HANNO UN’ANIMA E ALLE SPALLE UNA TRADIZIONE MILLENARIA E SONO PRONTI A TORMENTARE TUTTI COLORO CHE NON AVRANNO CURA DI LORO: ANCORA CONVINTI DI VOLER COMPRARE UN COLTELLO GIAPPONESE?
Sakai, prefettura di Osaka, naturalmente Giappone. Sfiora il milione di abitanti ed è il polo della produzione di coltelli giapponesi. Ma come ogni cosa legata alla terra dei samurai, ha una storia secolare alle spalle. La produzione di coltelli inizia qui nel XVI secolo, fondendosi con le tradizioni legate alla forgiatura delle katane. Ancora oggi la produzione va a gonfie vele e i metodi artigiani sono gli stessi di 500 anni fa.
COSA HANNO DI DIVERSO I COLTELLI GIAPPONESI
Ma cosa hanno di tanto particolare i coltelli nipponici? Partiamo dal taglio, decisamente diverso da quello occidentale. La lama giapponese, spesso di forma leggermente concava, è solitamente affilata solo su un lato – normalmente il destro – del coltello. Questo rende il taglio più preciso ma richiede un’abilità maggiore da parte di chi lo impugna.
L’acciaio stesso dei coltelli giapponesi è diverso dal nostro. È più fragile (ha valori HRC elevati) ma consente un’affilatura migliore e di maggior durata. In più, anche se vi potrebbe sembrare strano, il metallo usato non è inossidabile. La lama è composta da acciaio carbonioso, facilmente esposto alla ruggine: richiedono un’attenta manutenzione. In fine il manico. Tradizionalmente fatto in legno, ha l’impugnatura esagonale per aumentare il grip della mano.
COME SCEGLIERE IL COLTELLO
Non stiamo parlando dei coltelli di Ikea, questo va detto. Se avete tra le mani un coltello giapponese, siete i felici possessori di un oggetto di pregio, diverso dai normali coltelli da cucina. Abbiamo quindi chiesto lumi ad un vero esperto. Uno chef nato in Giappone ma da sempre innamorato della cucina italiana. Lui è Hirohiko Shoda, per tutti semplicemente Hiro, se la faccia vi è nota è perchè ogni tanto lo vedete in Rai: “Il coltello è uno strumento prezioso, allungamento della mano stessa dello chef, ciò che collega persona e ingrediente.” Sorridente e appassionato, lo chef del Sol Levante è chino sul tagliere. Ha a che fare con un grosso trancio di tonno e la lama scorre nella carne, ne vengono fuori delle fette perfette: “Il taglio a regola d’arte – ci dice – è un valore fondamentale per uno chef di qualità attraverso il quale si può trasmettere esperienza e conoscenza. Con l’efficacia di un solo taglio si può valorizzare anche l’ingrediente più semplice, dal pesce, alla carne, alle verdure.”
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La tradizione giapponese, come anche la nostra, ha dato vita a decine di tipi diversi di coltelli, ognuno indicato per scopi e ingredienti specifici. “Per sfilettare, incidere, affettare, tritare, disossare: ogni coltello ha un ruolo ben preciso. Solitamente uso i miei coltelli giapponesi per tutte le preparazioni.” Hiro ci mostra il suo set, ben conservato in un grande astuccio di pelle: le lame allineate, ben distanziate tra loro e protette da foderi. La cura degli strumenti è un rito per qualsiasi chef ma quando si parla di queste piccole opere d’arte l’attenzione deve essere massima.
I QUATTRO TIPI DI COLTELLI GIAPPONESI
Hiro estrae uno a uno i suoi coltelli dal fodero e ce li porge. Hanno forme molto diverse tra loro e ognuno ha uno scopo preciso. Tra i coltelli giapponesi, l’Usuba, ad esempio, è quello creato per tritare e sminuzzare soprattutto le verdure. La lama che ci passa Hiro è splendente, ha il lato non tagliente semi concavo; mentre la parte della lama ha tre strati con angolazioni differenti. Accanto, ci mostra uno dei must dei coltelli giapponesi: lo Yanagiba. Questo modello viene utilizzato soprattutto per il sashimi: “Il suo nome, in italiano, si può tradurre con ‘lama a forma di salice”, Hiro ci porge anche questo, con entrambe le mani. Ha una forma asimmetrica e la lama presenta una sezione centrale di forma trapezoidale. Lo chef ci mostra come il taglio vada effettuato partendo dal manico e facendo scorrere il coltello per tutta la lunghezza della lama: così le fettine avranno una superficie perfettamente liscia.
Santoku, ‘le tre virtù’, è invece il coltello universale della cucina nipponica. Molto simile al nostro trinciante, ha una lama più piccola (16-19 cm) e manici asimmetrici. La grande commercializzazione ha creato anche versioni di questo coltello più vicine ai nostri modelli. Infine Hiro ci mostra il DEBA o ‘lama sporgente’, per via della sua forma. Assomiglia ad una piccola mannaia e viene usato per rompere lische o piccole ossa con la parte di lama vicina al manico. Mentre la punta del coltello viene usata per sfilettare pesci di grandi dimensioni.
I COLTELLI GIAPPONESI HANNO UN’ANIMA
Nella tradizione shintoista anche gli oggetti sono dotati di un’anima. Se un utensile vecchio viene buttato via senza alcun rispetto, la sua essenza prenderà forma maligna, tornando a tormentarne i possessori. Per questo, ancora oggi, si organizzano delle cerimonie per ringraziare lo spirito degli oggetti. Potete immaginare, quindi, quanta cura e attenzione riservi uno chef giapponese per i suoi coltelli. Hiro non si fa parlare dietro dagli spiriti dei suoi strumenti: “Curo personalmente i miei coltelli, affilandoli al termine di ciascun servizio, sono per me amici preziosi che necessitano di attenzione, rispetto e cura.”
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Se decidete di comprare dei coltelli giapponesi sarà imperativo trattarli con cura. Non perché potrebbero venire ad accoltellarvi nel sonno ma perché sono oggetti delicati. Regola numero uno, mai e poi mai lavarli in lavastoviglie: fareste prima a buttarli nel secchio. Piuttosto, sciacquateli con acqua calda dopo ogni utilizzo e asciugateli con un panno morbido. Non usate taglieri di vetro o di granito: è sempre preferibile una superficie in legno o materiale sintetico di media durezza. L’attenzione quasi maniacale che Hiro riserva ai suoi coltelli ne rivela il grande valore. Lo Chef non vuole rivelarci quanto li abbia pagati ma ci assicura: “utilizzo dei coltelli artigianali giapponesi, frutto della lavorazione manuale di maestri che rendono ciascun singolo coltello un’opera d’arte unica e irripetibile. Ogni pezzo può accompagnarti per anni e essere uno strumento prezioso e irrinunciabile.” Oggetti senza prezzo, per tutto il resto c’è Ikea.
Di Augusto Santori 8 febbraio 2020