mestiere da imparare osservando e per passaparola”.
ACCADEMIA MACELLERIA ITALIANA: LE CINQUE FAMIGLIE
“Da alcuni mesi – spiega Conti – siamo presenti anche a Roma e abbiamo in progetto di sbarcare prossimamente a Milano. Ultimamente va molto di moda l’estremismo vegano e questo gioca contro la carne e l’arte della macelleria. Si è dipinto il macellaio come qualcosa di negativo. Ma, come tanti italiani, io resisto e spingo forte per la brace e per la carne: il nostro scopo è proprio quello di metterci un’estetica nuova e leggere il mestiere in chiave attuale e moderna. Puntando molto sulla presentazione, che non vuol dire solo apparenza: c’è tantissima tecnica e tecnologia. Facciamo marinature a osmosi sottovuoto, cotture a bassa temperatura,usiamo tecniche particolari. Ci occupiamo di creare le basi delle cinque famiglie principali: impanati, grandi arrosti, spiedoni, marinati e macinati. Per ognuna di queste ci sono le tecniche adatte. Oltre che della retorica vegana, i macellai sono stati poi vittime della grande distribuzione e manipolati dalle industrie chimiche che hanno fornito marinature già pronte e influenze dagli Usa e dal sud est asiatico. Ad abusarne, finisce che tutta la carne prende lo stesso sapore, da Messina a Miami. Noi abbiamo ricostruito le basi e diamo gli strumenti per attaccare e per difendersi dall’omogeneizzazione del sapore. Costruirsi ricette da soli: questa è la strada”.
ACCADEMIA MACELLERIA ITALIANA: RINASCIMENTO DEI MACELLAI
I corsi dell’Accademia, che vanno dai 500 ai 1.500 euro, permettono di conoscere i segreti della macelleria: “Non ti diamo ricette ma tecniche”, dice Conti. “Da ogni tecnica di base si diramano a radice infinite possibilità di sviluppare le tue ricette”. Per chi ha già la propria impresa ma non manca di curiosità. O per chi vuole imparare un mestiere che ha ancora molte risorse. Un lavoro antico da portare nel nuovo secolo, con tecnologie nuove e saperi tradizionali. È bella la speranza di Enrico: “Ci auguriamo un futuro rinascimento per questi giovani diplomati che sono già richiesti dal mercato del lavoro“.
Di Silvia Strada 01/09/2016