AUMENTA IL CONSUMO DI CARNE DEGLI ITALIANI, ANCHE SE RESTA IL PIÙ BASSO IN EUROPA. CRESCE L’IMPORTAZIONE E DIMINUISCE LA PRODUZIONE NEL NOSTRO PAESE, MA IL 40% DEI CONSUMATORI È DISPOSTO A PAGARE DI PIÙ PUR DI MANGIARE CARNE ITALIANA.
Gli italiani nel 2016 hanno mangiato più carne dell’anno precedente, anche se il nostro rimane il Paese europeo con il consumo più basso: appena 79 kg a testa. Meno di francesi e tedeschi (che si attestano sugli 86 kg) e lontanissimi dalle prime posizioni di Danimarca (109,8), Portogallo (101) e Spagna (99,5). Nell’ultimo anno in Italia sono stati consumati 4,7 milioni di tonnellate di carne: se mettessimo in fila i tir necessari a trasportare tutto questo quantitativo, copriremmo la distanza tra Roma e Madrid. Ed è proprio dalla penisola iberica che arriva la maggior parte della carne che importiamo.
IL CONSUMO DI CARNE È MAGGIORE DELLA PRODUZIONE
In Italia vengono prodotte annualmente 4 milioni di tonnellate di carne, e se ne esportano 230 mila tonnellate. Non essendo sufficiente a soddisfare il fabbisogno nazionale, il resto viene importato prevalentemente dalla Spagna, dalle regioni del nord-est, Catalogna e Aragona. Di questi 1,3 milioni di tonnellate che arriva dalla penisola iberica, il 70% è costituito da carni suine e il 25% da carni bovine. Ed è proprio questo comparto ad aver subito negli ultimi anni il calo più brusco nella produzione italiana.
C’È SPAZIO PER LA CRESCITA
Il Censis rileva che dal 2010 a oggi sono state chiuse 4 mila stalle, e il numero di animali allevati è sceso a livelli che non si vedevano dal dopoguerra. A farne le spese sono gli allevamenti più piccoli e meno strutturati. Siccome il loro posto non è rimpiazzato dall’aumento di produttività degli stabilimenti più grandi, il risultato è un aumento dei costi delle importazioni, con conseguente aumento del deficit della bilancia commerciale.
CALA LA DOMANDA, MA NON L’ATTENZIONE AL PRODOTTO
Anche se in leggera ripresa quest’anno, la presenza di carne sulle tavole italiane ha subito una netta diminuzione dal 2008 ad oggi, complice la crisi economica, ma non solo. A incidere è stata anche l’errata interpretazione del rapporto dell’OMS sul consumo di carne rossa, che in ogni caso nel nostro Paese, come afferma sempre il Censis, è di gran lunga inferiore alla soglia di allarme. Analizzando come cambiano i consumi, il calo più incisivo si riscontra per i wurstel (-16,4%), la carne in scatola (-9,9%), la carne rossa (-2,8%) e il prosciutto crudo (-2,4%). Migliorano, invece, le preparazioni fresche di coniglio (+3%) e quelle di pollame (+1,1%). E migliora anche la consapevolezza degli italiani: l’82% afferma di controllare l’etichetta o di informarsi sulla provenienza degli animali.
di Alberto Incerti – 10 febbraio 2017