LO HANNO PORTATO I LONGOBARDI NELL’OLTREPO’ PAVESE E LI’, DOPO SECOLI, TROVIAMO IL SALAME DI VARZI DOP
“Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti…”. No, questa storia inizia dalla parte opposta alla provincia di Lecco, siamo nell’Oltrepò Pavese. E se il romanzo manzoniano punta al cuore, il romanticismo di questo racconto va dritto allo stomaco. In questo territorio segnato dal Po e attraversato da colline si scrive la storia di un prodotto che “promette” bene: il salame di Varzi. Quello tra la candida e friabile “micca” (“michetta”,più a sud nota come “rosetta”) e il vermiglio e profumato salume è un matrimonio che “s’ha da fare” e non c’è don Rodrigo che possa opporsi. Sono 15 i comuni lombardi a produrre questa prelibatezza: Bagnaria, Brallo di Pregòla, Cecima, Fortunago, Godiasco, Menconico, Montesegale, Ponte nizza, Rocca Susella, Romagnese, Santa margherita di Stàffora, Val di nizza, Valverde, Varzi, Zavattarello. Adesso che sappiamo dove trovarlo, cerchiamo di scoprire qualcosa in più.
IL SALAME DI VARZI: IL MAIALE “NOBILE”
Sapore aromatico e delicato, colore rosso vivo e aroma fragrante, influenzato dal periodo di stagionatura. La produzione e il consumo del salame di Varzi si fanno risalire al periodo delle invasioni longobarde (e viene da dire “altro che barbari!”). Le popolazioni nomadi erano abituate a produrre cibi di lunga conservazione da utilizzare durante le migrazioni, facilmente trasportabili e non deteriorabili. Insomma, il pane col salame di Varzi sembra un evergreen: intramontabile pranzo al sacco da sempre. Nella qualità del prodotto pavese un ruolo non indifferente hanno le condizioni climatiche e ambientali; per favorire l’instaurarsi di particolari processi enzimatici e di trasformazione biochimica del prodotto si sfruttano gli elementi naturali. Ma a fare davvero la differenza è la materia prima: “Noi usiamo esclusivamente suini allevati in Italia. La caratteristica che lo differenzia dagli altri prodotti è che impieghiamo tutti tagli nobili del maiale: coscia, lonza, coppa. Tutti tagli che normalmente sono destinati ad altre tipologie di salumi. Poi è un prodotto che viene insaccato in budello naturale”. A dirlo è il Presidente del Consorzio Salame di Varzi, Fabio Bergonzi, e tocca crederci.
IL SALAME DI VARZI: COME NASCE, DOVE “CRESCE”
La carne viene macinata e condita con la miscela di salagione composta da sale marino, pepe, spezie e un infuso di aglio in vino rosso filtrato. Questo particolare impasto è insaccato nel budello di maiale, forato e legato con spago a maglia fitta. La fase dell’asciugatura è fondamentale per l’avvio del processo naturale di lenta acidificazione e la successiva disidratazione, la durata è di 7-8 giorni. Anche questa fase della preparazione ha profumo di tradizione: la stagionatura avviene nelle antiche e caratteristiche cantine varzesi, dove il salame “sosterà” per un periodo abbastanza lungo (un’eternità per chi già assapora il momento dell’assaggio): dai 45 ai 180 giorni, a seconda del formato del prodotto.
IL SALAME DI VARZI LO DIFENDE IL CONSORZIO
Un prodotto tutto da conoscere e promuovere, e per questo ci pensa il Consorzio, grazie al quale il salame ha ottenuto la denominazione di origine. “L’attività del Consorzio – spiega il presidente Bergonzi – è di far sì che il prodotto garantisca determinate caratteristiche al consumatore nel rispetto del disciplinare. L’altro compito del Consorzio è di promuovere il prodotto nel territorio: territorio collinare dell’alta collina di Pavia, dell’Oltrepò pavese. Negli ultimi giorni abbiamo registrato un +13% di quantitativo di salame prodotto, in un momento in cui i salumi sono tutti in calo come consumi, direi che è un dato che ci conferma che stiamo lavorando bene”. Le iniziative per diffondere la conoscenza di questo prezioso salume sono diverse: partecipazione ad eventi, sagre, fiere e promozione nelle riviste di settore nazionali e internazionali. Il Consorzio si avvale di tutti i canali di distribuzione: salumerie, ristoranti per chi voglia andare di persona. Mentre per chi non si trovi nel pavese, alcuni produttori si servono anche della vendita online.
IL SALAME DI VARZI AL SALUMIFICIO MAGROTTI
A Montesegale, nel cuore dell’Oltrepò pavese, al salumificio Magrotti, una vera bottega d’artigianato nata 40 anni fa, la “star” dell’azienda è certamente il salame di Varzi, alla cui lavorazione il padrone di casa, Piero Magrotti, si dedica da anni senza risentire della crisi del mercato della carne: “Si tratta di un prodotto di nicchia, è controllato e tutelato. Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione alla qualità della carne da parte del consumatore e noi, offrendo maggiori garanzie, soffriamo meno la crisi del mercato. Durante le occasioni speciali, feste natalizie o semplicemente quando ci si ritrova con amici magari si porta in tavola un salame in meno ma si cerca la qualità del prodotto”. Si bada meno al prezzo, dunque, a favore della qualità. Il costo è più alto rispetto ad altri prodotti per una serie di fattori: dalla materia prima impiegata alla lavorazione a mano che influisce o la lunga stagionatura. Si va da un prezzo minimo (in offerta) che si aggira attorno ai 22 euro al chilo ad un massimo di 30 euro.
NON SOLO SALAME DI VARZI
A riposare nelle cantine del salumificio non solo il salame di Varzi. Magrotti accontenta i gusti anche più raffinati con salumi da cuocere preferibilmente in pentola o a vapore: “Non sono come il classico cotechino, perché quello è molto più grasso. Invece questi prodotti pur essendo molto morbidi, sono magri”. Piero Magrotti parla di salamella e di salàam de cöta: “Della lavorazione del maiale, mettiamo anche parti della testa, guanciale e un 25% di cotenna. L’impasto è lo stesso, la differenza sta nel budello: cambiando il budello cambiano le caratteristiche organolettiche e anche il sapore. Mentre il cotechino va mangiato sicuramente caldo, il salame da cuocere (salàam de cöta) può essere mangiato caldo ma tagliato sottile anche freddo. Si mette in acqua fredda e si fa cuocere a fuoco lento e va mangiato con un purè di mele o di patate, a seconda dei gusti personali. E’ un impasto che produciamo tutto l’anno ma, ad esempio, quando fa caldo è maggiormente richiesto il salame da cuocere proprio perché va mangiato freddo”.
di Ivana Figuccio 12/04/2016