LE CAMPANE A MORTO PER UN MESTIERE ANTICO QUANTO LA STORIA DELL’UOMO POSSONO ATTENDERE A PATTO CHE I MACELLAI OGGI SAPPIANO COME MUOVERSI: ECCO UN PICCOLO MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER NON FARE LA FINE DEI DINOSAURI
“Non ci sono più i macellai di una volta” e “la macelleria sta scomparendo” sono ormai dei mantra che sentiamo ripetere spesso. Lo sentiamo dire da alcuni clienti, che lamentano a volte la difficoltà di trovare macellerie all’altezza delle aspettative. Lo sentiamo dire ai ristoratori che, nella loro eterna lotta tra qualità e prezzo, vengono corteggiati più da “venditori di carne” che non da “artigiani della carne”.
Il bello è che il mantra lo sentiamo ripetere anche agli stessi addetti ai lavori. Insomma sembra che dopo i dinosauri e i Jalisse, anche la categoria dei macellai sia destinata a scomparire. La causa di questa catastrofe? Per alcuni è l’incompetenza, per altri è una questione di mercato. I più accusano un asteroide chiamato GDO che arriva, si schianta e spazza via tutto ciò che ha intorno. Ci siamo chiesti, allora, cosa potrà salvare questa professione a rischio d’estinzione: quali caratteristiche deve avere il macellaio del futuro? Le risposte le abbiamo trovate in chi non si arrende ad essere considerato un pezzo da museo.
IL MACELLAIO DEL FUTURO : DALLA MAGIA DELLA BOTTEGA PARTE LA RINASCITA
“Il macellaio del futuro è più lontano possibile dal supermercato”, Carlo Ferrando, di professione macellaio, lavora in una piccola bottega di Genova. Per lui, “il macellaio deve fare il bottegaio: è quella la dimensione in cui la professione dà il meglio. Se ci mettiamo a competere con la grande distribuzione perdiamo in partenza e, soprattutto, non offriamo al cliente ciò che cerca in noi: competenza e qualità“.
La bottega, però, non deve diventare una campana in cui rifugiarsi e difendersi dagli attacchi esterni. “Per sopravvivere al futuro c’è solo un modo: uscire dalla bottega” Andrea Laganga, macellaio di Grosseto e componente della Nazionale Italiana Macellai, ha ereditato la macelleria del padre e, insieme ai suoi fratelli, ha fatto crescere l’attività di famiglia. “Uscire fisicamente e mentalmente dalla bottega per poi tornare. Aprire la mente, conoscere e studiare per stare al passo con le richieste dei clienti e del mercato.” È questo che salverà il macellaio del futuro. Quindi dopo aver letto questo articolo prendete e partite. Dove? In qualunque posto possiate imparare quella cosa di cui non immaginavate nemmeno l’esistenza.
IL MACELLAIO DEL FUTURO : MODALITA’ IMPRENDITORE ON
Stare in bottega, come detto, non significa isolarsi dal mondo e dalla realtà. Oggi la figura dell’artigiano e quella dell’imprenditore sono sempre più affini: “Il macellaio non è più solo un venditore di carne ma è il supervisore di tutta la filiera. È lui l’ultimo anello della catena, quello che dovrà presentare, conoscere e spiegare il taglio di carne al cliente finale.”
Di comunicazione ne sa, Filippo Avidano, figlio di allevatori e creatore di TiManzo, l’e-commerce attraverso cui vende i prodotti dell’azienda di famiglia. “Il cliente va coccolato e deve sentirsi sicuro di ciò che compra. Quindi massima trasparenza e assistenza in ogni fase della vendita.” Se poi sul tuo sito, offri anche ricette e suggerimenti per preparare i tagli un po’ meno conosciuti, hai fatto tombola.
Sulla stessa linea è anche Walter Pierucci, professione macellaio a Rimini. “Il macellaio del futuro deve evolversi e guardarsi intorno. Le cose da imparare sulla carne sono tante e molti giovani clienti, spesso, ne sanno più del macellaio stesso. E poi bisogna studiare: magari marketing. Senza togliere nulla all’artigianalità ma non si può affrontare il mercato contemporaneo senza conoscerne i rudimenti.” Non basta pesare la carne e venderla, bisogna saperla vendere. “Dobbiamo smettere di cercare di avere tutto per tutti e focalizzarci, invece, su uno-due tipi di carne e pubblicizzare quella.”
IL MACELLAIO DEL FUTURO: NON CARNE BELLA MA CARNE BUONA
Saper vendere, però, non basta. Perché puoi essere anche il Giorgio Mastrota del banco frigo ma se poi la carne fa schifo, il cliente non torna. Lo sa bene Matteo Fontenova che gestisce una macelleria a Civita Castellana, cittadina alle porte di Viterbo. “Questo mestiere o lo fai per bene o non lo fai per niente. Bisogna saper trasmettere la propria passione al cliente, perché è così che si guadagna la loro fiducia e stima.”
Matteo ha da poco messo una cella di maturazione nel suo negozio: spiegare i vantaggi della frollatura non è stato facile, soprattutto a certi acquirenti. “Lo zoccolo duro della mia clientela è rappresentata da persone anziane: le prime volte che vedevano questa carne scura inorridivano. Ma con la passione, la pazienza e la fiducia si riesce a trasmettere il concetto che una carne buona non per forza deve essere anche bella.”
Tanta pazienza è anche quella che invoca Luca Terni, il macellaio di Capalbio, volto Rai, abituato a servire i VIPs: “La maggior parte delle persone che entra in macelleria, lo fa per chiedere filetti o costate o magari qualche preparato. Ma ci sono tanti altri tagli, spesso anche più buoni, che il cliente non conosce. Il compito del macellaio del futuro sarà quello di saper spiegare al cliente anche questi tagli. Ci vuole pazienza ma gli sforzi saranno ripagati quando vedremo diminuire lo scarto.”
IL MACELLAIO DEL FUTURO: DUE OCCHI UNO PER IL PASSATO E L’ALTRO…
Spesso ci siamo scagliati contro i macellai vecchio stampo: i tanti Manzotin di Febbre da Cavallo che, ‘signora ‘sta carne è viva per quanto è fresca’. Brividi. Ma possibile che sia tutto da buttare di quel mondo? “Un occhio al passato va sempre tenuto. Dalle vecchie generazioni abbiamo tanto da imparare riguardo il disosso, il taglio e lo spreco di risorse. L’altro occhio, però, deve sempre puntare fisso al futuro.”
A parlare non è Eilon Mask ma Gianni Giardina, innovativo macellaio di Canicattì (che sta in Sicilia, googlate) e punto fermo della nazionale italiana macellai. Dal profondissimo sud, Gianni sa che il macellaio del futuro non può più permettersi di essere uno spacciatore di hamburger e polpette. “Nella bottega moderna si consuma la carne che si compra. Il cliente può venire, scegliere la carne, consumare in loco o portarla a casa. La macelleria moderna deve differenziarsi: il cliente può trovare tanti altri prodotti d’eccellenza che non sono solo carne.”
Sulla stessa lunghezza d’onda è Francesco Camassa, macellaio pugliese e coach della Nazionale Italiana Macellai. “Oggi i tempi e i modi di lavoro sono cambiati rispetto a qualche anno fa. Oggi bisogna far conoscere la propria macelleria organizzando eventi, laboratori didattici, degustazioni. Tenendo ben saldi alcuni punti: pulizia e rispetto delle norme che regolano il nostro lavoro.”
Anche Mr. Camassa è uno spirito innovatore: lo sguardo sempre puntato all’estero e al futuro, per imparare e affinare le proprie tradizioni. “Quello che il macellaio del futuro non dovrà mai farsi mancare è la formazione. In Italia manca una cantera dove i giovani macellai possano formarsi e crescere. Non abbiamo scuole né qualifiche come invece succede all’estero. Se vogliamo sopravvivere dobbiamo puntare sui giovani e sulla loro formazione.”
IL MACELLAIO DEL FUTURO : LOCAL, GLOBAL, TERRITORIO E FORMAZIONE
Studiare, conoscere e avere la curiosità di andare oltre la propria bottega a scoprire tutto del proprio prodotto. I macellai d’Italia sono d’accordo almeno su questo. Pino Puglisi è un macellaio storico di Torino, a lui dobbiamo la nascita della Vicciola: “i veri macellai stanno scomparendo – ci dice –. Esistono moltissimi venditori di carne, soprattutto dalle mie parti. È la passione e la conoscenza del prodotto che è alla base di questo mestiere.”
Ciò che il signor Pino rimprovera a molti suoi giovani colleghi è lo scarso studio e approfondimento che fanno sulla carne che vendono. “Bisogna documentarsi su come cresce il bovino che si vende, cosa mangia, la sua genetica: bisogna scavare e sapere tutto della carne. La ricerca spasmodica del business in tutto ha portato i macellai ad essere sempre più venditori, anteponendo il profitto alla qualità e alla conoscenza del prodotto.”
Ma come si fa a sapere vita, morte e miracoli del manzo che bisogna vendere? Una soluzione l’ha trovata Alberto Cucchi, giovanissimo macellaio di Brescia: “tutti gli artigiani, compresi i macellai, devono essere legati al territorio in cui vivono e lavorano, senza chiudersi in confini troppo stretti. Negli anni passati si sono voluti globalizzare, perdendo le loro radici.” La particolarità della macelleria della famiglia Cucchi è che tutta la carne che offrono, viene da un unico allevamento. “Ho trovato un’azienda che lavora nel nostro territorio, che si occupa dell’allevamento fino al macello ed è guidata da giovani con le mie stesse idee: il rapporto professionale con loro, per me è fondamentale.”
IL MACELLAIO DEL FUTURO : I COLLEGHI GIUSTI
La collaborazione tra allevatori e macellai è un punto imprescindibile per molti. È anche facile intuire quanto sia più semplice comunicare le proprietà della carne proveniente da un manzo che si è visto crescere. Della stessa opinione è Simone Cozzi, founder di High Quality Food e “creatore” del Marango: un incrocio tra Angus Aberdeen e Maremmana. “Oltre la passione, elemento imprescindibile per chiunque voglia intraprendere questo lavoro, fondamentali sono le competenze. Quindi ci vuole conoscenza e capacità. Se non hai voglia di conoscere e studiare, non crescerai mai e non andrai mai oltre un lavoro meccanico.”
Il lavoro di squadra, per Simone è imprescindibile. Se la situazione ideale sarebbe quella in cui macellaio e allevatore siano colleghi e si diano del tu, questa non si verifica sempre. “Il primo collega di un macellaio di bottega è il suo fornitore che deve essere partner dell’artigiano: stimolando la sua creatività e supportando le sue capacità tecniche fornendo dei tagli di carne adeguati alle sue esigenze.”
In più, facendo parte tutti della stessa filiera, è importante che ogni attore pensi all’unico scopo del proprio lavoro: far mangiare carne buona a noi clienti. “Per questo è importante che tutta la filiera sia in collaborazione: allevatore, fornitore e macellaio del futuro devono lavorare in sinergia, dandosi del tu e chiamandosi colleghi.”
Di Giulio Gezzi 16 Settembre 2019