I MIGLIORI GRIGLIATORI D’ITALIA? NON CHIEDETELO AI MOLISANI PER UN POPOLO PREVALENTEMENTE AGRICOLO LA RISPOSTA NON PUÒ ESSERE CHE QUESTA: NOI E CHI ALTRI?
Avete mai organizzato una grigliata con dei molisani? Se la risposta è affermativa sappiamo di che si parla. Se non avete mai avuto questa fortuna non vi resta che leggere le righe che seguono e poi provare a farvi qualche amico da quelle parti.
In questa minuscola regione il fumo delle griglia segue da sempre le antiche vie dei tratturi, le famose strade delle transumanza. E quindi sulla brace si immolano soprattutto pecore e capre e solo in un secondo tempo suini e bovini. I piatti più famosi sono infatti le pezzate, i torcinelli, le pezzenti (salsicce suine) e infine ma non perché ultima anche la scamorza, ottima da cuocere sul fuoco.
Ma per capire qual è il clima culturale che si respira in regione, mentre si inala il profumo d’arrosto e si mandano giù litri di libagioni, abbiamo chiesto ad un nostro amico-lettore di spiegarci che cosa significa per i grigliatori molisani rinnovare l’antico legame col fuoco. La risposta? “Una figata molisana”.
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LA GRIGLIATA IN MOLISE TRA MAIALI E PECORELLE DA SBATTERE SULLA GRIGLIA
Sì, sono di Isernia….”. “Ah Isernia, vicino Roma”. “Ah Isernia, in Basilicata?”. “Ah Isernia, in Connecticut?”. Niente, non ci conoscono e non c’è niente da fare. Il Molise resta roba per molisani e i molisani ormai l’hanno accettato. Basta col #molisechenonesiste che a furia di dirlo la gente ha imparato l’hashtag, ma non la scritta dopo. Nell’inesistenza cerchiamo adesso di cavarcela da soli.
Chiuse le frontiere territoriali e geografiche, indetta l’autarchia economica, bisogna pensare a usare quello che c’è in zona. Siderurgia zero, miniere di diamanti niente, petrolio manco a parlarne, industrie pesanti nada, tecnologia e innovazione nisba.
E quindi? E quindi fregatevi voi che siete rimasti fuori, vi lanceremo missili di mazzafurri (le pannocchie “tomahawk”) in spregio e per farvi capire quello che vi siete persi. A piedi nudi sui prati ci andiamo a correre noi, inseguendo un po’ una libellula un po’ una bella pecorella giovine giovine da sbattere sulla griglia tipo film porno. Cavalcando maiali volanti che attraversano ciminiere, come da indicazione dei Pink Floyd, ci sporcheremo le mani di “tracchiulelle”, cioè costatine di porco elevate al livello 5 di Super Saiyan al sugo.
Nascosti nella boscaglia come gli ultimi giapponesi faremo finta di non sapere che è finita la guerra per evitare rotture di palle e cacciare a mani nude quei bei cinghialoni grassocci e annoiati come dei dipendenti pubblici che infestano i nostri boschi.
Berremo vino davanti al fuoco nelle sere d’inverno e nelle notti d’estate, pensando a scaldarci e poi ad arrostire, a scaldarci e ad arrostire, in un bailamme eterno e circolare fatto di libagioni e femmine che “Oh sto morendo di freddo”, ma non ce ne importa perché “Donna! Mettiti vicino al fuoco e scaldati, lì lì, vicino al capretto”.
Inebriati da cotanta bellezza per la pancia scivoleremo via sulle critiche dei nostri nemici al di là dei confini spalmati di olio Evo squisito e utilissimo a guarire le ferite dell’anima.
Vogliamo tornare a fare quello che facevamo agli albori dell’umanità, visto che l’età contemporanea fa abbastanza schifo. Torniamo a essere fichi come quelli che graffiavano i muri, che non avevano i risvoltini, non scrivevano con le “k”, non ascoltavano “Young Signorino” e pensavano che alla fine le cose importanti nella vita sono magnà, beve e fare qualche altra cosa che a parlarne è vietato ai minori.
Allora, sarà solo allora, al termine di questo viaggio interiore che tutti capiranno quanto è fico essere molisano e quanto è piacevole poter rispondere, alla domanda “Di dove sei?”, semplicemente “Sono molisano, ma fatti gli affari tuoi.
di Umberto Di Giacomo giornalista molisano e amico di Braciamiancora