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QUELLA MAGIA CHIAMATA FUMO E I SEGRETI DELL’AFFUMICATURA

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CON CHE  COSA SI AFFUMICA LA CARNE? COL FUMO È OVVIO. MA SPESSO CIÒ CHE OVVIO SFUGGE PERCHÉ IN REALTÀ PIÙ CHE IL FUMO SONO I TANTI ELEMENTI CONTENUTI NELLA SUA MASSA GASSOSA A DETERMINARE LA MAGIA DELLA COTTURA. CONOSCERE QUINDI LA CHIMICA DI QUESTA MAGIA È IMPORTANTE. ECCO QUINDI ALCUNE COSE CHE PROBABILMENTE NON SAI SULL’AFFUMICAZIONE

di Marco Agostini per The Barktenders

Quando si inizia a prendere contatto con il mondo barbecue è quasi naturale estendere le proprie esperienze all’affumicazione. Si tratta di un gesto naturale, soprattutto se si sta iniziando il proprio percorso su un dispositivo a carbone (per i possessori di dispositivi a gas avevamo a suo tempo già affrontato strategie specifiche): è sufficiente prendere tra le dita una manciata di chips, buttarle sulle braci e aspettare pazientemente che il fumo faccia la sua magia.

Come spesso avviene per processi tanto intuitivi, l’estrema semplicità ed intuitività porta un inevitabile distacco dalla fase di analisi. Semplicemente non è necessaria, non è strettamente funzionale all’ottenimento del risultato desiderato. Ed è un peccato.

Perché provare a guardare il processo di affumicazione con una lente di ingrandimento, scindendola nelle sue parti, aiuta a capirne meglio i meccanismi e a governarne meglio gli effetti. Proviamoci insieme.

LA CHIMICA DEL FUMO : DA CHE COSA È COMPOSTO

La prima e più intuitiva distinzione è di natura essenzialmente fisica: il fumo è formato da una componente gassosa, costituita prevalentemente da anidride carbonica e vapore acqueo, all’interno della quale è sospeso un elemento corpuscolare e che grazie ad essa viene movimentato. La faccenda si complica quando si scende nel dettaglio: l’elemento corpuscolare contiene fino ad oltre 200 elementi conosciuti ed è proprio questo a generare la magia.

Ogni essenza ha una composizione differente e può essere più ricca di un elemento piuttosto che di un altro, generando in combustione un imprinting unico nei confronti del cibo investito dai suoi effluvi. Proviamo a raggrupparli quindi per famiglie e capire quale contributo ciascuna dà al risultato finale.

Come di consueto, siccome questo non è un blog di chimica e io sono ben lontano dall’essere un relatore all’altezza di sostenere un discorso in quell’ambito, ci limiteremo all’analisi degli effetti diretti della loro applicazione nel mondo del grilling e della cucina e nel farlo, giusto per alleggerire ulteriormente il discorso, apriremo delle finestre contenenti piccoli o grandi curiosità sull’argomento.

Un sorta di “non tutti sanno che…” della Settimana Enigmistica relativo all’affumicazione, quel genere di informazioni che vi aiuteranno molto poco durante le ore mattutine di preparazione del vostro cook off ma che vi aiuteranno un casino in quelle pomeridiane, nelle quali sciorinare le vostre conoscenze ai vostri ospiti di fronte ad un caffè e un limoncello.

LA CHIMICA DEL FUMO : GLI IDROSSICOMPOSTI

Ossia composti che contengono un idrossido OH. Sono molti, ma quelli che interessano a noi sono fondamentalmente due.

Gli Alcooli – Il nome probabilmente vi farà già capire il loro comportamento durante l’affumicazione: gli Alcooli hanno un potere solvente, antisettico e disinfettante. Ne esistono a catena lunga, con maggior efficacia antimicrobica, e a catena corta, maggiormente volatili. Gli Alcooli sono presenti in diversa misura in tutte le forme vegetali e la loro funzione in ambito barbecue si attiva quando vengono distillati e modificati dal calore, risultando molto efficace sulle forme vegetative batteriche ma sono privi di capacità sporicida. La loro azione avviene denaturando le proteine solubili superficiali, danneggiando il protoplasma cellulare e di conseguenza disidratandole (avete presente l’effetto di quando provate a pulire una superficie passando l’alcol con un panno?). Riassumiamo quindi cosa abbiamo imparato sugli Alcooli:

  1. Legni diversi sono caratterizzati da una diversa proporzione tra Alcooli a catena lunga e a catena corta, quindi la loro azione in termini barbecue sarà diversa a seconda del tipo di legno utilizzato
  2. Gli alcooli (soprattutto quelli a catena lunga) sono molto efficaci per abbattere la carica batterica superficiale degli alimenti. Non hanno invece alcune effetto sulle spore
  3. Gli alcooli (soprattutto quelli a catena corta) sono altamente volatili. Questo è il motivo per cui il barbecue cambia la propria percezione nell’arco del tempo e per cui si dice che il barbecue del giorno dopo è più buono: la parte agre degli alcooli si perde lasciando prevalere quella aromatica apportata dagli altri elementi.
  4. Gli alcooli contribuiranno ad asciugare superficialmente la carne posta in affumicazione.

I Fenoli – Sono molecole molto reattive che si combinano in modo reversibile alle proteine attraverso il legame di Idrogeno H, legame che poi diventa irreversibile attraverso la successiva ossidazione. Agiscono quindi modificando la struttura proteica superficiale, alterando sia i processi enzimatici che la respirazione cellulare.

I Fenoli hanno inoltre un elevato potere antimicrobico, che unito all’azione precedentemente decritta, ne fanno un potente sporicida, in grado di inattivare anche Mycobacterium Tubercolosis e Bacillus Anthracis. I Fenoli sono composti incolori ma con aromi fortemente riconoscibili e che ricordano spesso quello di molte spezie che solitamente ne sono ricche. Riassumiamo quindi cosa abbiamo imparato sui Fenoli:

  1. I fenoli coadiuvano molto bene gli Alcooli sull’azione conservante dell’affumicazione nei confronti del cibo aggiungendo all’azione antibatterica una sporicida.
  2. I fenoli modificano la struttura superficiale degli alimenti affumicati.
  3. I fenoli contribuiscono ad apportare molti degli aromi speziati che riconoscente naturalmente nelle cotture barbecue. Il Gusto e l’Aroma di fumo deriva in buona parte dai Fenoli

LA CHIMICA DEL FUMO : I COMPOSTI CARBONILICI

Ossia composti che contengono un atomo di Carbonio e uno di Ossigeno uniti da doppio legame C=O. Hanno principalmente due funzioni: un elevato potere sgrassante unito ad un’ottima capacità antibatterica. Il risultato è la caratteristica patina scura dall’aspetto ossidato che si forma sugli alimenti affumicati. La potete notare in modo più evidente quando affumicate senza applicare alcun rub.

LA CHIMICA DEL FUMO : GLI ACIDI ORGANICI

Ossia composti che contengono il gruppo carbossilico -COOH. Anche in questo caso il nome già dice molto sul loro comportamento: gli acidi abbassano il Ph superficiale degli alimenti, ovvero sviluppano in modo naturale le condizioni antibatteriche che sono alla base delle tecniche moderne di confezionamento dei prodotti a lunga conservazione. In altre parole è grazie (anche) agli acidi che l’affumicazione svolge il proprio di conservante naturale nei confronti del cibo.

LA CHIMICA DEL FUMO : I TERPENI

Ossia composti che contengono multipli di Isoprene. In ambito Barbecue forniscono essenzialmente un contributo in termini di aromatizzazione e nel formare una caratteristica pellicola sugli alimenti affumicati.

LA CHIMICA DEL FUMO : GLI IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI (IPA)

Sono molecole caratterizzate dalla presenza di anelli aromatici condensati. Presentano un punto di ebollizione molto alto ed una bassissima solubilità in acqua. Tipicamente si formano nelle combustioni di molecole organiche a temperature molto alte ma non sufficienti a completare la pirolisi e ne costituiscono quindi uno scarto. Il loro contributo è essenzialmente di natura aromatica, contribuendo ad apportare il tipico sentore “roasted” del grilling, quello riconducibile al concetto di “affumicazione naturale” che viene riconosciuto come l’elemento distintivo di una cottura in griglia rispetto ad una paritetica in padella. Si tratta di una classe molto ampia che comprende tra gli altri il famoso Benzopirene e il Dimetilantracene. A molti di voi questi termini risulteranno familiari perché si ricorderanno di averne sentito condannare la cancerogenicità.

Detta così, la cosa suonerebbe abbastanza allarmante se non fosse che gli IPA tipicamente si sviluppano tra i 400°C e i 900°C, dove chiaramente con questa temperatura si intende quella di combustione e non quella della camera di cottura. In altre parole potremmo dire che le condizioni che dobbiamo ricercare per minimizzare il problema sono quelle in cui nelle braci non c’è fiamma ardente. Non voglio dire che gli IPA nelle altre condizioni di cottura siano assolutamente assenti ma semplicemente che non bisogna esagerare con gli allarmismi.

LA CHIMICA DEL FUMO : OCCHIO AGLI ALLARMISMI

Vi faccio un esempio: è un fatto risaputo che il Basilico sia molto ricco di Metil-Eugenolo, che si è dimostrato essere potenzialmente cancerogeno. Ma cosa vuol dire esattamente “molto ricco”? “Molto ricco” rispetto a cosa? Si potrebbe presupporre che il Basilico ne sia molto più ricco rispetto alla media degli altri vegetali ma nulla si dice di quale sia il limite assorbibile dall’organismo senza apportare alcun danno.

Non ho dati specifici da fornirvi (più che altro perché non ho il tempo di cercarli, ma vi invito a farlo se volete e poi a confrontarci) ma conoscendo come funziona il mondo dell’informazione, sono convinto che si scoprirebbe che per avere una qualche influenza sulla salute, bisognerebbe mangiare un bancale di pesto al giorno.

Su un prodotto-orgoglio nazionale come il Basilico, nessuno si sognerebbe mai di scrivere una sciocchezza come “il pesto è cancerogeno” o “il basilico sulla pizza margherita è cancerogeno”. In altri ambiti meno “sconvenienti” invece la libertà di aprire la bocca e darvi sfogo diventa un diritto riconosciuto a chiunque.

La morale è: non fatevi prendere in giro, chiedetevi sempre il perché delle verità inconfutabili che vi vengono raccontate e ragionate con la vostra testa. Ma torniamo alla nostra affumicazione: in caso di cotture dirette stiamo attenti a non incorrere in fiammate e bruciature, nelle altre non ci deve essere una preoccupazione relativa alla produzione di IPA superiore a quella di altre cotture comunemente accettate.

LA CHIMICA DEL FUMO : CONSIDERAZIONI FINALI

Proviamo adesso a sfruttare al meglio queste informazioni, traendo delle conclusioni dalle quali derivare alcune regole per affumicare al meglio:
  1. La maggior parte delle reazioni descritte sopra avvengono a seguito della distillazione delle componenti della lignina ad opera del calore del nostro dispositivo. Ognuna lo fa ad una diversa temperatura, naturalmente inferiore a quella di produzione significativa di Benzopirene e Dimetilantracene. In generale comunque potremmo dire che l’efficacia dell’affumicazione cresce al crescere della temperatura. Questo spiega perché un’affumicazione a freddo richieda cosi tante ore per produrre i propri effetti. Gli altri elementi da tenere in considerazione sono però che gli effetti dell’affumicazione si hanno solo sui primi millimetri superficiali, un po’ come avviene per la marinata e per la salamoia e che la componente aromatica più rilevante, quella data dai fenoli si fisserà con la coagulazione delle proteine, il che avverrà tanto più rapidamente quanto sarà alta la temperatura. In definitiva, l’affumicazione migliore sarà un Trade Off tra temperature sufficientemente alte da attivare più reazioni possibili ma sufficientemente basse da lasciare un tempo adeguato a far si che la carne ne venga influenzata adeguatamente. Ecco perché un’affumicazione ad alta temperatura (es. 180°C) risulta in assoluto meno evidente di una in Low&Slow ed ecco su cosa si basa la scuola di pensiero del Hot&Fast che mira ad innalzare le temperature ad un livello in cui il contributo “roasted” degli IPA (aggiunto ad una maggiore reazione di Maillard) viene massimizzato pur mantenendosi su tempistiche idonee a sfruttare i vantaggi di una cottura a medio-bassa temperatura. 
  2. Quando iniziamo ad affumicare la camera di cottura si riempie di una densa coltre di fumo. Intorno ad un qualsiasi oggetto avvolto in una coltre stagnante si forma uno strato di aria spesso uno o due millimetri chiamato “strato di confine”. L’elemento corpuscolare mosso nel fumo, “scivola” così sullo strato di confine, depositando ben poco lungo il suo passaggio. La presenza di un rub sulla superficie contribuisce a renderla più irregolare e di conseguenza, maggiormente “aggrappante”. Il rub quindi non solo contribuisce a creare il bark ma anche a migliorare gli effetti dell’affumicazione e più il rub è grossolano e più questo risultare aggrappante nei confronti dell’elemento corpuscolare del fumo.
  3. Il fumo condensa sulle superfici tanto più c’è differenza di temperatura tra i due elementi. E più condensa e maggiore sarà l’elemento corpuscolare depositato. Risulta così intuitivo come il cibo più freddo godrà di un’affumicazione più intensa. La stessa cosa si può dire per il cibo umido (vedi water smoker e mopping): l’acqua non supererà mai i 100°C per definizione e fino a quando sarà presente, trasuderà abbassando la temperatura superficiale dell’alimento e incrementando gli effetti dell’affumicazione.

    Credits: amazingribs.com
  4. Indipendentemente dalla temperatura raggiunta dalla camera di cottura, il parametro per misurare la qualità dell’affumicazione sarà il livello di combustione dell’alimentazione. Braci sopite non faranno raggiungere al legno la temperatura sufficiente per innescare la distillazione delle sue componenti. Quando inizi ad affumicare quindi, per sfruttare al massimo l’affumicazione, aggiungi legno solo con lo smoker perfettamente stabilizzato e con le braci ancora perfettamente vive, senza cenere latente.

Adesso sei pronto a capire meglio cosa succede quando aggiungi una manciata di chips o un chunk nel tuo smoker e a ottenere il massimo dalla tua affumicazione. Sei pronto alla tua affumicazione 2.0?

Fonti:
ordiniveterinaripiemonte.it
genuineideas.com
amazingribs.com
seriouseat.com
chimicamo.org

 

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