DA CANICATTI’ PICCOLO PAESE IN PROVINCIA DI AGRIGENTO ECCO UNA STORIA FATTA DI AMORE PER LA PROPRIA TERRA E DI ORGOGLIO NEL FARE IL PROPRIO LAVORO DI MACELLAIO
Baffetti? Ci sono. Coppola? Sempre in capo. Accento siculo? E di quelli più veraci. Ecco a voi Gianni Giardina, ex picciriddu cresciuto all’ombra della Valle dei Templi, e di professione macellaio. Ha la sua macelleria a Canicattì, un paesino della lontana provincia di Agrigento, terra ricca di tradizioni e contraddizioni. Chi nasce qui ha davanti a sè due opzioni e una certezza.
La certezza è di rimanere per tutta la vita innamorato follemente di questa terra. Le due opzioni sono l’alfa e omega dell’esistenza: partire e lasciarsi la Trinacria alle spalle o rimanere e lottare per migliorarla. Gianni, 39 anni e una signorilità che lo fa assomigliare a un lord inglese, ha optato per la seconda scelta ed è rimasto a Canicattì. Di muoversi da Canicattì non ne vuole sentir parlare: provate voi a far cambiare idea a un siciliano doc come lui. E poi da “laggiù” si ha una bella prospettiva dell’Italia, dell’Europa e di dove sta andando questo lavoro.
Nel “continente”, essere spediti a Canicattì è una minaccia seria. È davvero un posto così remoto?
Noi siamo uno dei paesi più a sud della provincia di Agrigento: siamo più vicini al Nord Africa che a Milano. Fino a qualche decennio fa Canicattì era l’ultima stazione ferroviaria e più a sud di così non si poteva andare. Non siamo mai stati veramente isolati dal mondo ma di certo non è comodo da raggiungere.
Quindi perché hai scelto di rimanere a Canicattì, dove è più difficile raggiungere la tua azienda?
Innanzitutto per rispettare le tradizioni di famiglia: la macelleria Giardina va avanti da tre generazioni. E lo stesso vale per le nostre tradizioni artigiane. Noi siamo un’azienda familiare e ci concentriamo sulle carni pregiate a livello locale. Se ci spostassimo non potremmo curare i nostri vitelli e seguirli dallo svezzamento: non sarebbero più i nostri vitelli e non saremmo più noi stessi. Abbiamo scelto di rimanere piccoli tra i grandi e questo ci ha premiati.
Qual’è il livello dei macellai italiani?
La macelleria Italiana è molto alta rispetto alla media europea. Sia per quanto riguarda i tagli anatomici che per la lavorazione e preparazioni delle carni. Oggi le macellerie si stanno molto evolvendo e trasformando per garantire ogni tipo di prodotto: dalla materia prima, la carne, ai prodotti elaborati sia crudi che cotti.
Quale è la regione italiana con la migliore tradizione di macellai?
Per ogni regione italiana ci sono tradizioni diverse. Le esposizioni della carne sulle vetrine, le tecniche di disosso, al tipo di preparazioni: non esistono scale gerarchiche, ogni tradizione ha le sue specificità. E ognuna è bellissima e ognuna è una piccola chicca. Noi ad esempio, macellai siciliani, ci contrassegniamo per lo street food tradizionale: la ‘robba cotta’, composta dalle parti povere del quinto quarto o la ‘stigghiola’, fatta con le interiora d’agnello o ‘lu mussu’, che sarebbe il guanciale bollito.
Tu però conosci davvero ogni tipo di taglio. Gli amanti della griglia e dei tagli da bbq possono venire da te?
Ma certo. Sono almeno quattro anni che già servo amici e clienti amanti del barbeque. Buston Butt, T-Bone ma anche Asado e altri tagli internazionali: possiamo accontentare davvero tutti ma solo grazie al tanto studio. Molte persone vengono anche da altri paesi, da noi, perché sanno di poter trovare certi tagli.
Il mio macellaio di fiducia è giovanissimo e ben preparato. C’è un ritorno dei giovani verso questo mestiere?
È vero, c’è stato, negli ultimi anni, un certo ricambio generazionale ed è ancora in corso. Fortunatamente le nuove leve sanno bene quanto sia importante conoscere le antiche tradizioni della macelleria artigiana: conoscere tutto della carne, da cosa mangia l’animale a come fare il giusto taglio anatomico.
Cosa consiglieresti ad un giovane macellaio?
Se vuole crescere a livello professionale deve differenziarsi. Non deve mai puntare alla quantità ma alla qualità delle carni: sfruttare le eccellenze del proprio territorio, conoscere e controllare l’allevamento dei propri animali. Non solo Km Zero ma che sia controllato e certificato.
Hai fondato la nazionale italiana macellai e sei andato in Irlanda del Nord per partecipare ai campionati mondiali. Cosa comporta partecipare al World Butchers Challenge?
Soprattutto sacrifici. Vuol dire allontanarsi per molto tempo dalla propria famiglia e dalla propria attività. Noi tutti siamo macellai di professione; ognuno di noi ha la propria macelleria da portare avanti. La struttura che usavamo per allenarci, messa a disposizione da uno degli sponsor, era in provincia di Roma: non sai che viaggio, ogni volta, per arrivare da Canicattì.
Di Giulio Gezzi 21 Marzo 2018