NASCE NEI MESI INVERNALI, TRA I BOSCHI ABRUZZESI: RITUALI ANTICHI CHE RASENTANO LA PERFEZIONE, AROMI E AGRUMI, PICCOLI SEGRETI NORCINI. LA SALSICCIA DI FEGATO: UN TESORO NASCOSTO TRA I MONTI
Hanno una radice comune, che risale ai tempi degli antichi romani. Ma ogni regione ha la sua variante. Non si tratta dei dialetti ma di qualcosa che, in ogni modo, ha a che fare con le nostre lingue: le salsicce.
In Italia sono patrimonio nazionale, esaltate in mille versioni: da quelle classiche di maiale a quelle di cervo, di cinghiale, alle infinite specialità aromatizzate con erbe e spezie. La salsiccia di fegato, detta localmente cicolana, è un insaccato storico della provincia dell’Aquila, figlio di questa lunga tradizione. Nell’Aquilano ne esiste una versione dolce, alla quale viene aggiunto il miele, che rende l’impasto particolarmente morbido, ma la preparazione della salsiccia di fegato è molto diffusa in tutta la regione, tanto da essere inserita fra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) abruzzesi.
SALSICCIA DI FEGATO ABRUZZESE : PRESIDIO SLOW FOOD
“Nei boschi delle montagne interne dell’Abruzzo – spiega il presidio Slow Food che si occupa di tutelare questa delizia locale – l’allevamento dei maiali ha sempre rappresentato una risorsa molto importante e, tradizionalmente, la macellazione era fatta tra dicembre e gennaio, quando il freddo facilitava la frollatura e la conservazione delle carni”. Un’ antica leggenda Irlandese racconta che lì tra i monti, dove finisce l’arcobaleno, si trova un pentolone pieno d’oro. La salsiccia di fegato è così: sta lì, tra le cime innevate dell’Abruzzo. Chi la scopre trova qualcosa di prezioso. E senza gnomo cattivo di guardia.
SALSICCIA DI FEGATO ABRUZZESE : ANTICHI SEGRETI
Gli ingredienti alla base di questo insaccato sono fegato, cuore e polmone di maiale, con l’aggiunta di una giusta quantità di guanciale e di rizza (un velo di grasso che avvolge gli intestini), spicchi d’aglio, bucce d’arancia, sale, pepe e foglie di alloro. In alcune varianti può essere anche molto piccante. “Ma le dosi esatte della speziatura delle salsicce sono custodite gelosamente da ogni norcino e tramandate in famiglia”, rivela il presidio Slow Food, che aggiunge: “Nelle case aquilane è tradizione consumare la salsiccia dolce la mattina di Pasqua, a colazione, insieme alla pizza pasquale, a una pagnotta semi dolce e alle uova sode”.
SALSICCIA DI FEGATO ABRUZZESE : MANGIAMOLA PER NON FARLA SCOMPARIRE
“Se la tradizione norcina delle aree montane della provincia aquilana ha mantenuto alcune produzioni tipiche di assoluta eccellenza, la salsiccia di fegato sta invece rischiando di scomparire, per via del cambiamento nei gusti dei consumatori”, raccontano da Slow Food. “La produzione è ormai limitata a pochi artigiani che lavorano abilmente le carni e le frattaglie di suini del territorio. Il Presidio vuole valorizzare questa produzione storica, riunendo i produttori rimasti in una associazione e raccogliendo le adesioni sulla base del rispetto di un disciplinare rigoroso”: mantenere in uso la tecnica tradizionale, zero conservanti e additivi e filiera locale, sono le parole chiave. Dove possibile – aggiungono dal Presidio – si sta reintroducendo “anche l’allevamento dei suini abruzzesi a pelo nero ormai quasi estinti”.
“L’impasto, una volta insaccato, viene legato a mano: grazie a un’abile torsione al centro della salsiccia si conferisce la caratteristica forma a ferro di cavallo. Come la speziatura, anche la tecnica di legatura è frutto di saperi passati di padre in figlio”. Le salsicce devono poi restare appese e lasciate ad asciugare all’aria per circa un mese a temperatura ambiente. La stagionatura tradizionale prevede una prima fase in cui la carne si asciuga in ambiente caldo, vicino al camino, mentre la seconda in ambiente fresco e asciutto, avendo cura di pressare con le mani le salsicce per evitare che dell’aria resti intrappolata all’interno dell’insaccato. La salsiccia fresca, invece, è un tesoro prezioso che rende al meglio se cotto alla brace. Va preparata sui carboni fino a quando diventa quasi croccante, avendo cura di girarla spesso. Accompagnata da cicoria ripassata, broccoletti o cime di rapa, rende al massimo.
di Silvia Strada 10/03/2017