VIENE DALLA CAMPAGNA UMBRA DELLA VALLE DEL TEVERE E PER ANNI È STATO CINSIDERATO UN PARENTE POVERO DELLA SALSICCIA E INVECE È UN PRODOTTO MOLTO BUONO SIA NELLA VARIANTE FRESCA CHE IN QUELLA STAGIONATA VI RACCONTIAMO LA STORIA DEL MAZZAFEGATO
Lo chiamano l’ultimo dei salumi umbri ma non perché sia sciapo o immangiabile, anzi è apprezzatissimo, sia dai locali sia dai turisti che ogni anno visitano la valle del Tevere e questo deve essere un concetto chiaro, perché ogni prodotto artigianale, anche quello ottenuto con gli scarti della macellazione, è e non può essere altro che un prodotto di grande qualità “e come tale – afferma Cesare Lucaccioni, macellaio e produttore di Bivio di Canoscio (Perugia) – ha un costo ben preciso, sotto il quale non esiste, non si può parlare di mazzafegato”.
Il mazzafegato è nato dall’esigenza contadina di non gettare nulla del maiale e quindi la tradizione vuole che si realizzi con la cosiddetta ripulitura di banco, ovvero con ritagli di carni rossa (guancia e spalle), parti di frattaglie (cuore e lingua) e infine, prima di insaccarlo nel budello, all’impasto si aggiungono le spezie. Da quelle più comuni come sale, pepe, aglio e noce moscata a quelle più particolari come, ad esempio, il fiore di finocchio selvatico (quello locale) e una grattatina di buccia di limone.
Il mazzafegato, quindi, per tradizione è l’ultimo fra i salumi umbri ad essere preparato, ma non è certo l’ultimo per gusto e sapore e oggi la sua riscoperta, con la proposta di una variante stagionata, diventa anche espressione del territorio e della sua antica tradizione eno-gastronomica.
IL MAZZAFEGATO, PIÙ SE NE PARLA PIÙ PIACE
Perché è importante parlare di mazzafegato? Perché è una salsiccia che fino a poco tempo fa rischiava di essere dimenticata, non ci sono infatti tanti produttori in giro e il ricambio generazionale non garantisce la conservazione di questa tradizione norcina che ricordiamolo è anche un’importante identità culturale per gli abitanti della valle del Tevere, una zona che si estende al confine tra Umbria e Toscana.
Cesare è uno dei pochi produttori rimasti e sa quanto importanti sono stati i fondi del piano di sviluppo regionale (psr) per rilanciare questo prodotto, ma per lui il rilancio, quello vero, passa per un altro aspetto fondamentale: la comunicazione.
“Parlare del mazzafegato – spiega – è molto importante, perché più se ne parla, più si favorisce la sua commercializzazione e magari in futuro i giovani saranno invogliati a continuare questa tradizione”.
IL MAZZAFEGATO E IL SUO TERROIR
Con i fondi del psr Cesare ha ammodernato il negozio creando anche un laboratorio per la produzione norcina, ma poi si è reso conto che ci vuole ben altro per farlo conoscere ed apprezzare.
“Il mazzafegato – afferma il norcino – è sempre stato amato dalla gente del posto, ma per spiegarlo anche ai turisti è necessario proporre dei percorsi di degustazione incentrati sulla valorizzazione del territorio che raccontino anche la sua storia e la sua cultura”. Ben venga, dunque, la possibilità di rendere più accoglienti negozi e aziende agricole ma non dimentichiamo cosa c’è dietro questo prodotto.
Il mazzafegato nasce nei vicini allevamenti della zona, dove i maiali crescono allo stato semi brado per almeno un anno e mezzo, un dettaglio importante che colloca il salume al di fuori della produzione industriale e questo incide non poco sul suo costo complessivo.
IL MAZZAFEGATO, COME MANGIARLO
Grazie alla variante stagionata e al suo sapore particolare che mette in risalto il fiore di finocchio selvatico, oggi il mazzafegato si può mangiare tutto l’anno. “Ma un tempo – ricorda Cesare – non era così, si produceva solo d’inverno per poi cuocerlo alla brace e accompagnarlo con erbe locali, in particolare gli spinaci (cotti), e con una torta al testo chiamata ciaccia sul panaro”. Ovviamente a questo abbinamento si può aggiungere anche il pane locale e un robusto bicchiere di sagrantino, “ma un qualsiasi rosso umbro va bene,” chiosa Cesare.
Insomma, abbiamo compreso che il mazzafegato non è il parente povero della salsiccia, tanto è vero che viene usato anche per farcire i ravioli, e per questo andrebbe fatto conoscere a un numero più ampio possibile di appassionati, ma magari senza eccedere, visto che è proprio la sua piccola dimensione a renderlo così unico e ricercato.
di Gianluca Bianchini 07/07/2024