A FINE OTTOBRE E’ STATO PUBBLICATO L’ULTIMO RAPPORTO SULLA TRASPARENZA DI TRIP ADVISOR ABBIAMO LETTO ALCUNI DATI E VI SPIEGHIAMO PERCHE’ NON CI CONVINCONO
Si dice che i gufi abbiano le stelle negli occhi, peccato però che le stelle, soprattutto quelle della ristorazione, non tutti i gufi le vedano in modo così nitido. Ad esempio, il gufo di Trip Advisor parrebbe affetto da evidenti problemi alla vista. Secondo alcuni centri di ricerca farebbe fatica a mettere a fuoco e per questo motivo gli capiterebbe spesso di prendere lucciole per lanterne.
Ora se fosse un gufo qualunque diremmo chi se ne frega il problema è suo se ogni tanto si confonde, ma siccome quello di Trip Advisor non è un gufo qualunque (ha il compito di indicare gli alberghi e i ristoranti più affidabili) è normale che possa fare arrabbiare qualcuno se per assurdo dovesse confondere un food truck per una sala ristorante.
Immaginate di essere il proprietario di un albergo a cinque stelle. Non credo vi farebbe piacere leggere una recensione che qualifichi sciatta la vostra struttura e per di più cibo scadente il vostro menù. Se poi la pensione del vostro vicino diventasse all’improvviso un Grand Hotel come minimo vi verrebbe un diavolo per capello.
Siccome in passato tanti imprenditori si sono arrabbiati per simili furbate, Trip Advisor ha deciso di correre ai ripari e lo ha fatto in due modi: procurandosi un logaritmo capace di arginare le recensioni false e, grazie a questo filtro, si è impegnato a pubblicare rapporti sulla trasparenza.
L’ultimo risale a qualche settimana fa e sembra contenere dati confortanti. Ma se lo si legge con attenzione ci si accorge che qualcosa non torna.
PERCHE’ UN RAPPORTO SULLA TRASPARENZA
Trip Advisor è un sito americano che fornisce recensioni agli utenti di tutto il mondo. Le recensioni le pubblicano gli stessi iscritti dopo aver visitato di persona le varie attività ricettive o di ristorazione sparse per i quattro continenti.
All’interno di questo meccanismo però succede che c’è chi se ne approfitta. Ad esempio, gonfiando la reputazione delle proprie aziende e (in minima parte) screditando quelle dei colleghi. Non a caso Trip Advisor nel 2014 è stato multato per 500 mila euro (la multa in seguito però è stata ritirata).
C’è poi chi le recensioni false le scrive a pagamento e qui ci troviamo difronte a un fatto molto più grave, tanto è vero che nel 2018 un italiano è stato condannato a 9 mesi di carcere e al pagamento di 8 mila euro per coprire i danni e le spese legali. Va detto però che in questo procedimento Trip Advisor si è costituito parte civile. Una decisione giusta e da apprezzare.
Prima ancora, però, nel 2017 un’altra notizia aveva messo Trip Advisor in una posizione imbarazzante. Un ristorante di Londra, in realtà mai esistito, era salito addirittura al primo posto della sua classifica.
Quindi, per evitare di perdere credibilità, l’azienda di Needham ha rinnovato il suo impegno ad arginare le fake review pubblicando periodicamente dei rapporti che mostrano i risultati raggiunti.
I DATI DI TRIP ADVISOR
L’ultimo rapporto sulla trasparenza afferma che nel 2020 ci sono state quasi un milione di fake review, precisamente 942,205, pari al 3,6% su un totale di 26 milioni di recensioni pubblicate.
Il dato sembra buono, ma se lo si confronta col 2,1% del 2018 ci accorgiamo che in realtà c’è stato un aumento. Un aumento importante, del 70%, reso ancor più consistente dal calo delle recensioni totali. Queste infatti sono passate da 66 milioni del 2018 a 26 milioni del 2020.
Nel rapporto Trip Advisor elenca tutti gli sforzi fatti per migliorare il servizio: ha individuato 65 siti fraudolenti; ha rimosso più di 2 milioni di recensioni false e ha bloccato il 61,7% di quelle nuove prima che venissero pubblicate; Alla fine ha sanzionato 34.605 aziende e ha bandito 20299 membri per non aver rispettato la community.
Ma nonostante questi sforzi i problemi restano: università e associazioni dei consumatori, infatti, continuano a considerare inattendibili i dati di Trip Advisor.
TRIP ADVISOR E L’ITALIA
Nel rapporto sulla trasparenza emerge che il paese con più fake review è l’India e che il grosso delle recensioni viene pubblicato in Europa (54,1%). Il problema delle fake review coinvolge quindi anche il Vecchio Continente e in particolar modo l’Italia che secondo il rapporto rientra fra i dieci paesi con più recensioni fraudolente.
Già nel 2019 l’Osservatorio della Cyber Security aveva alzato il tiro assegnando alla Toscana una media del 10% di fake review, con un picco del 15% nella provincia di Arezzo. Un dato significativo se messo a confronto con il 2,1% della media mondiale di allora.
Trip Advisor ha respinto con forza questi dati affermando di saper individuare le fake review. Nel frattempo però i dati dell’Osservatorio non sono cambiati.
CONCLUSIONI
Sono dunque proprio queste discrepanze a rendere evidente che qualcosa non torna, altrimenti è ovvio i dati coinciderebbero. Se aggiungiamo che in passato Trip Advisor non è stato così solerte nell’affrontare il problema delle fake review, il sospetto che queste siano cresciute più delle stime ufficiali resta legittimo.
Ed è un sospetto pesante per le attività commerciali, visto che le recensioni truffaldine incidono parecchio sulle scelte dei consumatori e di conseguenza sul risultato economico di un’azienda.
La crescita delle fake review interessa anche per un altro aspetto. Si è verificata durante la pandemia, in concomitanza con un calo di quasi due terzi delle recensioni totali. Un calo così vistoso da far pensare che presto quel 3,6% potrebbe equivalere a una cifra di gran lunga superiore al milione. Gli utenti sono avvisati.
di Gianluca Bianchini 07/11/2021