SIAMO ANDATI A VISITARE UNO DEI MONUMENTI DEL TORINESE, TERRA DI TRADIZIONE NOBILIARE E CULTURA GASTRONOMICA DI LIVELLO. QUI, DA 30 ANNI, IL PUNTO DI RIFERIMENTO È MARIO TITOLARE DE LA VIGNASSA
Roma-Torino non è mai una trasferta semplice: il viaggio è lungo, una volta lì la gente sembra non capire la mia lingua ma poi tornare a casa mette una certa amarezza. Questa volta, però, il mio obiettivo non è all’ombra della Mole ma un pò fuori Torino, località Pino Torinese.
Per arrivarci ci vogliono 10 minuti di macchina costeggiando il Parco di Superga. Si passano un paio di curve prima dell’inizio della grande depressione padana e ai lati della strada sorgono villette e palazzine basse.
LA VIGNASSA COMPIE 30 ANNI
Infine arrivo di fronte al grande cancello della Vignassa, parcheggio e mi incammino per il viale alberato che conduce all’antico casale. Pare che questo posto abbia qualcosa come 300 anni di vita, costruito al tempo in cui qua si giurava fedeltà al Re di Sardegna. Ad aspettarmi all’ingresso c’è già il direttore e fondatore della Vignassa: Mario Sasso, per tutti, semplicemente il signor Mario. Fiero sguardo da piemontese, mani grandi da lavoratore e 70 anni che per lui “non pesano affatto“.
Già da fuori la vista è stupenda: lo sguardo mio e quello di Mario si perdono sulle colline torinesi e, in lontananza, sulle prime cime innevate delle Alpi. Ci perdiamo in qualche chiacchiera romantica finché non mi rendo conto che sono più di tre ore che non bevo caffè. Entriamo nel locale e ci dirigiamo verso il bancone del bar.
Il signor Mario mi conduce per i saloni del suo ristorante da 300 coperti: “quest’anno festeggiamo i 30 anni di attività, faremo un bel compleanno”.
PER UNA GRIGLIA GRANDE CI VUOLE DELLA GRANDE CARNE
L’enorme griglia del suo ristorante viene accesa tutti i giorni da oltre 30 anni e su di essa viene cotta carne di manzi più piemontesi di Cavour. Mario lascia la tazzina vuota sul bancone e mi accompagna a vedere la sua postazione: “Qui noi siamo dei fanatici delle materie prime. Dove fanatico non vuol dire che mi vado a far prendere in giro dai finti biologici che ci sono in giro.”
Il luogo è il Piemonte, il ristoratore è di quelli seri e le materie prime sono di alta qualità: qua già sento profumo di Fassona. Il signor Mario, fin qui, non ha mai deluso. “Mi affido ad un allevamento della zona e che conosco. Macelliamo solo capi allevati sotto il nostro controllo e certificati dal rigidissimo consorzio di tutela della Fassona piemontese.” Una garanzia di qualità, oltre che di attenzione al cliente. Non a caso il logo del consorzio è sparso un pò ovunque per le sale.
MICA SOLO CARNE NEL MENÙ DELLA VIGNASSA
Oltre alla carne, il menù della Vignassa prevede tutto ciò che di buono ha da offrire la tradizione piemontese. A partire dai primi: “i tajarin piemontesi fatti a mano con il ragù della nostra carne sono un piatto che va fortissimo; poi ci sono gli agnolotti del plin – pizzicotto in dialetto piemontese – tipici della tradizione di langa conditi con il sugo dell’arrosto.” In un menù così tipicamente sabaudo non potevano mancare i risotti.
“Il riso è categoricamente Carnaroli che selezioniamo accuratamente. Dal risotto al barolo o al classico Erbaluce di Caluso, a quello con porri e salsiccia. Anche affettati e insaccati sono tutti di nostra produzione e da maiali selezionati.”
E quindi via, ad assaggiare qualche prosciutto e salame. Anche in questo caso, la tradizione piemontese viene fuori: il signor Mario sorride quando mi offre il salame cotto. “Un’altra eccellenza della tradizione piemontese: la gente che lo assaggia per la prima volta ne rimane sbalordita.”
Mentre in bocca mi si scioglie una fetta di salame cotto, mi rendo conto che questo locale ha pressappoco la mia età. In trent’anni cambiano un bel po’ di cose, mi chiedo io, si può rimanere uguali a se stessi per tutto questo tempo?
“Molti clienti lamentano il fatto che la Vignassa non sia più il ristorante che era 30 anni fa. Poi ci sono i clienti che al telefono mi chiedono i costi della carta e se c’è il menù fisso. Noi non siamo più quelli di trent’anni fa perché anche la clientela non è più quella.”
Per mantenere viva e vivace la sua creatura, quindi, il signor Mario si è dovuto adattare ai tempi, inventandosi menù fissi, serate di degustazione e soluzioni diverse per accontentare tutti. “Dico sempre che noi siamo fatti a fisarmonica: ci comportiamo in base al budget del cliente e su quello costruiamo un menù apposta, senza mai abbassare la qualità.”
30 ANNI E NON DIMOSTRARLI
Da quando si sono accese per la prima volta le braci della Vignassa, il casolare del ‘700 ha visto almeno un’altra rivoluzione: internet. Grazie a questo, siamo sempre più consapevoli, informati e smaliziati. Ciò che prima girava solo attraverso il passa parola, ora viene urlato nei commenti e nelle recensioni. Così sono cambiate anche le dinamiche tra cliente e ristoratore.
“Da quando esiste TripAdvisor, o portali come questo, noi lavoriamo sereni e allarmati allo stesso tempo. Queste applicazioni hanno portato tanto bene alla ristorazione ma hanno fatto anche del male. Spesso c’è gente che scrive qualsiasi cosa, anche esulando dal cibo“. Un problema comune e che non è certo limitato al food. “Alla fine però, per ogni recensione negativa, a stretto giro, ne arrivano sempre due positive.”
Il signor Mario ha le spalle grosse e l’esperienza necessaria a gestire i commenti degli odiatori da tastiera. Lo stesso, magari, non si può dire per tanti suoi neo-colleghi. “Ogni volta che un giovane apre un’attività è una buona notizia per tutto il settore. Ciò che posso consigliare a un giovane è di mettersi accanto un vecchio: una persona pacata e che abbia una scuola di vita che ai giovani manca troppo.
Dopo di che, tanta dedizione, fatica e passione: non ci sarà soddisfazione più grande del cliente che, prima di andarsene, viene per ringraziarti e stringerti la mano.”
S’è fatto tardi nel frattempo e io dovrei tornare a Roma. Il sur Mario, come lo chiamano dalle sue parti mi offre ospitalità in una delle stanze che ha sopra il ristorante: mi sa che la trasferta si allungherà più del previsto.
Di Giulio Gezzi 28 Settembre 2018