LA GIOVENCA SANNITA E’ UNA NEONATA SELEZIONE DI SCOTTONE OTTENUTA CON VARI INCROCI TUTTI ALLEVATI GRASS FED NELL’APPENNINO MERIDIONALE
Negli ultimi anni il mercato della carne ha proposto marchi italiani molto interessanti, mascherati però da nomi esotici che tradiscono l’origine spesso straniera del prodotto. Penso, ad esempio, alla Swami beef del gruppo mfc carni, alla Sakura del gruppo Galli o alla Shiroi del gruppo bnf carni.
Una strategia di marketing rodata e remunerativa questa visto che sfrutta la scia delle super marezzate carni giapponesi, vale a dire il wagyu e tutte le sue derivazioni.
C’è chi però di questa strategia se ne infischia e ai nomi orientali preferisce, invece, i più comuni nomi italiani. Meno eleganti forse ma non per questo meno efficaci, anzi proprio perché sentiti più vicini potrebbero anche essere considerati molto più autentici.
Con questa logica, dunque, ha fatto il suo ingresso nel mercato nazionale la giovenca sannita, una selezione di scottone allevate nel Sud-Italia e in particolare nel Sannio, un’ampia regione (storica) che comprende la Campania Nord-orientale, gran parte del Molise e qualche lembo d’Abruzzo e Puglia.
A volere la Giovenca Sannita è stato Vincenzo Natale, un giovane e intraprendente macellaio napoletano, titolare di una piccola ma rispettabilissima bottega, che non appena è riuscito a perfezionare il suo prodotto non ha esitato a mettere sul banco delle lombate grasse e appetitose per farle conoscere a un pubblico il più vasto possibile.
LA GIOVENCA SANNITA E’ UNA SCOTTONA MOLTO GRASSA
“Quella della Giovenca Sannita è un’idea che mi è venuta non molto tempo fa nel 2018 e si ispira ai grandi marchi europei, che non mostrano interesse per una razza specifica, ma selezionano quei bovini più grassi allevati in una determinata zona. Ad esempio: in Polonia, Germania o Finlandia”.
Vincenzo, dunque, a furia di ordinare lombate per i suoi clienti, ha compreso che alcuni di questi capolavori possono essere replicati anche nel Mezzogiorno. La sua ambizione è quella di proporre una carne di grande qualità sulla falsa riga della vaca vieja gallega, un bovino che appunto non è una razza ma un insieme di razze allevate in Galizia in pascoli verdi e lussureggianti e soprattutto seguendo uno specifico disciplinare.
“Solo che dalle mie parti – si rammarica il macellaio partenopeo – sono abituati alla vacca che fa il latte non la carne, così ho preferito concentrarmi sulle scottone, prediligendo quegli esemplari geneticamente più predisposti all’ingrasso”.
LA GIOVENCA SANNITA, RAZZE E INCROCI
Queste scottone vengono da piccoli allevamenti sparsi nel Sannio, un’area vastissima che in Campania va dal casertano fino all’avellinese e grazie all’alta quota offre aria pulita e pascoli genuini. “Un’area da sempre votata all’allevamento tanto che la Campania è la ragione col maggior numero di Marchigiane,” snocciola un dato molto interessante Vincenzo.
Interessante sì, ma non proprio funzionale al suo progetto, visto che la marchigiana, pur essendo una signora carne, non sviluppa tantissimo grasso. Per questo motivo la giovenca sannita lavora prevalentemente con altri esemplari, in particolare frisone o incroci di: frisone, pezzate rosse, simmenthal, angus, bruno alpine e infine la stessa marchigiana.
Questi bovini proprio perché godono di molta libertà e di un’alimentazione sana e naturale non sviluppano una massa muscolare idonea alla macellazione e quindi è necessario un finissaggio negli ultimi mesi di vita affinché arrivino a pesare almeno sette quintali.
ALLEVAMENTO, DIETA E TIPOLOGIE DI PRODOTTO
Per la giovenca sannita Vincenzo ha messo a punto un ingrasso molto simile a quello australiano. Un ingrasso a base di mais e cereali che parte da un minimo di 60 giorni fino a un massimo 120 giorni. “Questa dieta finale – spiega Vincenzo – permette all’animale di produrre una carne più saporita e soprattutto di sviluppare, nell’arco di due anni e mezzo, un grasso interessante di colore giallo”. Un grasso giallo appunto come quello della vacca vecchia galiziana che il nostro macellaio vorrebbe tanto emulare.
Da questa impostazione, dunque, nascono tre linee di prodotto: la linea gold, realizzata con quelle scottone di 30 mesi molto predisposte all’ingrasso e che quindi presentano un livello di marezzatura elevato “pari a quattro o a cinque”; la linea intermedia realizzata, invece, con quegli animali che, pur avendo raggiunto i 30 mesi, non sono riusciti a dare il risultato sperato, raggiungendo un livello di marezzatura non superiore a tre; e infine la linea meno pregiata, comprendente quelle scottone che purtroppo non sono predisposte all’ingrasso e che comunque sono portate al macello una volta raggiunti i 24 mesi.
DISCIPLINARE, MAREZZATURA E GRASSO GIALLO
Dunque, dopo un periodo di circa tre anni, passato a capire come ottenere una carne qualitativamente omogenea, Vincenzo è riuscito finalmente ad ottenere un risultato standard con tre differenti linee di prodotto e ci è riuscito grazie a una metodologia di lavoro ben precisa riassumibile in un disciplinare che da una parte accosta la giovenca sannita ai marchi europei ed extraeuropei, dall’altra, invece, la avvicina a un grande brand italiano come il vitellone bianco dell’appenino centrale. Un disciplinare ancora migliorabile e in via di definizione è vero, ma che deve essere accettato da tutti gli allevatori del Sannio, altrimenti non si può parlare di giovenca sannita.
Al momento la produzione è modesta, si macellano al massimo tre animali a settimana ma il risultato, considerato la qualità della dieta e il valore aggiunto del pascolo in altura, vale sicuramente un assaggio. Parliamo, infatti, di una carne con una pronunciata marezzatura e una grasso esterno di colore giallo, ottima per offrire lombate idonee alla ristorazione, senza dimenticare gli avventori della bottega di Vincenzo, il quale consiglia di provare tutti gli altri tagli, più semplici preparati come gli hamburger. “Anche questi molto interessanti,” assicura invitando a metterli sulla piastra.
di Gianluca Bianchini 23/10/2021