DALLA CATALOGNA, DOVE RAPPRESENTA UNA TRADIZIONE IRRINUNCIABILE, ANDIAMO ALLA SCOPERTA DEL CALÇOT: UN PORRO DOLCISSIMO, PERFETTO DA METTERE ALLA BRACE, PER FARNE SCORPACCIATE IN COMPAGNIA. RIGOROSAMENTE DA MANGIARE CON LE MANI
“Occupez-vous de vos oignons” dicono i francesi, che in cucina raramente sbagliano. Un’espressione che significa “fatevi i fatti vostri” ma più letteralmente “occupatevi delle vostre cipolle”. E anche la regina Elisabetta ogni tanto se ne esce con un “Know your onions”, affine al nostro “conosco i miei polli”, qui in salsa alla cipolla (onion). Chi senz’altro conosce bene le proprie cipolle sono gli spagnoli – o meglio, i catalani – che da inverno a primavera festeggiano la calçotada, ingozzandosi appunto di calçots, cipollotti allungati verdi e bianchi, simili a porretti. In un tripudio di braci, salse dorate al peperone, carni alla griglia e vino a garganella.
CALÇOTADA
La Gran Fiesta de la Calçotada è un evento annuale che ogni inverno riscalda (letteralmente) la cittadina di Valls, capitale del calçot. I devoti della cipolla alla brace si riversano nelle stradine e nelle piazzette della città medievale e si assiepano dietro i barbecue fumanti. L’odore pungente dei cipollotti e della carne alla brace riempie le strade di Valls, a due passi da Tarragona, sulla costa dorata. Qui, fra le montagne e il mare, ci sono valli piene di fattorie, vigne, boschetti d’olive, e alberi di noci e mandorle con le quali fare la salsa romanesco (oltre alla frutta secca servono pomodori arrostiti e peperoni rossi, aglio e tantissimo olio d’oliva). I calçots sono cotti su fuochi aperti, in strada, finchè non diventano neri. A quel punto si può levare il primo strato del cipollotto, per rivelarne il gustoso e candido interno, e tuffarlo nella salsa romanseco. Di calçots è giusto ingozzarsi, senza stare a fare tante manfrine: ecco perché di solito si divorano in piedi, spargendo salsa ovunque e sporcandosi mani e gote di cenere, al limite indossando un grembiule, in quello che è un evento alimentare inevitabilmente disordinato. I carnivori non devono temere, perché alla Gran Fiesta de la Calçotada ci saranno montagne di carne grigliata e fiumi di vino rosso per sciacquarsi la bocca.
CALÇOTADA
Perché tanto chiasso su un’umile cipolla? Nessun esemplare è ordinario, il calçot deve misurare 15-20 cm essere dolcissimo e ha anche l’IGP (Indicazione Geografica Protetta), come lo champagne. Nel 1898, un contadino chiamato Xat de Benaiges, a Valls, raccolse le sue cipolle bianche cinque mesi dopo che erano state seminate e le ripiantò. Il suo esperimento ha dato alla luce il Calçot. Francesc Mateu, coltivatore, spiega all’Indipendent che in queste feste stagionali emergono sentimenti forti, di comunità e appartenenza: “Mi sono sempre sentito orgoglioso. Quando ero nei militari, 30 anni fa, ho messo su una calçotada per 500 persone: volevo mostrare loro come mangiamo a casa nostra. Il mio bisnonno li coltivava, noi li abbiamo sempre avuti nell’orto. Ma “il verbo” si sta diffondendo“. La domanda di calçots è quadruplicata negli ultimi anni: “Pensavo che con la crisi economica la domanda sarebbe calata, ma in 20 anni siamo passati da 75.000 a un milione di persone al di fuori della Spagna. Ora vogliono i miei calçot da paesi latinoamericani, li ordinano rumeni, svedesi, italiani. Ci hanno addirittura chiesto di esportarli negli Stati Uniti“. Come molti piatti derivati dalla tradizione contadina, i calçots sono stati ultimamente riscoperti dalla gastronomia contemporanea catalana, e non è difficile incontrarli nei menu di molti ristoranti, anche di fascia alta.
CALÇOTADA
Barcellona e dintorni sono diventati una delle mete internazionali della buona tavola e della cultura gastronomica. L’ondata di chef sperimentali come Ferran Adria, il fondatore del ristorante El Bulli che fa cucina molecolare, ha portato la regione alla ribalta. Ma anche chi ama piatti meno rocamboleschi (e magari più abbondanti), può restare soddisfatto. L’ Evening Standard ha fatto quattro chiacchiere col cuoco catalano Jose Suarez, chef all’Ember Yard di Londra. “Sono cresciuto in un villaggio del Baix Llobregat, vicino a Barcellona, nella terra del calçot. Queste cipolle sono la mia vita. Le amo molto ma forse mio padre – che le coltiva – le ama di più. Può mangiarsene una cinquantina alla volta. All’Ember Yard serviamo i calçots nel menun speciale, quindi in un’atmosfera decisamente diversa da quella alla quale sono abituato”.
CALÇOTADA
Avete acceso il barbecue? Volete mangiare calçots alla vera maniera catalana? Allora giù le posate: prendete con le mani un calçot alla griglia, immergetelo nella salsa e sollevatelo in alto sopra la testa. Rilassatevi, mettete il tutto in bocca e mordete la parte superiore della bianca radice succosa. Per i più impediti ci sono anche i video su YouTube per studiare bene prima di fare il grande passo.
di Enrico Cicchetti 08/12/2015