“T’AMO PIO BOVE”, DICEVA IL POETA, CHE SICURAMENTE PENSAVA ALLA FASSONA PIEMONTESE: MASTODONTICA, DELIZIOSA, RICHIESTISSIMA. UN CAPOLAVORO ZOOTECNICO E GASTRONOMICO.
A Hong Kong ci sono ristoranti che nei menù scrivono Fassona e i clienti se ne fregano del Kobe giapponese e spintonano come sull’autoscontro per assaggiarla. A Soho, New York, uno dei quartieri più à la page e artistoidi di Manhattan, il ristorante San Carlo ne ha fatto vanto e bandiera: su Open table – gettonato sito web per prenotare una cena fuori – i frequentatori le danno cinque stelline su cinque. Stessa storia se ci si sposta sulle nebbie del Tamigi, dove il ristorante Macellaio Roberto Costa la propone fissa in menù. E, tornando a casa, nell’area trendy del Quadrilatero di Torino, è nato un locale che si chiama la Fassoneria. Tagliata al coltello e hamburger eccellenti hanno in breve conquistato legioni di buongustai. Il merito è tutto suo e la corona se la aggiudica senza sforzo: la Fassona è tra le carni italiane una delle più richieste e una delle eccellenze gastronomiche del nostro Paese.
FASSONA PIEMONTESE: CIAO, COME TI CHIAMI?
Partiamo dalla questione del nome: Fassone o Fassona? La risposta non ha finora raggiunto una versione condivisa. Ciò che è sicuro è che deriva dal termine francese “façon” che significa “maniera”, “modo”: è la denominazione usata dagli addetti per i bovini caratterizzati da masse muscolari ipertrofiche, di particolare pregio per l’alta resa al macello, tipiche della razza Piemontese. Ottenere un animale “a quel modo” permette di garantirsi una carne prelibata.
Attenzione perché il termine può essere usato per un qualsiasi bovino che abbia questa caratteristica, quindi anche di razza differente dalla Piemontese. Quest’ultima è stata riconosciuta come una delle razze da carne più proficue proprio per la caratteristica “doppia coscia” o “groppa di cavallo”, che si verifica soprattutto nel maschio. Peccato che la moda del momento pretenda animali femmine, e per assecondare questa preferenza ora si usa il termine Fassona anche per loro: ma solo il 10-15 per cento di vacche rispecchia i canoni della Fassona, mentre la percentuale sale al 90 nei maschi.
FASSONA PIEMONTESE: UN MERAVIGLIOSO ERRORE EVOLUTIVO
La groppa pronunciata è una caratteristica che si manifestò a metà dell’800 nelle Langhe, per una di quelle sorprese che la natura riserva periodicamente nella sua straordinaria evoluzione. La vacca Piemontese era profondamente legata alla vita e alle tradizioni contadine: si tratta di una razza a triplice attitudine, in grado di fornire carne, latte e forza lavoro. Il primo esemplare di Fassone nacque per una mutazione genetica naturale in provincia di Cuneo, nel 1886. Ma per trovarne le radici bisogna viaggiare nel tempo: la sua origine risale addirittura al Pleistocene. All’epoca il territorio tra le Alpi e il mare ospitava una razza bovina di nome Aurochs. Costretto a fermare la sua migrazione, a causa delle paludi che sarebbero poi diventate la Pianura Padana, questa razza mantenne così intatto il suo patrimonio genetico.
Più di 20mila anni fa, lo stesso territorio vide l’integrazione di mandrie di zebù provenienti dal Pakistan occidentale che, bloccate nel viaggio verso Occidente dalle Alpi, si stabilirono in Piemonte e si mischiarono alla razza locale. Tra tartufo bianco, Barolo e Barbaresco, le Langhe e le colline della provincia Granda, come viene chiamata la zona di Cuneo dai locali, offrono ai buongustai più di un motivo per un viaggio. Alla lista, è d’obbligo aggiungere la carne di Fassone Piemontese.
FASSONA PIEMONTESE: LA CARNE E LA CUCINA
La carne di questa razza di bovino è tenera e magra, contiene pochissimo colesterolo ed è estremamente rinomata. La tradizione vuole che sia dedicata a piatti della cucina langarola, come la carne cruda all’albese, marinata in succo di limone e olio d’oliva e arricchita con scaglie di grana o tartufo, il vitello tonnato, il bollito misto o il brasato al Barolo (o nella variante al Barbera), ma anche cruda come antipasto (battuto di Fassona). Scamone, girello, fesa e sottofesa sono i tagli ideali per la cottura lenta come gli arrosti o lo spezzatino, ma la carne di Fassone dà il meglio nelle preparazioni di grigliate e di barbecue se si impiegano le costate, i filetti e il controfiletto. Deliziosi anche gli hamburger, che ormai spopolano in tutt’Italia.
FASSONA PIEMONTESE: TANTE SIGLE, NESSUNA ISTITUZIONE ANCORA
L’Anaborapi è l’Associazione nazionale allevatori bovini di razza Piemontese e si occupa della selezione e del miglioramento genetico della specie. L’Italia è una delle nazioni con il disciplinare più restrittivo al mondo per quanto riguarda l’estrogenazione delle carni e la somministrazione farmaceutica. Vi sono più di 128mila sostanze vietate contro ad esempio le 6 vietate negli gli Stati Uniti. Attualmente è stata avanzata la richiesta per l’ottenimento del sigillo Igp alla Fassone Piemontese, che è allevata secondo i metodi tradizionali, a fieno e cereali ed è diventata di recente un presidio Slow Food, cui aderiscono un gruppo di allevatori organizzati nell’associazione La Granda, nata nel 1996.
FASSONA PIEMONTESE: L’ESPERIENZA DELLA “GRANDA”
Gli allevamenti della Granda sono tutti a conduzione familiare e in tutti è presente la linea vacca-vitello, ossia ogni capo dì bestiame nasce e viene allevato in azienda. Dall’associazione spiegano che la loro nuova idea di produzione è “attenta alla materia prima, alla salubrità ma anche al gusto stesso della carne, un attento disciplinare, una diversa sensibilità verso le problematiche legate al benessere animale e, soprattutto, la voglia di compiere un grande salto di qualità all’interno del mondo zootecnico-alimentare bisognoso di diversificazioni”.
FASSONA PIEMONTESE: T’AMO PIO BOVE
“Lontani dal patetico tentativo di intralciare il cammino e di competere con la grande distribuzione”, spiegano gli allevatori de La Granda “abbiamo voluto rivolgerci ad una fetta di mercato più attenta, quella che aveva l’esigenza di conoscere l’identità non solo di razza ma anche di modello produttivo della carne, prodotto indistinto da sempre. In parole povere, conoscere la provenienza ma, soprattutto, il tipo di alimentazione dell’animale. Il successo dell’ultimo anno ha premiato le scelte dell’associazione, segno tangibile che ‘l’altro’ consumatore esiste e che in generale anche per la carne si è disposti, come già per il vino e i formaggi, a documentarsi un po’ di più”.
Per la prima volta sono gli allevatori stessi a mettere dei paletti: “la carne c’è, il prezzo è il risultato di un accordo con i macellai e i consumatori: entrambi disposti a spendere un po’ di più per avere un prodotto di alta qualità”. Forse a scuola faceva sorridere la poesia di Giosuè Carducci: “T’amo pio bove; e mite un sentimento di vigore e di pace al cor m’infondi“. Forse il poeta stava pensando a lei, quando scriveva “O che solenne come un monumento tu guardi i campi liberi e fecondi“. Forse pensava alla Piemontese, questa razza generosa e mastodontica. Sicuro è che ti amiamo, pia (e deliziosa) Fassona.
Di Silvia Strada 20/10/2016