A FORMA DI IGLOO PIGNA O PIRAMIDE ELICOIDALE IL BAKED ALASKA SI PRESENTA SEMPRE CON UNA FORMA CALDA E MOLTO ELEGANTE MA CON DENTRO INVECE UN CUORE FREDDO ED INCREDIBILMENTE GOLOSO
E’ un gelato tanto squisito quanto bizzarro, esce infatti da un forno rovente anziché da un normale frigorifero e il suo motto è: prendimi ora o mai più. E come dargli torto, si mangia subito, al momento. Per questo lo servono anche flambé, tanto la meringa che lo avvolge non lo farà sciogliere, anzi regalerà una sensazione inedita, mai provata prima.
Al palato, infatti, si avverte un contrasto irresistibile tra una superficie calda ed elegante e un cuore, invece, freddo ma goloso. Un cuore composto da una pasta bagnata nel rum e ricoperta da una morbida e gustosissima crema.
Per chi non lo avesse ancora capito, forse perché di gelati se ne intende poco, stiamo parlando del leggendario Baked Alaska, una chicca pasticcera nata nell’Ottocento e accolta dai più raffinati ristoranti americani.
Alcuni di questi ristoranti se ne contendono la paternità, ma resoconti attendibili non ce ne sono e l’unica cosa certa è che il Baked Alaska ha fatto la sua prima apparizione in Francia per poi diffondersi in tutto il mondo con diverse varianti, sia nella forma che nella preparazione della ricetta.
BAKED ALASKA NON LO HA INVENTATO UN PASTICCIERE
La tesi più accreditata è che a inventare questo igloo meringato, udite udite, sia stato un fisico inglese residente in Baviera, Benjamin Thompson. Benjamin, appassionato di cucina, a inizio Ottocento faceva esperimenti proprio in questo campo quando si imbatté in un’incredibile scoperta: la proprietà isolante dell’albume. Ovvero l’ingrediente che con lo zucchero forma il composto chiamato meringa. Fu così dunque che nel 1804 Benjamin si inventò l’omelette surprise.
Poi nel 1867, in occasione della fiera universale di Parigi, un cuoco francese utilizzò la sua invenzione per preparare un “dessert scientifico”. Ed ecco che al grande pubblico fu presentato il norvegian surprise, in “onore” del suo inventore, il quale però non era norvegese e comunque non se la prese a male visto che era passato a miglior vita.
Ad ogni modo, di lì a poco il nome di questa crème glacée sarebbe cambiato ancora. Bisogna sapere, infatti, che durante l’esposizione parigina, la Russia aveva ceduto l’Alaska agli Stati Uniti e il gelato, suo malgrado, finì per diventare l’emblema di quell’accordo. Un accordo all’apparenza sciagurato ma in realtà vantaggiosissimo. E così, in breve tempo, gli americani quell’igloo cotto se lo sarebbero ritrovato nei più raffinati menù del Paese. Ma con un nome nuovo di zecca: Baked Alaska.
COME SI PREPARA
Il Baked Alaska ha tante forme. Si presenta ora come un igloo ora come una pigna ora come una piramide elicoidale, ma al suo interno mantiene sempre le stesse caratteristiche. Per prepararlo si comincia con la base. Questa si forma con dei biscotti o con una pasta margherita, tagliata a fette e imbevuta con dell’alcool che a seconda delle preferenza può essere kirsch, maraschino o rum. Dopodiché viene uno strato di crema gelato, che a sua volta può essere ricoperto da un pâte à bombe (un composto montato a frusta preparato con tuorlo d’uovo, aroma di vaniglia e zucchero ).
Infine, si passa allo strato esterno, disegnato con albumi montati a neve, lavorati a spatola e spolverati di zucchero. A questo punto, il gelato viene messo in un forno molto caldo, affinché cuocia velocemente e, appena servito, si mangia subito per non perdere il meraviglioso contrasto fra caldo e freddo che tanto lo caratterizza. Oppure, per fare colpo sui commensali, si versa sopra del rum e si lascia il baked Alaska avviluppato in languide e sensualissime fiamme.
di Gianluca Bianchini 16/05/2021