PER ALCUNI LE CARNI DI QUESTO MAIALE CHE ASSOMIGLIA ALLA PECORA SONO MIGLIORI DI QUELLE DEL PATA NEGRO IBERICO, ALTRI AZZARDANO DI PIU’ E SOSTENGONO CHE SIA PIU’ PREGIATA UNA SUA BISTECCA RISPETTO AD UNA DI KOBE ECCO PERCHE’ SIAMO ANDATI A TROVARE L’UNICO ALLEVAMENTO ITALIANO CHE LO FA CRESCERE TRA GHIANDE E PASSEGGIATE NEI BOSCHI
I maiali di razza Mangalica (o mangalitza) sono strani: hanno un pelo lungo, spesso e riccio che ricorda molto quello delle pecore. Sono molto apprezzate le loro carni e i salumi che ne derivano non hanno nulla a che invidiare ai più blasonati suini iberici. Noi di Braciamiancora siamo andati a scovare l’unico allevamento di mangalica in Italia: l’azienda agricola Villa Cavicina, provincia di Viterbo. Ecco cosa abbiamo scoperto.
IL MAIALE-PECORA : IL MANGALICA ESISTE
Una delle cose che (forse) non sapete del maiale-pecora, è che esiste davvero. È una razza tipica dell’Ungheria, tutt’oggi molto utilizzata per insaccati e salumi: il salame ungherese su tutti. Nonostante oggi sia tornato in voga, il Mangalica è stato sull’orlo dell’estinzione. Nell’800 e per buona parte del secolo scorso, il maiale-pecora era molto diffuso. Le sue origini sono sconosciute ma si ipotizza che provenga dall’incrocio tra maiale e cinghiale: una conferma che questa teoria non sia così bislacca lo si intuisce guardando i cuccioli di Mangalica: sono striati, proprio come i piccoli cinghialetti.
Sia in Italia che nel resto d’Europa, la sua carne era apprezzata e la sua resistenza fisica ne permetteva l’allevamento un po’ ovunque. Poi, con l’avvento degli allevamenti intensivi, al Mangalica vennero preferite razze più piccole di dimensioni e che ingrassavano molto più rapidamente.
Nel ‘73 il governo ungherese la dichiarò razza protetta e, sono sul finire degli anni ‘90, il maiale-pecora fu salvato dall’estinzione. Ad oggi se ne conoscono tre varietà, distinte dal colore del manto: bianco, biondo e rondine (nero con pancia bianca).
IL MAIALE-PECORA : LE DIFFERENZE TRA MAIALE E MANGALICA
Abbiamo già detto che il Mangalica non è adatto all’allevamento industriale, ma perché? Ce lo spiega Fabrizio Nocci, unico allevatore di maiale-pecora in Italia.
“Questa razza è assolutamente inadatta ad essere rinchiusa: ha bisogno di essere libera di pascolare nel bosco, perché si nutre principalmente di ghiande, che noi integriamo con mangimi naturali“.
In più, i tempi serrati dell’allevamento intensivo, cozzano con la crescita lenta del Mangalicaa: “I tempi d’allevamento possono essere lunghi: superano facilmente l’anno di vita dell’animale. Il maiale deve sviluppare il suo tipico strato di grasso che ne rende la carne così gustosa”.
Esattamente come per gli altri suini, anche del Mangalica non si butta via niente, compresa la pelliccia: “Niente abiti però, – Fabrizio ride – chi comprerebbe un maglione di maiale? Un tempo i peli venivano usati per i pennelli o come imbottitura isolante ma oggi i materiali sintetici costano molto meno“.
IL MAIALE-PECORA : IL MANGALICA SA DI PECORA O DI MAIALE?
Per gusto e consistenza, molti associano il Mangalica al Pata Negra iberico. Anche nel maiale-pecora, infatti, la presenza del grasso è davvero importante, un grasso che diventa più spesso – e saporito – man mano che l’animale cresce. “A circa 13 mesi di vita – ci dice ancora Fabrizio –, la corteggia di grasso dei Mangalica raggiunge i 7-8 centimetri di spessore ma può arrivare anche a 20. I miei studi, però, mi hanno portato a capire che oltre un certo tempo, l’animale continua a crescere solo nella sua parte grassa, mentre il magro rimane più o meno costante nel corso della vita”.
Proprio come il più famoso Jámon Iberico, anche il prosciutto di Mangalica è ricercatissimo. A paragone del collega spagnolo, il grasso del maiale ungherese è ancora più morbido. Anche per questo, qualche ardito, si è spinto a paragonare la carne di maiale-pecora al kóbe giapponese: il grasso si scioglie guardandolo.
IL MAIALE-PECORA : IL GRASSO DI MANGALICA
La sua ampia percentuale di massa grassa, ha contribuito alla quasi estinzione del Mangalica. Ancora una volta, le esigenze di mercato hanno avuto la meglio: alla gente non piace vedere il grasso. Nemmeno se è molto più salutare di tutta la soia che potete mangiare. “Il grasso di Mangalica contiene il 54% di omega3 e una bassissima percentuale di colesterolo. Proprio la sua vita semi-brada e il suo regime alimentare, concorrono a rendere il lardo così buono”, spiega l’allevatore.
Ciò che stupisce di più del lardo di questi mansueti parenti del cinghiale, è la sua consistenza in bocca. Questo, infatti, si scioglie a circa 37 gradi, il che vuol dire che basta averlo qualche secondo sulla lingua per sentirlo sciogliersi sotto i denti. Immaginatevi il profumo che si ottiene gligliando una braciola di questi maiali.
IL MAIALE-PECORA : PERCHÉ È COSÌ RARO
Gli allevamenti dei maiali-pecora, come detto, sono ormai pochi. Quasi tutti sono in Ungheria, dove la razza è protetta dalle leggi dello Stato: “Gli ungheresi non esportano animali vivi ma solo prodotti lavorati. Il nostro allevamento – ci dice ancora Fabrizio Nocci – è l’unico in Italia e non è stato affatto facile farlo crescere”.
Oggi, a Villa Cavicina, possiamo contare circa 750 maiali, tutti di razza Mangalica. “All’inizio avevamo anche la Cinta senese ma poi ci siamo dedicati solo al maiale-pecora. Nemmeno noi vendiamo gli animali vivi. L’allevamento di questa razza è faticoso e dispendioso: ci sono voluti più di dieci anni per arrivare a questo punto“.
La rarità degli allevamenti ha reso il prosciutto di Mangalica ancora più ricercato e ha contribuito ad accendere la rivalità con l’altrettanto costoso Jamón Ibérico: non rimane che dichiarare un vincitore.
Di Giulio Gezzi 23 Giugno 2018