DOPO GLI HAMBURGER, I SALAMI E LE SALSICCE VEGANE ARRIVA ANCHE DA NOI IL FILETTO DI CARNE VEGANA CHE SANGUINA DI CUI NON SENTIVAMO VERAMENTE IL BISOGNO
Niente, non ce la fanno: i vegani non riescono a rinunciare alla carne. Ogni giorno spuntano sul mercato prodotti vegani che imitano prodotti carnivori. C’è l’hamburger sintetico, il wurstel di tofu, il salame di verdure e ora si sono inventati anche il filetto veg che sanguina. Alla fine della fiera questi prodotti sono tutti uguali: sono ammassi di materiali di origine vegetale che si tengono insieme grazie alla chimica e che devono sostituire gli elementi tipici della carne.
Si fa presto a capirne il motivo: marketing. Se vi vendessi un hamburger di piselli e patate che quando lo mettete sulla piastra di sgretola, lo comprereste ancora? E un salame vegetale che non potete tagliare a fettine? Ecco, quel lavoro di legame che nel mondo naturale viene svolto insieme da grasso, proteine, nervi e quant’altro, nel mercato veg è svolto dalla chimica. Odori, sapori, profumi e anche effetti visivi (come il sanguinamento) vengono così accuratamente imitati.
CARNE VEGANA: IL FILETTO CHE SANGUINA
È apparso per la prima volta sugli scaffali di Tesco, un’azienda della GDO britannica. A produrlo, è una compagnia olandese specializzata in prodotti vegani e vegetariani. Visto il grande successo d’oltremanica, presto questo ritrovato della scienza sarà anche sugli scaffali dei nostri supermercati.
Il gusto e la consistenza di “carne”, sono ottenuti con la sempre presente soia. A questa sono stati aggiunte proteine di frumento, ferro e vitamina B12: tutto ciò solo per levare il sapore di verdura dalla verdura e renderla più simile possibile alla carne.
Non è solo il gusto ad essere imitato. Anche l’occhio (marketing, ricordate?) vuole la sua parte. Messo sulla piastra o in padella, il simil-filetto fa la crosticina: la tipica reazione di Maillard che sulla carne vera è dovuta all’interazione di zuccheri e proteine. Quando viene affettato, il filetto di carne vegana sanguina perché ci hanno messo dentro il succo di barbabietola.
CARNE VEGANA: CHE BISOGNO C’È?
Ok, capiamo le necessità di vendita di un’azienda. Se è il mercato che lo richiede, è giusto che qualcuno si adoperi per fabbricare anche un finto filetto che sanguina succo di tubero. Quello che sorprende è la necessità di imitare così nel dettaglio un prodotto carnivoro, al punto da doverne simulare il sanguinamento.
Se i consumatori hanno la necessità di sentire tra i denti il sapore di ferro o vedere nel piatto il rosso del sangue, perché spendere milioni di euro ed energie (umane e ambientali) per produrre un filetto artificiale quando ci sono quelli veri?
Natasha Linhart, CEO di Atlante, azienda che distribuirà in Italia il filetto di carne vegana, spiega che: “è stato studiato e realizzato per tutti quei consumatori che vogliono ridurre il consumo di carne, senza però dover rinunciare al gusto e al sapore”.
La morale, secondo noi, è che l’uomo – anche quello più vegano di tutti – nel suo subconscio ha bisogno di carne. Non per un capriccio, ma per una mera necessità fisiologica. Insomma, la vitamina B12 e il ferro, tanto per citare due macronutrienti praticamente assenti nella dieta vegana, sono necessari per il nostro organismo. Il vegano avrebbe una opzione facile facile: integratori. Una bella boccetta e passa la paura.
Un bel flaconcino e tutto si risolve. Gli astuti studiosi della nostra psiche – ricordate il marketing? – sanno bene che tra una bistecca (seppur finta) e un flaconcino di plastica con dentro un siero dolciastro pieno di vitamina B12 alla fine vince la bistecca finta. La mente umana funziona così, punto. Se l’ideologia vegana spinge a non voler assumere una bistecca, il veg subconscio non la pensa così.
E per risolvere il contrasto ecco la soluzione: la bistecca che bistecca non è che fa sangue ma sangue non è. I vegani saranno contenti, i produttori pure e noi – che abbiamo solo il “difetto” di essere degli onnivori normali – assisitiamo a questo triste teatrino al sapore di soia. La riduzione di carne si ottiene consumandone meno ma di miglior qualità. Il concetto, molto semplice, sfugge però ancora a troppa gente.
Di Giulio Gezzi 14 Dicembre 2019