ESISTE SOLO UN UNICO MODO DI PREPARARE E UNA TARTARE: BATTENDO LA CARNE CON IL COLTELLO E CHI LO FA IN UN MODO DIVERSO STA IMBROGLIANDO
La tartare è un piatto che abbiamo importato dalla Francia ma non sono stati i cugini transalpini a inventarselo. L’origine è più antica e da cercare altrove: furono i tartari ad adottare questo modo di consumare carne cruda. Popolo guerriero e nomade dell’area turca-mediorientale, i tartari galoppavano per molti chilometri.
Per sostentarsi nei lunghi viaggi, erano soliti mettere della carne cruda tra la sella e il dorso del cavallo. Durante le cavalcate la carne veniva battuta e macinata: pronta per essere consumata senza tante preparazioni, ben insaporita sotto il culo del cavaliere. Oggi, per fortuna, abbiamo i coltelli e la tartare è diventato un piatto gourmet, per palati raffinati e per chi ha qualche euro da spendere.
Ma da cosa riconosciamo una buona tartare? “Dal colore della carne”. A rispondere sicura è Paola Marsella, grillchef di Master Steak House, un signor ristorante dalle parti di Cassino. “L’autentica tartare deve essere rossa e profumata, per questo non deve essere mai passata al tritacarne ma solo in punta di coltello.” Se la carne è stata macinata, nel piatto avrete un hamburger schiacciato, nient’altro: se qualcuno la chiama “tartare” sta imbrogliando. Fosse per noi, ci potrebbero essere gli estremi per il reato penale.
Per fare una tartare ci vuole il coltello, punto. Non è solo un vezzo o un particolare di poco conto: tra l’uso del coltello o del tritacarne, la differenza si vede e si sente. Non a caso, questo piatto viene conosciuto anche come tàrtara o battuta al coltello. È, infatti, con il coltello che viene macinata -o battuta- la carne.
TARTARE AL COLTELLO: COSA CAMBIA?
Una buona tartare, è fatta con carne cruda e va servita fresca. Attenzione però a non eccedere: non va mangiata fredda di frigorifero, altrimenti non si sentiranno gli aromi della carne fresca e dei condimenti. “La carne deve essere fresca ma non fredda” – spiega la nostra grillchef – “la temperatura ideale per gustarla al meglio, secondo me, è tra i 12 e i 15 gradi”.
Meglio quindi lasciarla qualche minuto fuori dal frigorifero. Tagliare e battere la carne al coltello, poi, ne preserva le proprietà sia organolettiche che nutrizionali. Quando viene macinata, invece, la carne si scalda e il sapore ne risente. Il risultato sarà una polpetta schiacciata e dove inesorabilmente vengono schiacciati anche i sapori.
LA TARTARE E L’IMPORTANZA DELL’EQUILIBRIO TRA CONDIMENTO E CARNE
La consistenza all’assaggio è infatti un altro elemento di distinzione tra carne battuta e macinata. “Nella tartare è importante riuscire a equilibrare il sapore della carne con quello dei condimenti” ci dice Duccio Bruttini, grillchef di Beef Bazaar di Roma. “Le nostre tartare -ci spiega- sono composte per il 70% da girello e 30% di filetto.”
La materia prima, anche in questo caso, è la chiave. Ce lo conferma Duccio: “la carne ideale per la tartare deve essere magra, tenera e saporita. Per questo il girello, il filetto e il controfiletto sono i tagli ideali. La fassona piemontese e la chianina sono le razze più adatte: zero grasso, colore sanguigno e in bocca sono uno spettacolo“.
Quando mettiamo in bocca una tàrtara macinata, non abbiamo nulla da masticare: il tritacarne ha fatto già tutto il lavoro per noi. Quindi buttiamo giù il boccone quasi subito, insieme a tutti i suoi condimenti. Con la battuta al coltello, invece, i pezzettini di manzo sono più grossolani e dobbiamo masticarli per poterli ingoiare. Questo ci permette di avere sotto i denti anche gli altri ingredienti: ne sentiamo i sapori e questi arricchiscono il gusto della carne.
Un’ultima distinzione tra tartare fatta al coltello e quella passata al tritacarne, sta nella preparazione. La carne di manzo cruda e macinata, è più veloce da preparare e più pratica da conservare. Invece, la battuta e l’autentica tartare, hanno bisogno di più attenzioni e, soprattutto, della mano dello chef che deve tagliarla sul momento.
Questo influisce – e non poco – sul costo del piatto e sui suoi tempi di lavorazione. È per questo motivo che in alcuni ristoranti, per risparmiare tempo e denaro, si ricorre ad alcune scorciatoie: la tartare macinata è una di queste.
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TARTARE IN CASA: QUALCHE ACCORTEZZA
Andare al ristorante e fare i criticoni con i camerieri è uno sport in cui sono buoni tutti. Ma come ve la cavate con la tartare fatta in casa? Già immagino i saputoni: “e che ci vuole, basta tagliare la carne col coltello e metterci olio e sale”. Vero ma fino a un certo punto. Quando trattiamo carni crude, infatti, il pericolo contaminazione è sempre in agguato.
È quindi opportuno prendere precauzioni per evitare il rischio di infezioni batteriche. Innanzitutto rivolgetevi a esercenti di fiducia. È importante non interrompere la catena del freddo: se il percorso dal macellaio a casa è troppo lungo, munitevi di una borsa refrigerante. Quando preparerete la tartare, poi, assicuratevi che utensili e piano di lavoro non siano contaminati: lavate i coltelli e il tagliere prima dell’uso, stando attenti a usare strumenti diversi per diversi tipi di carne.
Infine un consiglio dai nostri chef sull’impiattamento. “La tartare è un piatto elegante e richiede cura anche nella presentazione -sottolinea la chef Paola-: sono da evitare sia l’effetto hamburger che quello da polpetta schiacciata.” Posizione su cui concorda anche Duccio: “Se facciamo un battuto troppo grossolano, la tartare si sarà disfatta prima di arrivare al tavolo; di contro, saremo costretti a pressare troppo la tartare tagliata finemente per impiattarla.” Insomma, per essere un piatto nato sotto il culo di un tartaro al galoppo di strada ne ha fatta davvero tanta.
Di Augusto Santori 1 giugno 2020