SARACINO È UNA CANTINA DI SAN SEVERO CHE VALORIZZA LE UVE AUTOCTONE DELLA CAPITANATA, PRODUCENDO COSÌ VINI CHE RACCONTANO UN TERRITORIO AFFASCINANTE, COMPLESSO E RICCO DI TRADIZIONI.
È una cantina con tre sole vendemmie alle spalle ma ha già avuto modo di farsi conoscere grazie a bottiglie che si distinguono per le loro fresche intuizioni.
L’ultima è un metodo classico interessante, un Bombino Bianco in purezza affinato 18 mesi sui lieviti e presentato a Bollicine di Puglia, l’evento estivo che mette in vetrina i migliori spumanti della regione nella suggestiva cornice del castello di Monte Sant’Angelo (Foggia).
L’obiettivo della cantina Saracino è dunque di quelli ambiziosi: valorizzare i vitigni della Capitanata e innovare allo stesso tempo la tradizione vinicola della provincia per accrescerne il prestigio.
Proprio come hanno già fatto alcune realtà di riferimento del foggiano – La Marchesa, Borgo Turrito e D’Araprì – e quando citiamo questi nomi la mente va subito al Nero di Troia, al rosato, al metodo classico. E quindi va anche ai bianchi, in particolare, al già citato Bombino che con la sua vibrante acidità è perfetto per la spumantizzazione.
Se poi a queste belle intenzioni aggiungiamo anche il talento di Simone Saracino, classe 1984, sanseverese doc e titolare dell’omonima cantina, allora dobbiamo aspettarci delle sorprese in futuro.
MEGLIO CANTINIERE CHE CONSULENTE
Seppure ha fondato da poco la sua cantina, Simone non è affatto nuovo nel mondo del vino. È enologo e sommelier, con tanto di laurea e corsi di specializzazione, per non parlare delle esperienze lavorative maturate negli anni. I vini, ad esempio, li ha anche venduti e quindi conosce bene i gusti dei consumatori.
Tuttavia, il sogno non è mai stato quello di fare il consulente, al contrario lui ha sempre voluto avere una cantina tutta sua per produrre il vino in prima persona.
Un desiderio nato sin da bambino, quando ogni anno a settembre vedeva l’andirivieni di carri carichi d’uva per le strade di San Severo, una città che è stata la prima a conquistare la Doc in Puglia e che si candida a diventare il distretto del metodo classico nel foggiano.
DAL MARMO AL VINO
A differenza di molte famiglie sanseveresi che hanno alle spalle una storia vinicola, come testimoniano le innumerevoli cantine scavate nel sottosuolo, la famiglia Saracino non ha una storia legata al vino.
Ha invece una storia legata al marmo, tanto che la cantina si trova proprio accanto alla marmeria di papà Giuseppe e Simone è l’unico tra i suoi fratelli ad aver aiutato il padre nella conduzione dell’attività.
“Ho preso spunto da mio padre per motivi affettivi e identitari, perché qui a Foggia, fra Apricena e Poggio imperiale, c’è il secondo bacino di estrazione del marmo più grande d’Italia. Si tratta dunque di qualcosa di unico che caratterizza il nostro territorio proprio come lo caratterizzano le nostre uve”.
SARACINO, AUTENTICI SORSI DI PUGLIA
Ecco perché le bottiglie di Saracino prendono il nome delle tre principali lavorazioni della pietra – Levigato, Lucido e Bocciardato – ed ecco perché sulle loro etichette campeggia il motto dell’azienda “autentici sorsi di Puglia”.
Proprio perché qualcosa di fortemente identitario come un vitigno, con il suo terroir e il suo sistema di allevamento, se ben compreso e sintetizzato ad arte in un calice alla fine regala qualcosa di veramente autentico.
E sempre su questa linea Simone pensa a una produzione più ambiziosa. “Penso a un vino di qualità superiore, – spoilera il suo progetto per il futuro – affinato in serbatoi isolati e protetti dal marmo con bottiglie che prendono il nome dalle tre pietre estratte nella nostra zona”.
IL TERROIR
I Vigneti di Saracino, collocati in pianura su terreni sabbioso-argilloso, sono allevati a tendone, un sistema di allevamento particolarmente idoneo al clima della Capitanata:
“Con le temperature roventi della nostra provincia il tendone è una salvezza, perché il tetto di foglie ombreggia le uve permettendo anche l’areazione fra i filari”.
Un altro elemento che fa maturare bene le piante è l’escursione termica, garantita dall’incontro tra l’area fresca dei Monti Dauni e il soffio tiepido del Mar Adriatico. Le temperature inoltre sono miti e d’inverno non ci sono rischi di gelata.
Con il riscaldamento globale però anche qui in Capitanata le cose stanno cambiando.
“Ormai i mesi caldi sono molto di più di quelli freddi, – spiega Simone – la conseguenza è che i grappoli germogliano prima e la raccolta si fa sempre più precoce. Quest’anno infatti la vendemmia del Nero di Troia è stata anticipata a fine settembre, quasi due mesi prima di quella ufficiale che avviene a metà ottobre”.
IL LEVIGATO
A proposito del Nero di Troia, una delle innovazioni più importanti negli ultimi anni è stata la sua vinificazione in rosato con risultanti da applausi e Saracino vuole dimostrarsi all’altezza di questa tradizione pugliese che sa rilanciarsi proponendo un cerasuolo ottenuto con una pressatura soffice.
“Questa tecnica permette di estrarre sole le sostanze migliori dell’uva che, giunta alla maturazione fenolica e carica di antociani, regala un succo rosato, senza bisogno di ricorrere alla macerazione breve o al salasso”.
Come tanti rosati da Nero di Troia il Levigato è un vino cha ha struttura, rotondità, freschezza. Il calice emana un bouquet con sentori di rosa e frutta rossa non ancora matura. Il sorso poi è succoso e si abbina sia al pesce che alla carne bianca.
Il BOCCIARDATO
Il Bocciardato invece è un rosso, prodotto o con il Nero di Troia o con il Cabernet Sauvignon. “Nasce come Nero di Troia – racconta Simone – ma quest’anno per via di una raccolta non proprio abbondante non è stato possibile raggiungere l’85% dell’uvaggio, che è la percentuale minima per poter parlare di Nero di Troia in purezza. Per questo motivo è stato sostituito dal Cabernet Sauvignon, con risultati altrettanto buoni”.
Ad ogni modo, parliamo di un vino che ha corpo e che mette in primo piano gli aromi varietali. Tannino pronunciato, freschezza e alcolicità moderata completano il ritratto del Bocciardato che in quanto ad abbinamenti è perfetto con la carne rossa, in special mondo con una costata ai ferri.
“A me non piacciono i vini omologati che sanno di vaniglia, cioccolato e caffè – Simone argomenta le sue scelte in cantina – Per me sono i sentori primari quelli che devono prevalere perché sono quelli che caratterizzano il vitigno”.
“Voglio dire, il peperone verde del Cabernet Sauvignon lo devi sentire e lo stesso vale per i frutti rossi del Nero di Troia. Devi sentire la ciliegia, il mirtillo, le more e il gelso. La barrique la uso solo per dare qualche sfumatura a questo sfondo varietale”.
IL LUCIDO E LA BOLLA
Infine, il bombino bianco proposto nella versione ferma con il Lucido e nella versione effervescente con il metodo classico.
“Il Bombino bianco se da una parte ha questa incredibile acidità, dall’altra non si distingue certo per intensità e ampiezza olfattiva,” afferma Simone.
“Per questo preferisco parlare di metodo classico, perché con questo tipo di produzione ai sentori floreali e fruttati, di ananas e agrumi, si aggiungono quelli deli lieviti che rimandano al pane caldo appena sfornato e il corredo aromatico si arricchisce anche di ricordi di pasticceria”.
SARACINO VI ASPETTA IN CANTINA
Che la cantina Saracina punti molto sul metodo classico è una scelta giustificata dalle buone performance di vendita, “tanto che si è partiti nel 2024 con poche centinaia di bottiglie e per il 2025 se ne contano già 3500,” sciorina alcune cifre Simone.
Tutte bottiglie le sue non solo con etichette disegnate e scritte e amano ma anche rigorosamente numerate. Per assaggiarle basta andare al punto vendita sito vicino alla stazione ferroviaria. Lì specialmente d’estate si organizzano eventi nei quali sono proposti tre diversi percorsi degustativi.
di Gianluca Bianchini 08/11/2024