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ALLA CORTE DEL RE, IL PORCETTO SARDO

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IL REGNO DEL PORCETTO SARDO SI ESTENDE IN UNA STORIA LUNGA OLTRE 200 ANNI AL SAPORE DI SUCCULENTE CARNI ALLA BRACE, SALUMI GENUINI E FORMAGGI.

Come nelle più entusiasmanti staffette, anche con il porcetto sardo a nulla servono le doti di chi griglia se la carne non è all’altezza del nome che porta. Ma quando a scendere in pista è un allevatore e esperto arrostitore, per gli avversari non c’è speranza. Antonello Columbano, 45 anni, gioca tutta la partita nelle campagne di Arzachena, comune della lussuosa Costa Smeralda.

Allevatore nell’azienda-agriturismo Lu Branu, primavera nel dialetto gallurese, mette a disposizione dei suoi ospiti anche la sua abilità come arrostitore. “La mia famiglia possiede questo terreno almeno dal 1800. Si estende fin sotto la montagna e gli animali vivono tutto l’anno all’aria aperta. Abbiamo circa 50 fattrici di scrofe, alcuni verri, 70-80 magroni per i salumi, oltre ai maialetti che arrostiamo nello spiedo”.

ALLA CORTE DEL RE, IL PORCETTO SARDO
ALLA CORTE DEL RE, IL PORCETTO SARDO

LU BRANU, PORCETTO SARDO ALLO STATO BRADO: BENESSERE NATURALE

Immersi nel verde della macchia mediterranea, tra enormi massi di granito, i maiali vivono in totale libertà, come vuole la tradizione. Mantenere il legame con l’ambiente naturale è essenziale: “Mangiano l’erba dei prati, ghiande che cadono dai lecci e durante l’inverno orzo macinato. Quando sono ancora piccoli stanno spesso nell’oliveto dove c’è tanta erba o nella vigna quando è a riposo. I ceppi sono alti e passano sotto senza fare danni”, racconta Antonello Columbano.

I ritmi sono lenti, si segue il ciclo delle stagioni e soddisfare la grande distribuzione non rientra negli obiettivi della famiglia. “In un allevamento intensivo, dopo sei mesi di vita i magroni pesano 110-120 kg e sono pronti per essere macellati. I nostri raggiungono quel risultato in un anno e mezzo. Meglio pochi, ma buoni. Mangiano in modo vario e sano, si muovono in grandi spazi e i muscoli sono sempre in attività”, continua l’allevatore.

ALLA CORTE DEL RE, IL PORCETTO SARDO
ALLA CORTE DEL RE, IL PORCETTO SARDO

LU BRANU, PORCETTO SARDO ALLO STATO BRADO: IL GUSTO DELLA GENUINITA’

Messo in pratica l’insegnamento degli avi, i membri della quarta generazione Columbano portano aria nuova e inaugurano nel 1991 l’agriturismo Lu Branu e la Bruttea, piccola bottega per portarsi a casa il gusto dei sapori antichi: salsicce, prosciutti, pancette, formaggi, vino, olio e liquori, tutti prodotti in azienda. Sulle tavole dell’agriturismo Lu Branu regna invece l’inimitabile porcetto: “E’ uno dei piatti più amati in agriturismo. Lo spacchiamo a metà e lo infilziamo nello spiedo, pronto per essere messo sulla brace”.

Cotto come vuole la tradizione, il risultato è un’esperienza di gusto che inizia dalla carne, morbida e gustosa e finisce con la cotenna, dorata e croccante. A completare le proposte dei secondi piatti, salsicce arrosto che sembrano allegre girandole, il capretto e il cinghiale, allevato anche questo in ampi recinti all’aria aperta.

IL PORCETTO SARDO
IL PORCETTO SARDO

LU BRANU, PORCETTO SARDO ALLO STATO BRADO: RIVIVERE LE TRADIZIONI

Ma l’azienda è anche la casa per 35 capre, 20 bovini, 5 mucche da latte, asinelli e cavalli. E altri spazi sono dedicati all’orto, all’oliveto, al vigneto e ai campi di cereali, nutrimento per gli animali. ‘Lu stazzu’casa rurale tipica del Nord Sardegna e antica abitazione della famiglia Columbanu è diventata invece un museo che mette in mostra gli utensili delle attività agro-pastorali e le foto in bianco e nero degli avi: “Oltre alla casa dove abitava mia bisnonna c‘era la casetta per fare il pane e il formaggio, la cantina, la falegnameria, gli spazi per lavorare ferro, sughero e addirittura la casetta in cui si ospitava per una notte il mendicante di passaggio”.

Una buona occasione per tornare indietro nel tempo e ricordare le tradizioni e il modo di vivere negli stazzi: “Tra le usanze c’era quella di macellare il maiale invitando tutti gli abitanti delle zona. Ogni settimana in uno stazzo diverso così ogni famiglia poteva contare su un pezzo di carne e qualche salsiccia tutto l’inverno”.

di Ilaria Pani – 16 ottobre 2017

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