DUE TERRE RICCHE DI MISTERIOSE LEGGENDE, TRADIZIONI CONTADINE, BRACI, VINI E CARNI SUCCULENTE. UN DUELLO ALL’ULTIMO SPIEDO PER CAPIRE CHI HA IL MIGLIORE. E’ PIU’ GUSTOSO LO SPIEDO BRESCIANO O TREVIGIANO?
Se questa fosse una leggenda inizierebbe con due castelli, che si guardano storto, arroccati su due diverse colline. Col fiume in mezzo a dividere terre e destini. Sarebbe la storia di una guerra antica, un racconto fatto di lunghe lance e duelli all’ultimo sangue. Ma questa non è una leggenda. E il sangue non si asciuga sui campi di battaglia ma in ore e ore di intensa cottura. Le lance sono spiedi e gli antichi castelli arroccati le provincie di Brescia e Treviso, ognuna delle quali porta alta la bandiera del proprio spiedo tipico. Il duello però è davvero mitologico e scorreranno fiumi di grasso: voi da che parte state?
SPIEDO BRESCIANO O TREVIGIANO? ORIGINI GUERRIERE E TRADIZIONI DA DIFENDERE COI DENTI
In origine, nel tardo Medio Evo, lo spiedo era davvero un’arma. Un’asta di legno con una lunga punta di ferro acuminato. Più che in battaglia era usata nella caccia di animali di grossa taglia. Lo spiedo serviva anche a infilzare la selvaggina e arrostirla all’aperto. Poi si è via via affinato ed evoluto: è diventato una pratica asta di ferro a punta, supportata prima da forcelle e poi da congegni che eliminano la fatica di rigirarla. Lo stesso Leonardo da Vinci ci ha lasciato, nel suo famoso Codice Atlantico, il progetto d’un girarrosto automatico che sfruttasse l’energia dell’aria calda prodotta dal fuoco. Oggi la tecnica dello spiedo è diffusa in tutta Italia, ma due province ci hanno colpiti, per come difendono (coi denti!) la propria tradizione: la provincia di Brescia, sceglierebbe senz’altro come arma del duello lo spiedo e ne conosce ogni mistero. Il suo segreto? È detto “mombolo” e fa la gioia di ogni carnivoro che, capitando sulle colline bresciane in un giorno di nebbia, si rifugi davanti ad un camino scoppiettante. Nell’Alta Marca trevigiana, invece, Sua maestà lo spiedo fa parte ufficialmente dei prodotti agroalimentari tradizionali, inserito nell’apposito elenco del Ministero. Per capire quanto ci tengano da queste parti è sufficiente sapere che è nata addirittura l’Accademia dello Spiedo d’Altamarca, il cui presidente è lo storico e gastronomo Danilo Gasparini di Slow Food. “L’unità d’Italia – ha affermato – è iniziata dalla cucina. Da quando quella mediterranea e quella “barbarica” si sono fuse. Un momento straordinario in cui due mondi si sono incontrati. L’olio ha incontrato il burro e si sono messi assieme. Poi il medioevo, con l’esplosione delle città e poi i nuovi prodotti dalle Americhe”. Ma questo è un altro viaggio. Il nostro parte proprio dalle colline venete, in quella striscia di terra fertile e ricca che dal mare di Venezia si trasforma in prosecco.
LO SPIEDO TREVIGIANO: NELLA TERRA DELLE FATE LA STORIA E’ GUSTO
Le colline dell’Alta Marca Trevigiana uniscono i luoghi dell’arte a quelli del buon vivere. A poco più di un’ora da Venezia, inerpicandosi tra i Colli di Conegliano e Valdobbiadene, il profumo del vino accompagna il visitatore tra cantine, borghetti medioevali e pittoreschi paesini di pietra. Distese sconfinate di vitigni ricoprono terrazzamenti e colline, disegnando un paesaggio mozzafiato. Terra di tradizioni antiche e leggende misteriose. Nei secoli abitata da animali fantastici come i basilischi, draghi, e da serpi e rospi con diamanti dentro la testa. Vi si aggiravano il diavolo (avvolto in un mantello rosso) e le Fade Bone, che scaldavano e nutrivano col miele le ragazze che il Massariol, un folletto burlone, faceva smarrire se mettevano incautamente il piede nelle sue invisibili orme. Remigio Villanova, presidente e fondatore della Associazione Maestri dello Spiedo, ricorda tradizioni molto meno fantasiose ma altrettanto affascinanti: «nelle vendemmie autunnali i nostri contadini lasciavano volentieri qualche piccolo grappolo d’uva sulle viti, anche per trattenere più a lungo gli uccelli di passo. C’era allora la tradizione di catturarli e infilzarli nello spiedo per rallegrare le tavole famigliari e le feste paesane. Fra un uccellino e l’altro venivano messe anche delle patate che cucinando insieme alle carni ne carpivano profumo e sapore svolgendo egregiamente il compito di soddisfare la fame». Nella tradizione contadina infatti, la carne era rara e sinonimo di festa. Anche lo spiedo era povero, composto da uccelletti catturati con la rete o le trappole. Solo a partire dal secondo dopoguerra si sono potuti imbastire lussuosi spiedi, ricchi e golosi, con carne di maiale e di pollo in abbondanza. Vediamo come si preparano.
LO SPIEDO TREVIGIANO: PREPARAZIONE
Se non è cotto per ore non chiamatelo spiedo veneto! Oltre alla qualità e alla provenienza delle carni, è il rituale della preparazione a rendere questo piatto tanto speciale. Per prima cosa c’è la preparazione della brace: 7-8 ore prima si accende il fuoco, utilizzando legna secca e non resinosa, come quella di carpino e faggio. Secondo Alessio Antoniazzi, per tutti Ezio, uno dei maestri dell’associazione Maestri dello Spiedo, spiega che «con il fuoco non c’è da scherzare, soprattutto se si pensa che deve star su per almeno 4-5 ore. La prima ora a fuoco moderato mentre nelle successive si andrà a rinforzare soprattutto nelle estremità che tendono a essere più fredde. Io mi regolo così: con la mano passo davanti agli schidioni verso il “cavedon” e sento se il calore è sufficiente, non deve bruciare ma cuocere». Il maestro Egidio Ciotta detto Cicci, spiega invece che si possono usare: «il carré di maiale tagliato a quadrettoni di circa 5×5 cm e spessi 2,5 (possono comprendere anche le costicine), il lardo, gli uccellini spennati e lasciati con le loro interiora, il pollo, il coniglio, le quaglie. Ma è preferibile associare al maiale un solo tipo di carne. Quando si vuole associarne due tipi devono essere posizionati in modo ben separato (ad es. il pollo nella parte destra dello schidione ed il coniglio nella parte sinistra). La pianta aromatica per eccellenza è la salvia a foglia piccola, perché più ricca di profumi. Lo spiedo viene preparato la sera prima: si infilza un pezzo di maiale, una lardella, una foglia di salvia, un uccellino, una foglia di salvia una lardella, un pezzo di maiale e così di seguito fino a riempire lo schidione. La salatura è effettuata con sale fino e con pepe nero. Si copre il tutto con un canovaccio, e si lascia riposare fino al mattino in un luogo fresco».
LO SPIEDO TREVIGIANO: TRUCCHI E SEGRETI
Ezio continua: «Quando dopo la prima ora di esposizione alla fiamma, volta a far penetrare il più dolcemente possibile il calore nella carne, lo spiedo comincia a gocciolare io uso “lavarlo” con quello che chiamo “beveron”. Si tratta di far bollire in un recipiente una giusta quantità di vino prosecco con aglio, salvia, rosmarino, timo e sale grosso e di versare questa pozione sulle spiedine così da togliere il sangue residuo. Da quel momento lascio andare lo spiedo che goccioli e cuocia in santa pace senza mai perdere di vista il fuoco, procedendo di tanto in tanto a ungerlo con olio d’oliva e provvedendo alla sua salatura a metà cottura con la distribuzione sulle spiedine di sale fino e pepe nero. Fatto ciò si può anche cominciare a raccogliere il sugo nella “golosa” che andrà bene poi per tenere morbida la carne una volta tolto lo spiedo dal fuoco. Giudico lo spiedo pronto quando non goccia più ed ha assunto il caratteristico colore ambrato indice della lentezza e dell’uniformità della cottura».
LO SPIEDO BRESCIANO: RICETTE TANTE MA GUSTO UNICO
“Gira su’ ceppi accesi lo spiedo scoppiettando, sta il cacciator fischiando sull’uscio a rimirar”. Chi non conosce la poesia “San Martino” di Giosuè Carducci? Se non fosse per il mare che “urla e biancheggia”, si potrebbe pensare che il poeta si riferisse alle valli bresciane, che restano il tempio dello spiedo. Quello bresciano ha una sola cosa da invidiare al cugino veneto: la denominazione del Ministero. Lo spiedo bresciano è infatti diffuso anche nelle province di Bergamo, Verona, Mantova e Cremona. Nel marzo 2011 è stata però riconosciuta la tipicità della ricetta a Denominazione Comunale dello spiedo bresciano, legata ai paesi di Serle (nella bassa Valle Sabbia) e Gussago (in Franciacorta) che è così stata riconosciuta in modo ufficiale. L’enogastronomia bresciana, del resto, fa ancora la sua bella figura: su 56 stelle Michelin 2016 sono 11 quelle della provincia lombarda, insomma una su cinque. Ma per mangiare lo spiedo non è necessario ricorrere alle sapienti mani di chef stellati: bastano le gustose ricette diverse, ognuna con le proprie peculiarità, nate dalle preferenze delle famiglie che l’hanno adottata per prime.
SPIEDO BRESCIANO: PREPARAZIONE
Le tipologie di carni più utilizzate sono lonza o coppa suina arrotolata per i “mombói”, costolette di maiale. Cosce, petto o ali di pollo (o anche di anatra). Coniglio (tranne la testa e le interiora). Uccelli da cacciagione. Le carni vanno arricchite con burro e sale fino. La spiedatura è un vero e proprio rito che solitamente si fa la sera prima. Si inizia sempre infilzando una patata, in modo che la carne non tocchi il metallo. Ogni spiedo deve essere riempito con le prese di carni diverse disposte nello stesso ordine, avendo cura di posizionare i pezzi di carne più compatta di fianco a pezzi di carne grassa. Vicino agli uccelli ad esempio, si mette sempre carne grassa come la coppa perché si mantengano morbidi. Tra ogni presa si mettono foglie di salvia. Ricordarsi di non pressare mai le prese perché la cottura sia uniforme: durante la cottura infatti le prese caleranno di volume e lo spazio che si viene a creare servirà a cuocere uniformemente anche le parti interne. La cottura tradizione dello spiedo bresciano è alla fiamma, cioè davanti al camino con la leccarda per raccogliere il grasso che cola durante la cottura. Si inizia accendendo il fuoco e si creano le braci che, dopo circa mezzora, sono pronte per essere posizionate nel girarrosto, a circa 15-20 cm dalla carne. Dopo una prima fase di cottura “a secco” di circa mezzora la carne viene unta facendovi fondere sopra del burro ad intervalli regolari di 20-40 minuti fino al termine della cottura, che può durare anche 6 ore. A metà cottura aggiungere abbondante sale fino. Se cuocete a legna è preferibile usare legno di ulivo, rovere e vite (solamente se non trattata con verderame).
SPIEDO BRESCIANO: TRUCCHI E SEGRETI
Fondamentale è il taglio delle porzioni che dovranno essere simili, sui 70-80 grammi l’una.Un quarto d’ora prima del termine della cottura, rifornire di braci particolarmente ardenti in modo da abbrustolire leggermente la superficie, per farla diventare bruna e croccante. Lo spiedo bresciano è ben cotto quando il burro fa la caratteristica “schiumetta”. Si sfilano allora a mano i pezzi versandoli in grosse pirofile di ceramica o, meglio, di acciaio. Così quelli posizionati sotto al mucchio non si raffreddano. Non si può parlare di spiedo bresciano se non ci sono i “momboli”: fette di coppa arrotolate assieme ad una foglia di salvia e ricoperte con una fetta di pancetta o lardo. I momboli vanno alternati nello spiedo mettendoli accanto agli uccelletti o alle carni più magre come pollo e coniglio.
SPIEDO BRESCIANO O TREVIGIANO? LA SFIDA E’ APERTA
Quindi? Chi vince la sfida a colpi di spiedo? Treviso e l’Alta Marca, con le sue carni ricche di tradizioni e profumate di vino? Blasonate da Maestri e Accademie che ne regolano in ogni succulento dettaglio la meravigliosa riuscita? O avrà la meglio il ricco spiedo bresciano, con le sue varianti familiari e locali che lo rendono ancora più simpatico e originale? Con la sua croccantezza burrosa, il profumo di erbe e i tenerissimi “momboli”? L’unica soluzione è lasciare a voi la scelta. Ovviamente dopo averli assaggiati entrambi ed annaffiati con gli spettacolari vini locali. Del resto le differenze ci sono, ma a raccontarle solamente non rendono giustizia. E le similitudini sono altrettante, da gustare e riconoscere. Incrociate gli spiedi: la sfida è aperta!
Di Enrico Cicchetti 01/07/2015
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