GLI ALLEVAMENTI SONO ADDITATI COME GRANDI PRODUTTORI DI GAS SERRA, FRA I PRINCIPALI RESPONSABILI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI ACCUSE FALSE COME DIMOSTRRANO RECENTI RICERCHE SCIENTIFICHE
di Angelo Gamberini per Carni Sostenibili
Conti alla mano, la quantità di emissioni dannose generate dagli allevamenti è inferiore all’ossigeno prodotto e al carbonio sequestrato nel ciclo di allevamento e nella produzione dei foraggi. Così, il bilancio finale: l’impronta carbonio degli allevamenti, è del tutto a favore dell’ambiente. A certificarlo è la ricerca condotta da Roberto De Vivo e Luigi Zicarelli e pubblicata su Translational Animal Science.
Per raccontarne i risultati è necessario ricordare che per misurare l’impatto ambientale delle attività umane si usano due parametri: uno negativo con l’emissione di CO2, l’altro positivo con il sequestro di carbonio. Che equivale alla sottrazione di CO2 dall’atmosfera.
COME CALCOLARE L’IMPATTO AMBIENTALE
Per fare questi calcoli si procede dando una sorta di punteggio a ogni gas, in funzione del suo impatto ambientale. Così una molecola di metano vale 28 volte quella di una di CO2 e il protossido di azoto ben 298 volte di più.
Protossido di azoto e metano non sono citati a caso. Il primo origina dalle lettiere e dai liquami, il secondo dalle fermentazioni digestive dei ruminanti. Usando questi parametri di equivalenza è stato calcolato che il settore zootecnico ha emesso nel 2018 quasi ventimila tonnellate di CO2, il 65% di tutta l’agricoltura (ma appena il 5,2% del totale nazionale). Anche la FAO ha voluto fare conti analoghi, arrivando ad affermare che le attività di allevamento contribuiscono per il 14,5% alla formazione dei gas serra. Ma c’è gas e gas e le differenze sono importanti.
LA FOTOSINTESI
È necessario distinguere la fonte dalla quale questo gas arriva. Nel caso degli animali il carbonio emesso è quello fissato in precedenza dai foraggi con la fotosintesi ed è destinato ad essere riassorbito dal terreno e dalle stesse piante al termine del ciclo alimentare.
La fotosintesi, è bene ricordarlo, è un processo che non costa nulla sotto il profilo dell’energia e per di più immette nuovo ossigeno. Invece il carbonio originato dai combustibili è di origine fossile e la CO2 che si produce è di nuova formazione. In altre parole, mentre la CO2 prodotta dai processi energivori viene aggiunta all’atmosfera, quella generata dalle produzioni zootecniche è frutto di un riciclo di quella già presente.
L’IMPATTO DEGLI ALLEVAMENTI SULL’AMBIENTE
Partendo da queste premesse, le ricerche di De Vivo e Zicarelli si sono poste l’obiettivo di calcolare con precisione il bilancio fra sequestro di carbonio negli alimenti per il bestiame ed emissioni di CO2 per la produzione di carne, latte e uova. Il risultato conferma che l’allevamento non impatta sulle emissioni di gas climalteranti, ma al contrario contribuisce a ridurne la presenza. In pratica la quantità di carbonio catturata è del 10% più elevata di quella emessa.
Complessi i calcoli necessari per arrivare a questa conclusione, dovendo tener conto delle quantità di foraggi utilizzati, delle quantità di carbonio sequestrate dalle coltivazioni degli stessi foraggi e quella lasciata al suolo nelle radici. Poi le emissioni degli animali, alle quali aggiungere quelle dovute ai processi agricoli accessori (produzione di fertilizzanti, funzionamento dei mezzi agricoli e altro).
COME VANNO LETTI I DATI
Questi risultati mettono in discussione molte convinzioni sul rapporto fra zootecnia e ambiente. Gli allevamenti non generano nuova CO2, che per di più viene riassorbita, con un bilancio persino positivo per l’ambiente.
Tutti i parametri sin qui utilizzati sono allora da rivedere e le indicazioni della stessa FAO, quando attribuisce all’agricoltura il 14,5% delle emissioni di gas serra, vanno interpretate alla luce di queste risultanze. Così pure le valutazioni di Ispra, che alla zootecnia italiana attribuiscono un pur modesto 5,2% di emissioni di gas serra.
VERSO ALLEVAMENTI SEMPRE PIU’ SOSTENIBILI
Se gli allevamenti sono scagionati dalla responsabilità di contribuire ai cambiamenti climatici, ciò non significa che debba venir meno l’impegno per ottimizzare la loro efficienza, migliorando ulteriormente il bilancio fra CO2 emessa e quella sequestrata. Un impegno che procede senza sosta da tempo e che ha già consentito al settore zootecnico di ridurre del 12% le emissioni negli ultimi 30 anni.
Formidabile la riduzione dell’emissione di metano, scesa del 40% negli ultimi 50 anni. Un processo di riduzione che subirà una forte accelerazione grazie alle più recenti scoperte in tema di zootecnia di precisione e di alimentazione dei bovini. Nel frattempo, è bene saperlo, le accuse alla zootecnia, quando si parla di ambiente, sono frutto di scarsa conoscenza della materia. Quando non celano altri interessi.