DI GELATI DAI GUSTI STRANI E’ PIENO IL MONDO E NESSUNO NE SENTE L’ESIGENZA TANTOMENO DELL’ULTIMO ARRIVATO: IL GELATO AL MAIALE ENNESIMO OBBROBRIO AMERICANO
In principio era il gelato al Puffo. Poi vennero tutti gli altri gusti bizzarri. Erano gli anni ’80 quando fece la sua comparsa il curioso variegato di colore blu. Oggi le varietà con cui riempire il proprio cono (o coppetta) sono innumerevoli. E sono una più strana dell’altra. Ennesima prova che un prodotto italiano, quando esce fuori dai confini del Paese, è spacciato.
Di casi in cui i gelatai si sono spinti un po’ troppo oltre ce ne sono tanti e alcuni fanno proprio “gelare” il sangue: si va dal gusto Haggis (se non conoscete questa prelibatezza scozzese allora è il caso che leggiate questo articolo) della gelateria italiana Morelli’s a Londra, o quello al bacon di Rehoboth, nel Delaware (Usa), fino ad arrivare all’esperimento di Antonio Morgese, proprietario della gelateria Rigoletto a Milano, che in occasione di Expo 2015, aveva realizzato una bruschetta con gelato tricolore mettendo insieme i gusti pomodorini, pesto e (udite udite) lardo di Colonnata.
IL GELATO AL MAIALE: SUI-NO
L’ultima frontiera dei gusti “estremi” è rappresentata dal gelato al maiale, proposto dal caseificio Windy Brow Farms del New Jersey, negli Stati Uniti. L’ingrediente principale è il prosciutto. Quello del brand americano “Taylor”, tanto per essere precisi. Questo viene trasformato in una morbida crema, per essere servito con guarnizione di pane tostato francese, prosciutto caramellato e sciroppo d’acero.
“Ah…” è stato il commento – tutt’altro che entusiastico – di Andrea Fassi, nell’apprendere la notizia. Lui, che di gelati se ne intende (La Gelateria Fassi è una delle più antiche e apprezzate di Roma), e anche di sperimentazioni, ci spiega perché considera un esperimento del genere troppo audace.
“Io sperimento tantissimo e per me il gelato può essere sia tradizione che innovazione, ma fatta sempre attraverso i frutti della terra. Un gelato realizzato con ingredienti animali non ha senso. E lo penso pur non essendo, ci tengo a dirlo, vegetariano né vegano. Semplicemente non si sposa, a mio avviso, con la logica di questo prodotto.“
LE REGOLE DEL GELATO ARTIGIANALE
Che si trattasse di eventi gastronomici nella sua gelateria, o delle richieste di qualche amico chef, Andrea Fassi ne ha fatti vari di esperimenti, dal gelato ai funghi porcini, all’aglio nero o al formaggio, fino ai sorbetti “alcolici” al Mojito o al Moscow Mule. E dopo averci “rinfrescato la memoria” sull’importanza delle materie prime (argomento trattato approfonditamente nell’articolo Gelato artigianale come riconoscere le fregature), ci ha spiegato il procedimento che adotta per realizzare tutti i suoi gelati (sì, anche quello ai funghi porcini).
“Per me il concetto di artigianato parte da un modo di fare, cioè un modo di lavorare, quindi io applico al mio modo di lavorare le creme classiche alla gelateria sperimentale. L’unica differenza è che subiscono una lavorazione a livello di cucina. Per esempio i funghi porcini prima vengono cotti in padella, poi si procede al bilanciamento, come per un gelato normale. Ogni ingrediente ha degli elementi, acqua, grassi, fibre, proteine, e io li bilancio. Non ci sono semilavorati o prodotti succedanei. È esattamente come stare in cucina. La logica è la stessa.”
Se dunque doveste passeggiare per le vie del quartiere nel centro di Roma, sappiate che non troverete gusti strani, ma in compenso – e scusate se è poco – degli ottimi gelati tradizionali e artigianali. A noi però, alla fine, una concessione Andrea la fa: “seguendo l’onda di altri eventi culinari a cui ho partecipato, per voi di Braciamiancora posso creare un gelato alla prugna, da spalmare su una bella bistecca. Ma non potrei spingermi oltre“. E tanto ci basta per iniziare ad accendere la griglia e farci mandare da Monaco di Baviera una vaschetta di gelato alla birra (e chi poteva inventarlo, se non i tedeschi?).
di Alberto Incerti – 20 luglio 2018