COL LATTE DELLA BIANCA MODENESE RAZZA AUTOCTONA DELLA PIANURA PADANA SI PRODUCONO PRODOTTI CASEARI DI PREGIO E UNA CARNE MAREZZATA IL GIUSTO OTTIMA PER LA GRIGLIA
Nell’ultima pubblicità apparsa in tv sul parmigiano reggiano per descrivere questo straordinario formaggio vengono usate alcune parole chiave cui bisognerebbe porre grande attenzione, perché se spiegate bene fanno capire che non c’è un modo solo per produrre questa forma grande, tonda e dorata che ci viene invidiata in tutto il mondo. Fermo restando che va rispettato il disciplinare, è ovvio.
Tra le tante parole chiave – storia, territorio, latte e sapere dei casari – quella che mi piace di più è biodiversità. La biodiversità mi porta lontano dalle stalle per andare verso i pascoli di montagna, a 800 metri d’altitudine, dove l’aria è pulita e l’erba più ricca di aromi. Qui incontriamo le vere razze autoctone di questo territorio, quelle che per prime hanno dato la materia prima al parmigiano reggiano.
Mi riferisco alla Rossa Reggiana e in particolare alla Bianca Modenese chiamata anche Bianca Valpadana per il suo legame con il territorio. Oltre che in provincia di Modena, infatti, questa razza si è diffusa anche nelle provincie di Reggio Emilia, Ferrara, Mantova e ci sono allevamenti pure nel bresciano.
Seppure la Bianca Modenese produce un latte di grande qualità, in passato è stata sostituita dalla frisona, una mucca che non fa un prodotto migliore ma ha il merito di essere più produttiva. Più latte significa più formaggio e quindi maggiori vendite ed ecco perché la Bianca Modenese è stata abbandonata.
LA BIANCA MODENESE E IL SUO LATTE DI PREGIO
“L’abbandono della Bianca Modenese è iniziato con l’introduzione della mungitura meccanica perché non ha mammelle idonee a questa tecnica di lavoro,” spiega Alessandro Marchi, classe 1964, titolare del caseificio Rosola di Zocca (Modena). Anche per questo motivo dunque si è avuto un lento declino della razza che è passata dai 140 mila capi degli Anni ’50 ai circa 650 di inizio secolo.
Pochi esemplari e per giunta sparsi in vari allevamenti, una situazione problematica per la conservazione della specie. Per fortuna i casari locali non hanno dimenticato il latte pregiato di questa mucca e hanno pensato bene di tornare ad usarlo per produrre formaggi.
Il latte della Bianca Modenese è ottimo per la caseificazione e lo è per due motivi fondamentali: il buon rapporto fra grasso e proteine e una quantità elevata della frazione k delle caseine, ovvero si caratterizza per una coagulazione più rapida e resistente.
Così tornando ad utilizzare questo latte i casari hanno raggiunto due importanti risultati: si è salvata la Bianca Modenese dal rischio estinzione e si è prodotto un parmigiano reggiano dalle caratteristiche organolettiche superiori.
LA BIANCA MODENESE FA UN PARMIGIANO REGGIANO FAVOLOSO
“Col latte della Bianca Modenese si produce un parmigiano reggiano dalla tessitura più granulosa e friabile e con un bouquet di aromi più complesso,” afferma Alessandro, che ha avuto il merito nel 2005 di iniziare una produzione mono razza, un progetto subito molto apprezzato tanto che già l’anno seguente il suo caseificio è diventato un presidio slow food.
Nel progetto è coinvolta anche un’altra azienda, quella di Santa Rita di Serramazzoni (Modena) e la produzione complessiva dei due caseifici “non supera le tre forme al giorno,” ci dice Alessandro. Si tratta quindi di un prodotto di nicchia e in quanto tale costa il 40% in più rispetto al classico parmigiano reggiano prodotto con latte di frisona.
Ma, sul piatto della bilancia bisogna mettere “una stagionatura più lunga – spiega Alessandro – fino a 4 o 5 anni e un lavoro di recupero importante che ha portata la Bianca Modenese a raggiungere i mille capi”.
LATTE BUONO E CARNI GUSTOSE
La bianca modenese, pur essendo specializzata nella produzione del latte, storicamente era a triplice attitudine e questo significa che può essere usata anche per la produzione di carne. A tal fine si sacrificano vitelloni e vacche.
Quest’ultime in particolare offrono lombate marezzate il giusto e con una buona copertura di grasso. Una caratteristica che consente la frollatura del prodotto che così migliora in termini di tenerezza e sapore.
Con queste carni dunque si producono costate e fiorentine, ma anche tagli per brasati, stracotti e altre specialità locali. “La resa complessiva però è inferiore rispetto ad altre razze da carne – fa notare Alessandro – e con un consumo in calo è molto più conveniente impiegarla per la produzione del parmigiano”.
CONCLUSIONI
La Bianca modenese è l’ennesima conferma che un animale in via di estinzione lo si salva solo reinserendolo nel ciclo produttivo. Gli allevamenti, quelli virtuosi, sono dunque scrigni di biodiversità, perché proteggono razze sacrificate all’altare della produzione di massa.
Ma una maggiore produzione, lo ripetiamo da tempo, non è sinonimo di maggiore qualità e il latte di questa mucca lo dimostra. La sua complessità aromatica viene dai pascoli di montagna e da un’alimentazione biologica.
Paragoni con la frisona sono improponibili, perché come fa notare Luca Garavaglia, 54 anni, allevatore lombardo e referente del presidio slow food per la Varzese “questa mucca con lo stesso regime alimentare delle frisone produrrebbe addirittura meno latte e questo non avrebbe senso”.
Ha senso invece lasciare che la Bianca Modenese pascoli in montagna per produrre un parmigiano reggiano che porta sulle nostre tavole un gusto nuovo e un bouquet di aromi più ampio.
di Gianluca Bianchini 23/03/2022