DAL GAUCHO DELLA PAMPA AL PARRILLERO URUGUAIANO SI FA PRESTO A DIRE ASADO. LA STORIA DELLA TIPICA COTTURA SUD AMERICANA È LEGATA A DOPPIO FILO A QUELLA DEI CORAGGIOSI MANDRIANI
Scriveva Darwin di passaggio nelle pampas: “…con i capelli lunghi fino alle spalle, la faccia nera per il vento, il cappello di feltro, chiripà e stivali ricavati dai quarti posteriori delle giumente, un grande facòn sulla schiena sostenuto da un cinturone, mangiavano carne asada come dieta principale, a volte accompagnata da un po’ di mate o qualche sigaro.”
Era il ritratto dei gauchos, i leggendari mandriani del Rio de la Plata. Da loro deriva la principale tradizione culinaria della zona, l’asado. Il loro territorio si estendeva dalle zone più settentrionali dell’Argentina fino allo stato brasiliano del Rio grande do Sul ma i loro pascoli erano le infinite pianure dell’odierno Uruguay.
NON CHIAMATELO BARBEQUE
Asado Argentino, asado urugayano: ‘ma non sono la stessa cosa?’ “Ma che siete matti? Noi uruguaiani non grigliamo la carne, non prepariamo il barbeque: noi hacemos un asado”, ci dice Maximiliano Campari, giovane parrillero del primo ristorante uruguaiano in Italia. “L’asado uruguayano è composto da tutte le parti dell’animale. La carne viene salata prima e ben cotta, mentre in Argentina la lasciano più al sangue.” L’Asado di Montevideo va ben oltre la semplice grigliata: è parte delle tradizioni e dei riti familiari. “Una casa uruguayana senza una griglia è come una casa italiana senza il bidet.”
Ve lo ricordate l’EXPO di Milano? Ecco, di tutto quel circo culinario è sopravvissuto poco. Molti degli ex spazi dell’esposizione sono ancora lì, altri sono stati smantellati e ricollocati. Tra questi ci sono i pezzi del padiglione dell’Uruguay. Questi hanno trovato nuova vita nella cucina del ristorante el Primero, a meno di 20 chilometri da Milano, dove lavora Maxi. È proprio nella fiera mondiale del cibo che il giovane parrillero (solo 22 anni) ha imparato a stare davanti alla griglia di un ristorante.
“In Uruguay – ci racconta – si impara fin da bambini a grigliare la carne: ogni domenica, in famiglia, allo stadio prima delle partite si fa l’asado. Ma il discorso cambia nettamente quando lo si fa in un ristorante. Nel padiglione di EXPO ho iniziato come runner poi, siccome ai grandi Chef non gli andava di stare a grigliare, mi ci sono messo io.”
IL FUCO DEL GAUCHO
La cultura carnivora uruguaiana ha una storia secolare e ha origine proprio dalle tradizioni dei gaucho. I fieri mandriani, conosciuti per il loro coraggio e per le doti da allevatori, avevano una dieta principalmente carnivora. Ancora oggi, le razze bovine allevate in Uruguay sono le stesse che loro portavano al pascolo.
La Angus è quella più conosciuta e diffusa. C’è però anche la Hereford, razza bassa di statura ma massiccia. Entrambe sono particolarmente adatte al pascolo, resistenti e molto produttive. “La carne che ne viene – ci racconta ancora Maxi – è molto naturale e poco grassa: da noi le mucche sono tutte allevate all’aperto, ci sono poche montagne in Uruguay e questo facilità la diffusione dei pascoli e i vitelli fanno una vita senza stress.”
Proprio come gli antichi gaucho, anche Maximiliano griglia solo con la legna: “L’asado uruguaiano non prevede il carbone che non esiste da noi. Si fa tutto con la legna: questa è la tradizione dei gauchos.” I mandriani, infatti, preparavano l’asado al termine del loro lavoro.
Accendevano un grande fuoco attorno al quale si riunivano e si scaldavano: “c’era il parrillero che era addetto alla cottura dell’asado, mentre gli altri gauchos si occupavano degli animali, chiacchieravano tra loro, riportavano notizie da luoghi distanti.”
Il pasto e il fuoco erano quindi elementi di ritrovo e di confronto. La piccola comunità di mandriani, sparsi su un territorio vastissimo, cresceva letteralmente intorno al fuoco dell’asado.
L’INCUBO DEL GRILLER CHE IL GAUCHO NON TEME
Se volete cimentarvi nella cottura dell’asado uruguaiano, dovrete fare molta attenzione alle insidie che si celano dietro questa antica tradizione. Innanzitutto i tagli di carne: il piatto forte è l’asado de tira, anche conosciuto come l’incubo dei griller.
Il taglio è simile al nostro biancostato ma viene inciso in senso trasversale e con i muscoli della pancia ancora attaccati. È una carne molto tenace e anche gli asador più esperti come Maxi hanno il loro bel da fare per renderla tenera e buona: “è una carne molto saporita ma non si può mangiare al sangue. Bisogna cuocerla finché non perde i succhi dell’osso, quindi si gira.”
Paese che vai, carne che trovi, insomma. Il filo conduttore però c’è: che tu sia un carnivoro italiano o uruguaiano; che tu sia un gaucho della pampa o un buttero maremmano, intorno al fuoco e a una griglia siamo tutti uguali. Chissà cosa verrebbe fuori se mettessimo a competere un griller nostrano con un asador uruguaiano: “sicuramente vincerei io”, per Maximiliano la sfida è già lanciata.
Di Augusto Santori 10 dicembre 2019