L’AGROALIMENTARE ITALIANO E’ UN COMPARTO D’ECCELLENZA CHE ASSICURA RISERVE DI ALIMENTI COME LATTICINI RISO E VINO MA SE NON DOVESSERO PIU’ ARRIVARE FORNITURE DALL’ESTERO L’ITALIA – AVVERTE FEDERALIMENTARE – SAREBBE COSTRETTA A FARE A MENO DI ALCUNI PRODOTTI BASE.
A causa dell’emergenza sanitaria le aziende italiane stanno affrontando una crisi economica senza precedenti, sicuramente la più grave dal Dopoguerra ad oggi. Il rischio è che si interrompa la catena dei pagamenti con un inevitabile effetto domino che farebbe crollare tutto il sistema. Dagli esercenti ai fornitori fino ai grandi gruppi industriali sono quindi tutti in ansia. Per evitare il corto circuito il governo ha varato alcune misure per assicurare liquidità, ma si tratta di provvedimenti ancora insufficienti: per evitare il blackout occorre, infatti, un sostegno più deciso da parte dell’Unione europea che purtroppo tergiversa.
Nel frattempo, in attesa che qualcosa di sblocchi, gli italiani cercano di far quadrato. Come? Acquistando solo prodotti nazionali. Ma una politica alimentare sostanzialmente autarchica è una soluzione davvero praticabile a lungo termine?
COMPRARE SOLO ITALIANO E’ O NO UNA SOLUZIONE PRATICABILE?
Secondo Agrifoodtoday, testata online specializzata sul settore agricolo e alimentare, no, l’autarchia non è una politica auspicabile e ci spiega il perché. Prima però fa il punto della situazione:
“Comprare italiano” è l’appello rivolto da tante associazioni di produttori dall’inizio della crisi del coronavirus. Con gli italiani chiusi in casa, gli unici consumi in crescita sono quelli del settore agroalimentare, ma è anche vero che gli addetti del comparto si trovano sotto una pressione inedita. Da una parte c’è la necessità dei lavoratori di proteggersi e la carenza di manodopera di stagionali stranieri che hanno fatto ritorno nel proprio Paese d’origine. Dall’altra c’è un potenziale stop alle importazioni dovuto ai provvedimenti di precauzione del contagio, con molti lavoratori costretti alla quarantena e con autotrasportatori esteri che evitano di venire in Italia.
AUTARCHIA ALIMENTARE : ACQUA, VINO E RISO
Poi Agrifoodtoday cita gli studi di Federalimentare, associazione che tutela e promuove l’industria italiana degli alimenti, per elencare quei prodotti che si possono considerare autonomi dalle importazioni.
Secondo l’associazione di categoria Federalimentare, il Belpaese può considerarsi autosufficiente, e dunque indipendente dalle importazioni estere, solo con riferimento ad alcuni prodotti. Tra questi ci sono senza dubbio l’acqua minerale, per la quale l’Italia è tra i primi Paesi produttori e consumatori a livello mondiale. Anche sul vino non vi dovrebbero essere problemi di approvvigionamento, considerato il primato italiano anche in questo settore. Quanto al cibo, non mancherebbe di certo il riso.
AUTARCHIA ALIMENTARE : PASTA, OLIO E CARNE
Ben più numerosi e importanti invece i settori che dipendono dalle importazioni. Tra i quali Federalimentare annovera alimenti insospettabili come, ad esempio, pasta e olio evo e altri notoriamente dipendenti dall’estero come carne, caffè e cioccolato. L’articolo continua, infatti, spiegando più nel dettaglio le difficoltà
Più problematico sarebbe, invece, l’approvvigionamento di pasta. Il comparto molitorio italiano è infatti dipendente al 40% da farine e semole provenienti dall’estero. Circa il 45% delle materie prime per la pasta made in Italy arriva dagli altri Paesi, secondo Federalimentare. Del tutto dipendenti dall’estero sono anche altri settori d’eccellenza del made in Italy alimentare, come il caffè – le cui materie prime arrivano al 100% dagli altri Paesi – e il cioccolato, dipendente dalle importazioni al 90%. Si registra, inoltre, una forte dipendenza dal commercio estero per quanto concerne le carni preparate (l’Italia importa il 40% delle materie prime). Persino per l’olio d’oliva, prodotto simbolo del made in Italy, si importa dall’estero il 60% delle materie prime necessarie”.
COMPRARE ITALIANO NON E’ LA SOLUZIONE
Infine, la testata del gruppo Citynews, sempre prendendo a prestito le analisi di Federalimentare, mette in evidenza come una politica autarchica in realtà possa portare solo alla perdita della nostra autosufficienza alimentare.
“Puntare all’auto sufficienza – spiega Federalimentare – è di certo un traguardo suggestivo e di grande valenza strategica ma si scontra con vincoli difficili da superare”. “Da un lato – spiegano i rappresentanti del comparto – va ricordato come l’agricoltura nazionale tra il 1990 e il 2017 ha perso tra i 17 e i 35 mila ettari l’anno di terreni coltivabili”. “Aspetto che – si precisa – ha di certo inciso sulla progressiva riduzione del tasso di auto approvvigionamento passato negli ultimi venti anni dal 90 all’83%”. “E questo – concludono – nonostante l’industria alimentare italiana tuttora continui a trasformare circa il 72% della produzione agricola made in Italy”.
Di Redazione 09/04/2020