IL PANINO CON LA MILZA: ALLA SCOPERTA DEGLI ANTICHI SAPORI DEI NOSTRI NONNI CHE PER FORTUNA ANCORA RESISTONO.
Non si può tornare da una vacanza trascorsa nel capoluogo siciliano senza aver prima assaggiato il famoso panino con la milza. E, come ben sanno i palermitani doc, questo non è un consiglio, quanto piuttosto una vera e propria regola. Sappiate, quindi, che rispondere di no alla domanda “Perciò, a Palermo sei stato? E u manciasti u panino ca meusa?” (Sei stato a Palermo? L’hai mangiato il panino con la milza?) sarebbe un vero e proprio sacrilegio. Nella lista delle cose da fare una volta atterrati a Punta Raisi, l’assaggio di questa specialità siciliana deve sicuramente essere posizionato in cima.
IL PANINO CON LA MILZA – “SCHIETTA O MARITATA?”
Pezzo forte appartenente alle antiche tradizioni gastronomiche sicule, la milza (meglio conosciuta come “meusa” in palermitano) va prima bollita insieme a ritagli di polmone e trachea di vitello, e poi tagliata a fettine molto sottili. Una volta terminato questo primo procedimento, va soffritta in una padella con della sugna insieme alle altre frattaglie. La cottura viene ultimata in pochi minuti, dopodiché il tutto può essere servito dentro un panino (solitamente viene preferita la pagnotta con il sesamo, ovvero “a vastedda”). Il bello, comunque, arriva nel momento in cui questa pietanza deve essere condita. La domanda che viene infatti posta prima di servire il cliente è una sola: “La milza la vuole schietta (nubile) o maritata (sposata)?” Nel primo caso a questa pietanza verrà aggiunto semplicemente un po’ di succo di limone, mentre il secondo caso prevede anche l’aggiunta del caciocavallo grattugiato (da qui il nome “maritata”, poiché il colore del formaggio richiama quello del vestito da sposa).
DAL MEDIOEVO AI NOSTRI GIORNI: TUTTI I LUOGHI IN CUI È POSSIBILE GUSTARE LA MILZA
Le origini di questo gustoso piatto, proprio dello street food palermitano, appartengono al Medioevo, periodo in cui nel capoluogo siciliano erano presenti diversi gruppi ebraici che lavoravano nei mattatoi della città. Quest’ultimi, non potendo ricevevere alcun compenso in denaro a causa della loro religione, venivano pagati tramite frattaglie da bollire e vendere al popolo. Solo qualche anno più tardi questa diventò la principale fonte di guadagno dei cosiddetti “caciuttari”, i quali cominciarono ad aggiungere la milza, prima bollita e poi fritta nella sugna, al pane con cacio che solitamente vendevano per strada.
LA MILZA REGINA DEI MERCATI
Regina indiscussa degli antichi mercati palermitani (Vucciria in primis), comunque, la milza può oggi essere gustata anche lungo le vie del centro storico della città. Per esempio, imboccando Corso Vittorio Emanuele direzione mare, proprio vicino Piazza Marina, troviamo una delle friggitorie più antiche di Palermo: quella di “Franco u vastiddaru”. Qui, oltre all’ottima qualità del cibo, si ha il vantaggio di trovare la focacceria aperta 24 ore su 24. Tra gli altri luoghi rinomati abbiamo, poi, “Pani ca meusa a Porta Carbone”, situato nei pressi del porto e “L’antica Focacceria San Francesco” (chiamata così perché affaccia proprio sull’omonima piazza), famosa anche perché un tempo era ritrovo di personaggi di spessore come Sciascia, Pirandello e Guttuso. Per ultimo, non però in ordine di importanza, troviamo Nino u ballerino pronto a servirvi lungo Corso Finocchiaro Aprile e conosciuto soprattutto grazie alla “coreografia” messa in atto nel momento in cui imbottisce il panino.
di Augusto Santori 20 giugno 2019
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