PENSIONATI CON IL PORTAFOGLIO GONFIO SCAPPANO DALL’ITALIA (E DAL FISCO ITALIANO) PER ANDARE A RESPIRARE IL PROFUMO DELL’OCEANO. VI RACCONTIAMO LA VITA DEGLI ITALIANI IN PORTOGALLO: DOVE VANNO A FARE LA SPESA, COSA MANGIANO, QUANTO SPENDONO E PERCHÉ ALLA FINE HANNO TUTTI LA PANCIA PIENA E SODDISFATTA
Cosa mangiano i pensionati italiani che vivono in Portogallo? O meglio quali sono le specialità gastronomiche che li attendono una volta trasferitisi a Lisbona o nella regione meridionale dell’Algarve? Di loro sappiamo tante cose. Sappiamo, ad esempio, che hanno fatto l’ombrello al fisco italiano; che vivono in città più decorose; che trovano facilmente casa e che soprattutto godono di un ottimo sistema sanitario.
Qualcuno potrebbe obiettare: “sì ma così rinunciano alla cucina italiana” o “sì ma da noi si mangia meglio“. Vero, ma non verissimo. Insomma, stando ai racconti di chi si è trasferito in Portogallo, dopo qualche mese la cucina italiana non è più oggetto di rimpianto. Perché in Portogallo si mangia bene, il pesce abbonda, il vino non manca, si griglia alla grande e sopratutto si risparmia. Di questo se ne sono accorti tutti, tanto che i giornali tradizionali – quelli che la gente legge sempre meno e che trovate in edicola – ogni tanto dedicano all’argomento reportage, copertine e approfondimenti.
Complice la sua posizione geografica il Portogallo ha una cucina variegata, estroversa e piena di contaminazioni. Ce lo conferma Matteo Gabellieri, un architetto grossetano di 51 anni che dal 1998 vive a Lisbona dove lavora principalmente come guida turistica e che si è accorto di questa pacifica invasione dei nostri connazionali.
Matteo ci ha portato a spasso nella sua città di adozione tra mercati rionali, ristoranti e località dell’hinterland. Aiutandoci così a comporre un mosaico culinario vivace, fatto di piatti alla griglia, sia di carne che di pesce, tutti innaffiati con del buon vino locale. E il pesce, in particolare quello buono e fresco dell’Atlantico, è emerso come il gran signore della tavola lusitana.
PORTOGALLO, IL PARADISO DEL PESCE ALLA GRIGLIA : IL MARL
“In Portogallo i prezzi sono più bassi del 20-25% rispetto a quelli dell’Italia. – ci informa la nostra guida – Quindi qui si compra molta frutta, carne e soprattutto pesce. I Portoghesi ne consumano addirittura 55 chili all’anno contro i 25 degli italiani”. Insomma, il pesce in Portogallo è un’autentica manna dell’oceano. Una manna che in Italia possiamo solo sognarcela, ma che a Lisbona invece è la norma e quindi viene lecito domandarsi: da dove viene tutta questa abbondanza?
A Lisbona il pesce viene dal Marl (Mercado Abastecedor da Regiāo De Lisboa). “Il Marl – spiega Matteo – è il mercato generale. La zona adibita alla vendita del pesce apre all’una di notte e dista solo una ventina di chilometri dalla capitale, così in poche ore si possono rifornire tutte le attività della zona: pescherie, ristoranti e centri commerciali. Tanto che alle sette di mattina il pescato è già in vendita nei vari mercati di quartiere”.
PORTOGALLO, IL PARADISO DEL PESCE ALLA GRIGLIA : I MERCATI RIONALI
“Il mercato che frequento più spesso – spiega Matteo – è quello di Algés (località subito fuori Lisbona in direzione Cascais) ma il più fornito è quello di Alvalarde, un quartiere residenziale vicino al centro. È una struttura coperta, divisa in aree tra cui appunto quella dedicata al pesce, con alcune bancarelle che vendono anche marisco (i frutti di mare). Sulle bancarelle sono esposti molti tipi di pesce, in particolare quello azzurro. Oltre a orate e branzini, abbondano anche sardine, sgombri e sugarelle (carapaus) e tra i marisco non mancano gamberetti, aragoste, granchi e percebes (piccoli crostacei del nord della Spagna e delle coste rocciose portoghesi che vivono aggrappati alle rocce nella zona dove battono le onde).
“Quello che caratterizza questi mercati è l’offerta più ampia rispetto ai grandi centri commerciali dove si trova invece più pesce di acquacoltura. E ovviamente prima si arriva più facile è trovare il prodotto fresco.
“A volte i pescivendoli propongono anche dei preparati per cucinare piatti locali, ad esempio, la caldeirada”, una specialità al tegame composta da pesci come la razza, lo sgombro e la donzella. Ma a Lisbona il pesce va forte soprattutto alla brace. Un’opzione però impraticabile negli appartamenti del centro privi di terrazzo e giardino.
PORTOGALLO, IL PARADISO DEL PESCE ALLA GRIGLIA : LE TASCA
Quindi, a meno che non si prenda un villino nell’interno o nelle zone costiere più periferiche, dove notoriamente gli affitti sono più bassi, non resta che andare a mangiare fuori. Ed è una bella alternativa visto che l’abitudine è assai diffusa fra i Lisbonesi, i quali spesso e volentieri frequentano le tasca.
“Le tasca sono una via di mezzo fra bettole e trattorie dove è ancora possibile assaporare i piatti cittadini più tradizionali. Questi esercizi lavorano nei giorni infrasettimanali, soprattutto a pranzo, accogliendo una clientela varia ed abituale, che va dall’operaio al banchiere.
“La regola – prosegue Matteo – è di scegliere sempre il piatto del giorno, almeno per quanto riguarda il pesce, così si evita di mangiare prodotti congelati. Il menù alla griglia (ma non solo alla griglia) apre un ventaglio ampio che comprende tra le tante voci orate, branzini e baccalà. Ma molto richiesti sono anche saraghi, seppie e calamari. Alla fine il conto non è mai troppo salato. Diciamo che in una tasca come il Castiço (situato nel quartiere centrale della Baixa), per un piatto a base di pesce, più frutta, vino della casa e caffè il costo non supera i 15 euro.
PORTOGALLO, IL PARADISO DEL PESCE ALLA GRIGLIA : LA FESTA DI SANT’ANTONIO
Un’altra caratteristica delle tasca sono le roventi griglie a vista. Soprattutto nel mese di giugno quando vengono spostate fuori dai locali. “Ma attenzione, non sedete contro vento – avverte Matteo – vi prendereste del gran fumo in faccia impregnando gli abiti con l’odore di pesce”.
Cosa che puntualmente accade ogni anno durante la festa di Sant’Antonio (notte tra il 12 ed il 13 giugno, ndr). “La festa trasforma Lisbona in un’enorme griglia dove la parte del leone la fa senz’altro la sardina. Per meno di 10 euro spesso finiscono sul piatto esemplari da record, lunghi anche più di 20 cm”.
Occhio però ammonisce ancora Matteo, non tutto è oro ciò che cuoce sulla brace. “In genere sconsiglio il rodizio, una grigliata mista che con poco più 10 euro ti permette di mangiare pesce a volontà. Lo sconsiglio perché non è un piatto per intenditori.
Per intenderci, se si cena in un buon ristorante di pesce, fra i più quotati cito Aqui Há Peixe, il pesce lo scegli da una teca e lo paghi a chilo, non a porzioni. Certo, la qualità del pesce e del servizio incidono sul costo ma anche i ristoranti più cari ormai offrono menù abbordabili, dai 25-30 euro in su”.
PORTOGALLO, IL PARADISO DEL PESCE ALLA GRIGLIA : LISBONA E DINTORNI
Menù ancora più convenienti ma non per questo scadenti, anzi si può dire che sono ottimi, si trovano invece nei dintorni di Lisbona, in particolare a Setubal e Sesimbra. A Setubal Matteo visita spesso una tasca chiamata Nau, un baracchino che sorge su una piazza, dove tra maggio e settembre (mesi in cui è consentita la pesca alla sardina, ndr) offrono “sardine più piccole e saporite e a volte anche triglie grandi più di 25 centimetri, (salmonetes in portoghese), più care delle sardine ma ottime alla griglia”.
A Sesimbra invece il suo ristorante preferito è il Lobo du Mar. “Qui si trovano pesci di dimensioni più grandi serviti a tranci, come ad esempio la cernia o l’ombrina bocca d’oro (corvina in portoghese). Ma al Lobo do mar si possono assaporare anche ottimi scorfani di fondale (cantarilho in portoghese) e il pregiato “imperador“, (in italiano berice rosso o alfonsino). Ma tra i grossi esemplari dell’oceano a finire abbrustoliti si contano anche qui la cernia, la garoupa e la corvina”.
I nostri connazionali – che quando si tratta di cercare luoghi interessanti dove mangiare non sono secondi a nessuno – non ci hanno impiegato molto a trovare questi posti e a metterci le radici. Se li si guarda mentre se ne stanno belli paciosi con le gambe sotto il tavolo, o quando armeggiano di fronte alle griglie durante la festa di Sant’Antonio come se stessero qui da decenni, si capisce che sarà difficile rivederli in Italia. Chiamali scemi. “Scemo”, o sicuramente poco saggio, è semmai il Paese che li ha lasciati andar via.
di Gianluca Bianchini 08/09/2018