Metti un forno apparentemente normale il Forno Sammarco, in un paese quasi sperduto del Gargano, di cui praticamente porta il nome. Metti che quel paese, San Marco in Lamis, è a un passo da un patrimonio dell’Umanità protetto dall’Unesco, Monte Sant’Angelo. Metti che il nome di quel forno, Sammarco, comincia a girare per tutta l’Italia, con i suoi panterroni e piccioni (panettoni natalizi e colombe pasquali geneticamente modificati), che arricchiscono le tavole delle feste. Il risultato è una storia imprenditoriale di riscoperta dei grandi ingredienti della propria terra, perfetta per un “c’era una volta”. Ed ecco la favola.
C’era una volta un paese in cui le fornaie erano tutte donne. Si chiamava San Marco in Lamis ed era stato per anni crocevia di pellegrinaggi, fra la vicina Monte Sant’Angelo e l’ancor più prossimo Santuario di Santa Maria di Stignano, che ancora oggi ospita i viandanti in cerca di spiritualità. La storia racconta che anticamente la fornaia era un buon partito: chi la sposava era sicuro di non morire di fame, perché un pezzo di pane a casa sua si trovava sempre.
È da una di queste fornaie che discende Antonio Cera, giovane sammarchese partito un bel giorno per studiare economia alla Bocconi. Laurea in tasca, Antonio torna da Milano nel suo paese e pensa che il suo futuro non è fra le scartoffie e i numeri, bensì nel forno di famiglia. Così si rimette a studiare, ma stavolta i libri erano fatti di lieviti, farine, impasti e tanta antica sapienza. Quella laurea però non va sprecata, perché Antonio fa crescere il forno fino a farlo diventare un’impresa di famiglia.
Oggi il Forno Sammarco è diventato un punto di riferimento della panificazione, non solo in Puglia, dove i confronti sono difficili da gestire, con i più famosi pani di Altamura o di Monte Sant’Angelo, ma soprattutto a livello nazionale. È un dato di fatto che i suoi Panterroni e i Piccioni sono riconosciuti fra i migliori prodotti da forno delle feste e non mancano una classifica di settore.
Se vi capita di passare dalle parti di San Marco in Lamis cercate il forno Sammarco. Vi stupiranno non solo i prodotti, ma anche l’armonia che regna in questo piccolo gioiello della panificazione. Antonio ha messo su una squadra d’eccezione, capitanata dalla mamma Lina e dalle zie Maria e Tanella. “Fra due anni – scherza Antonio – festeggeranno i 250 anni in tre!”. Per raccontarne solo una, poco prima di Natale, Antonio ha chiesto alle zie di sbucciare chili e chili di lampascioni, che poi sono stati canditi e messi in un panterrone studiato insieme a Corrado Assenza. Antonio lo definisce “sfruttamento di lavoro senile”.
Oltre ai prodotti delle feste, ci sono quelli di tutti i giorni, in primis e le dita. Queste ultime si chiamano così per la loro forma. Sono una sorta di taralli, ma non arrotolati, bensì tirati a forma di bastoncini. Si possono assaggiare in diverse versioni, dal grano arso al timo, passando per il finocchio e le erbe selvatiche che crescono nelle campagne circostanti. Attenzione, perché causano dipendenza.
di Roberto Serrentino – 8 maggio 2016